Cultura/

Restauri: rivivono i colori della Pala di San Marco di Beato Angelico

Dopo sei anni il capolavoro rinascimentale è tornato ad essere esposto nel Museo di San Marco di Firenze in tutto il suo rinnovato splendore grazie al lavoro dell’Opificio delle pietre dure

La Pala di San Marco del Beato Angelico

La Pala di San Marco di Fra’ Angelico, meglio conosciuto come il Beato Angelico, è tornata a casa. Dopo più di sei anni di restauri il capolavoro da ieri è di nuovo esposto nella sala dell’ospizio al piano terra del Museo di San Marco a Firenze, proprio nel giorno in cui si celebra il 150imo della fondazione dell’istituzione museale.
Era il 15 ottobre del 1869 infatti quando l’allora ministro della Pubblica Istruzione decretò che il convento, di cui anche Savonarola fu priore, “per le molte e preziose opere d’arte, massime del Beato Angelico (1395-1455), merita trattamento speciale per parte del Governo”.

Il restauro della splendida pala rinascimentale, raffigurante la Madonna con Bambino in trono tra otto angeli e otto santi, è stato realizzato da un’equipe dell’Opificio delle pietre dure di Firenze, guidata dalla dottoressa Caterina Toso.
“È stato il restauro più impegnativo degli ultimi tempi – spiega Ciatti – è stato salvato l’antico e raro sistema di traverse a sostegno della tavola, che può essere definito un documento storico di eccezionale lavoro; poi abbiamo dato nuova vita allo sfondo vegetale che rimanda al giardino del Paradiso, danneggiato, insieme ad altre porzioni della Pala, da una pulitura aggressiva realizzata con la soda caustica, forse nel XVIII secolo”.

Grazie alla ripulitura e ai ritocchi leggeri e delicati di colore, sono stati recuperati i volumi dei volti, il blu e il rosso cinabro delle vesti, le dorature, la trasparenza e la profondità dello sfondo, il preziosissimo tappeto anatolico, persino la punta del naso di San Damiano, fino al globo terracqueo in mano al Bambino. Una foto scattata nel 1955, che ritrae la Pala appena ripulita prima di essere restaurata, ha guidato Caterina Toso in questi anni di minuzioso lavoro. E di quel restauro di metà Novecento sono emerse tracce di ogni sorta: frammenti di carta, peli e persino un seme.

I più popolari su intoscana