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Due sculture di Libero Andreotti nella collezione di Palazzo Pitti

Entrano nella Galleria d’Arte Moderna del museo fiorentino due bronzi: La venditrice di limoni e il Ritratto di Paola Ojetti

La venditrice di limoni

Due sculture in bronzo di Libero Andreotti si aggiungono alle altre sue importanti opere (sia pittoriche che plastiche) nelle collezioni della Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti. 

Negli ambienti un tempo residenza dei Lorena, al secondo piano, è possibile ammirare La venditrice di limoni e il Ritratto di Paola Ojetti. Acquistate dalle Gallerie degli Uffizi, le due opere provengono dalla collezione del famoso critico Ugo Ojetti, che apprezzò particolarmente lo scultore e ne fu mecenate. Di Andreotti la Galleria possiede anche altre testimonianze come l’importante documentazione di archivio relativa alla sua mansione istituzionale di Commissario per gli acquisti e le donazioni, destinati ad accrescere le raccolte del Museo. I due bronzi sono stati acquistati perché esempi mirabili della bronzistica italiana del primo Novecento; inoltre, essi ben rappresentano il ruolo fondamentale di Ugo Ojetti nella definizione del patrimonio artistico conservato alla Gam. Il critico infatti lavorò attivamente e con lungimiranza alla nascita della Galleria: oltre a svolgere incarichi istituzionali per la Soprintendenza Fiorentina, collaborò nel 1934 alla stesura della prima guida del museo. Per l’occasione nella sala 30 è esposta anche la Natura morta con sei limoni del pittore piemontese Felice Casorati che ricorda la bella collezione del ‘900 della Galleria d’Arte Moderna.

sfoglia la gallery

“Le due opere – spiega il direttore delle Gallerie degli Uffizi, Eike Schmidt – hanno una storia documentale di grande interesse sia storico che critico e avevano partecipato alle migliori rassegne espositive dell’epoca: la Venditrice di Limoni del 1917 era stata esposta alla Galleria Pesaro di Milano nel 1921, a Venezia nel 1934, e alla Secessione di Vienna del 1935. Il ritratto della figlia del critico, Paola, esposto nel 1934 a Venezia e a Vienna e poi a Budapest nel 1935 e 1936. Si tratta quindi di opere che rappresentano due diversi momenti creativi nel percorso artistico dello scultore. L’importanza del loro ingresso nella Galleria d’Arte Moderna viene accresciuta dal fatto che esse provengono dalla collezione di Ugo Ojetti, che aveva fornito in prima persona l’indirizzo critico alle raccolte del Museo”.

Libero Andreotti nacque a Pescia il 15 giugno 1875. Di umili origini, dagli otto ai diciassette anni lavorò nell’officina di un fabbro, frequentando un corso per il conseguimento del diploma di maestro elementare. Dopo una breve permanenza a Palermo si stabilì nel 1899 a Firenze, dove trovò modesta occupazione in una tipografia e iniziò (nel 1902) a modellare in creta nello studio di Mario Galli, che gli aveva dato ospitalità. Scopre così, a quasi trent’anni, la scultura.

Espone per la prima volta a Venezia nel 1905. L’anno seguente, a Milano, la sua opera interessò vivamente l’intellettuale e mercante d’arte Vittore Grubicy de Dragon; dal 1909 al 1914 a Parigi partecipa con successo al Salon d’Automne e alla Galérie Bernheim Jeune. Tre anni più tardi, con lo scoppio della guerra, l’artista decise di tornare a Firenze dove strinse una grande amicizia con Ugo Ojetti: vedendo in lui il continuatore dell’antica tradizione scultorea italiana, il critico decise di introdurlo nei maggiori centri artistici del Nord Italia.  Molte delle opere eseguite tra il 1914 e il ’21 furono acquistate da Ojetti che nel 1920 gli dedicò un importante saggio su “Dedalo”.

Titolare di cattedra nel 1920, sposa nel ’23 la sorella del pittore Aldo Carpi, aderendo agli ideali religiosi di quest’ultimo. Nel 1924 eseguì il monumento ai caduti di Saronno, in maggio vinse il concorso per il Monumento alla Madre italiana per la chiesa di Santa Croce a Firenze. Nel 1929 dette vita a Firenze, con Carena e Alberto Magnelli, ai “mercoledì dell’antico Fattore”, dal nome della trattoria punto di ritrovo di artisti, letterati e musicisti. L’anno seguente istituì il premio letterario dell’Antico Fattore. Morì improvvisamente il 4 aprile 1934.

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