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A Pistoia ha partorito la donna operata in gravidanza per una rara patologia

All’ospedale San Jacopo è nata la bimba della trentenne a cui era stata rimossa una voluminosa massa ovarica, che metteva in pericolo la vita di entrambe

Neonato - © Aditya Romansa - Unsplash

Una storia a lieto fine quella della signora G.G., 30enne operata in gravidanza al San Jacopo di Pistoia per una grave patologia, che nei giorni scorsi ha partorito la sua bambina sempre nell’ospedale pistoiese, come ha raccontato l’Azienda Usl Toscana Centro.
La donna è felice ora, accanto alla sua piccola, nel punto nascita del presidio ospedaliero di Pistoia. Le era stata diagnosticata nelle primissime settimane di gestazione, circa 11, una patologia molto rara in gravidanza, che si era manifestata raggiungendo dimensioni considerevoli (circa 10 centimetri).

A rischio anche la salute della mamma

A complicare il quadro, spiega ancora l’Azienda sanitaria, la formazione (una voluminosa massa ovarica) rischiava di rompersi e mettere a rischio non solo il proseguimento della gravidanza, ma anche la salute della mamma.

“Ed invece siamo qui a raccontare una storia a lieto fine – esordisce il professor Pasquale Florio, direttore dell’ostetricia e ginecologia di Pistoia e dell’Area aziendale di ginecologia – grazie ad un lavoro di équipe non solo nostro, ma anche degli anestesisti e di tutto il personale di sala operatoria. Perché sin dalla conferma della diagnosi, effettuata presso l’ambulatorio di ecografia ginecologica di II livello che opera al San Jacopo nel reparto di ostetricia, si è posto il problema sia di come operare, ma anche di quando intervenire, date le dimensioni della massa ovarica ed il fatto di essere nelle prime settimane di gravidanza, le più rischiose”.

L’intervento in laparoscopia

Per quel che riguarda il ‘come’, l’équipe non ha avuto dubbi nella scelta della laparoscopia.

“Anche se l’intervento laparoscopico in gravidanza ha difficoltà maggiori rispetto al normale, dovute al fatto che l’utero è aumentato di dimensioni e quindi abbiamo poco spazio per operare, perché per evitare di danneggiare l’utero non si può mobilizzarlo con gli strumenti laparoscopici, e perché l’intervento deve essere effettuato rapidamente per evitare di esporre il feto al rischio di assorbire l’anidride carbonica utilizzata per la procedura” sottolinea il professor Florio.

“Ma le difficoltà sono anche di tipo anestesiologico – aggiunge il dottor Filippo Bressan, direttore facente funzioni dell’anestesia e rianimazione del nosocomio pistoiese – perché in questo caso i pazienti sono due: l’anestesista deve occuparsi del benessere di entrambi, addormentare la madre e proteggere sia lei che il bambino durante l’intervento. Si tratta di eventi estremamente rari che richiedono di elaborare in modo assai meticoloso un preciso piano di azione e strategie per affrontare eventuali complicanze, soprattutto se, come in questo caso, l’operazione deve essere programmata in urgenza. Per questo è importante la azione coordinata di tutta la ‘squadra’. Ma se siamo qui a farci fotografare insieme alla mamma ed alla sua bellissima creatura, evidentemente la ‘squadra’ ha funzionato egregiamente”.

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