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A Palazzo Blu a Pisa un rarissimo ritratto di Artemisia Gentileschi

Il dipinto di Simon Vouet sarà esposto fino all’8 marzo 2020 poi volerà in prestito alla National Gallery di Londra per la prima grande retrospettiva sulla pittrice italiana

A Palazzo Blu a Pisa un rarissimo ritratto di Artemisia Gentileschi

Un ricco abito color zafferano, orecchino di perla a goccia, nella mano destra il toccalapis e nella sinistra pennelli e tavolozza, lo sguardo sicuro che sostiene chi la osserva: è il medaglione sul petto a svelare la donna raffigurata nell‘eccezionale dipinto di Simon Vouet, ovvero Artemisia Gentileschi ritratta dal pittore francese, suo contemporaneo, amico ed estimatore, intorno al 1623. L’opera è stata acquistata dalla Fondazione Pisa per Palazzo Blu.

Il quadro sarà visibile al pubblico insieme alla Clio di Artemisia Gentileschi, già presente nella collezione permanente del museo pisano, fino all’8 marzo 2020. Poi il ritratto di Artemisia andrà in prestito insieme alla Clio alla National Gallery di Londra per la grande mostra a cura di Letizia Treves ‘Artemisia’ che si svolgerà dal 4 aprile al 26 luglio.

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Il dipinto apparteneva alla collezione di Cassiano dal Pozzo, notissimo collezionista famoso anche per aver inventato il termine Gioconda attribuito al più celebre dipinto di Leonardo da Vinci. Un’opera legata a Pisa per due motivi principali: la famiglia di Artemisia Gentileschi è originaria della città toscana, ma non solo: è infatti acclarato che Artemisia, a Pisa, ereditò e forse acquistò diverse proprietà delle quali si occupò anche dopo la scomparsa del marito, il pittore Pierantonio Stiattesi, durante il suo soggiorno napoletano, ed è ipotizzabile che la pittrice si sia recata qualche volta da Napoli a Pisa. In secondo luogo il committente, che era nipote del cardinale Carlo Antonio dal Pozzo, fu arcivescovo di Pisa dal 1582 al 1607, uno dei più importanti della storia della città. Il ritratto fu eseguito a Roma attorno al 1623, quando la pittrice aveva circa trent’anni d’età, ed è l’unico ritratto di Artemisia realizzato da Vouet che si conosca.

Scoperto agli inizi degli anni 2000 da Roberto Contini e da Francesco Solinas, il Ritratto di Artemisia Gentileschi è un’“immagine parlante”, dato il suo realismo sontuoso e dati anche gli innegabili riferimenti che consentono di identificare la ritrattata come Artemisia Gentileschi. Tra questi, il particolare del pennello tenuto nella mano destra e il medaglione con un edificio a pianta circolare e la scritta in greco Mausoleion: si tratta infatti del Mausoleo di Alicarnasso, una delle sette meraviglie del mondo antico, edificato dalla principessa Artemisia per Mausolo, suo fratello e marito, un particolare colto e raffinato che dunque permette di risalire inequivocabilmente alla pittrice. L’elegante composizione, tipica di Simon Vouet al ritorno dal viaggio a Genova e nel nord Italia, compiuto tra il 1620 e il 1622, conferma secondo Solinas la paternità, affine ad altre mezze figure femminili dipinte dall’artista francese in quegli anni.

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