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A Pitti Filati ecco la maglieria dei richiedenti asilo

Tra i protagonisti della kermesse anche Manusa Knitlab, un laboratorio di maglieria molto ‘speciale’, dove sono impiegate persone disabili e migranti

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Il lavoro sostiene l’integrazione, stimola l’autostima e aiuta a sentirsi utili, oltre a consentire di essere indipendenti nella vita di tutti i giorni. Un aiuto concreto – in questo senso – viene dato da un laboratorio di maglieria speciale, presente nello Spazio Tendenze di Pitti Filati, in programma a Firenze fino al 25 gennaio. 

Si tratta di ‘Manusa Knitlab’: “Manusa” in sanscrito significa essere umano. Ed è proprio intorno all’uomo che ruota l’attività di questa cooperativa sociale di tipo B, attiva dal 2012 nel settore del riuso, della moda etica e del recupero di lavorazioni artigianali in via di estinzione, dal ricamo all’uncinetto, passando per il rammendo creativo.

Nel laboratorio di ‘Manusa’ lavorano infatti donne, disabili e anche migranti. Tutte persone che dopo un percorso formativo altamente qualificato, sono state impiegate nella produzione. 

Oggi i dipendenti della cooperativa creano infatti piccole collezioni con abiti vintage e con tessuti nuovi, ma recuperati dal surplus produttivo di altre aziende. Realizzano oggetti e lavorano contoterzi per varie aziende. Infine, hanno contribuito alla realizzazione di alcune installazioni, come quelle di Michelangelo Pistoletto e Sandra Tomboloni a Pistoia.

 Molti gli obiettivi che il progetto ha voluto perseguire. Intanto quello di stimolare la convivenza tra i giovani migranti e cittadini italiani. E poi quello di offrire loro una formazione professionale pratica e realmente spendibile sul mercato del lavoro.

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“Il progetto è partito da una constatazione: nel settore tessile stanno scomparendo quelle figure professionali tradizionali, altamente qualificate, come gli esperti di rifiniture nella maglieria, che fanno della manualità il loro punto di forza” – spiega Silvia Gentili, presidente di Manusa.

Per questo servivano macchine da maglieria manuali, ideali per piccole produzioni e per la prototipia. Manusa ha così ricercato in tutta Italia macchinari anni Sessanta, li ha smotorizzati e con quelli ha fatto partire il corso di formazione: 20 ore settimanali per un anno intero, diretto dalla designer Barbara Guarducci e da Annamaria D’Alessandro, ex docente di tecniche della maglieria al Polimoda di Firenze e al Politecnico di Milano.

“Abbiamo notato in questi giovani, quasi tutti under 30, una grande voglia di imparare. L’approccio creativo è stato sicuramente stimolante. E la multicultralità del gruppo ha contribuito a portare gioia e colore nelle nostre produzioni“-  racconta Barbara Guarducci.

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Adesso che il corso si è concluso, per alcuni partecipanti sono stati avviati progetti di tirocinio. Prossimo passo: attivare contatti con le aziende tessili del territorio e brand emergenti per l’inserimento lavorativo dei ragazzi.

 

 

 

 

 

 

 

 

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