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‘Ciao, come stai?’. Se giocare a carte su Skype è meglio di un barbecue

Scorrere la rubrica per parlare con amici dimenticati, giocare a scacchi o fare aperitivi in video-chiamata, dialogare a distanza con parenti ospitati in case di riposo. Ecco le relazioni sociali ai tempi del coronavirus

Videochiamata

«Ciao, come stai?». Fino a qualche giorno fa questa era solo una domanda di circostanza. Qualunque fosse la risposta, l’interlocutore – noncurante – avrebbe proseguito la conversazione dicendo esattamente quello che aveva intenzione di dire per restituire alla telefonata il suo pragmatico significato.

Ma nei giorni del coronavirus si ribaltano le convenzioni. Il tempo – sempre troppo poco, per qualsiasi cosa – sembra essersi dilatato. E con lui anche le preoccupazioni, le ansie e la ricerca spasmodica – a tratti autolesionista – delle ultime notizie di cronaca. In pochi giorni, insieme al covid-19, si sono moltiplicati gli esperti virologi autodidatti. Tutti sanno tutto. E l’attenzione che fino a poco tempo fa era riservata alle previsioni meteorologiche, oggi la dedichiamo interamente all’attento ascolto del bollettino quotidiano della protezione civile. Del resto, che piova o ci sia il sole, non potremmo comunque organizzare una gita fuori porta.

Ci sono bastati pochi giorni d’isolamento per manifestare le prime insofferenze. Al di là delle legittime ragioni che ci costringono a casa e ben oltre le preoccupazioni che dovrebbero farci agire con sempre maggiore responsabilità, quel che più di tutto viene a mancare è la socialità. Sentiamo il bisogno di comunicare. E allora si scorrono le rubriche telefoniche e s’inviano messaggi ad amici e parenti che siamo soliti sentire solo per le feste comandate. «Ciao, come stai?». Il messaggio è come un’esca. L’aspettativa, stavolta, non è quella di ricevere una risposta scritta, ma una chiamata. Seguono prevedibili conversazioni-fiume.

Non stupisce, quindi, che questo rinnovato bisogno di relazioni abbia riportato alla luce strumenti digitali dimenticati. Come Skype, ad esempio. Un’applicazione presente sui nostri computer, ma di cui non ricordavamo più la password. «Quand’è l’ultima volta che l’ho utilizzata? Ma dove l’ho messa…». Recuperati i codici di accesso, ecco che la app ha fatto capolino anche su smartphone e tablet. E così quelle conversazioni a due si sono trasformate in video-chiacchierate estese anche a tre, quattro, cinque, dieci persone.

Gli amici si danno appuntamento su Skype per giocare a carte o a scacchi. Si fanno aperitivi a distanza, ognuno a casa propria. E si ride e si scherza e ci si consola. Ovviamente nel rispetto delle regole. Perché i controlli e le denunce, anche in Toscana, si sono moltiplicati. C’è chi è stato denunciato per aver festeggiato un compleanno in casa (come a Lucca) e chi invece ha pensato che organizzare un barbecue con gli amici non fosse poi così grave (a Firenze). Come se gli appelli ripetuti ovunque – “restate a casa, restate a casa, restate a casa” – fossero solo inutili proclami. Poi, certo, c’è chi usa Skype o applicazioni simili anche per lavorare a distanza. Ma ciò che più conta è la costruzione di ponti virtuali con i propri affetti. E allora, visto che le case di riposo sono inaccessibili per tutelare gli anziani ospiti, ecco che strutture come la casa Rsa di Marlia, a Capannori, ha attivato un profilo Skype per consentire ai parenti di effettuare video-chiamate durante il pomeriggio.

Ecco un nuovo messaggio. «Ciao, come stai?».

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