Cultura /oltre i canoni dell'estetica

A Volterra c’è tutta la bellezza dell’art brut

Non ci sono solo gli Etruschi o l’alabastro. A Volterra c’è questo e molto di più. In un complesso sistema di cultura diffusa, l’arte fuori dagli schemi permette di compiere viaggi infiniti. Anche – e soprattutto – dentro di noi

Ci sono espressioni istintive, terapeutiche, per nulla filtrate da condizionamenti esterni. Chi segue le pulsioni assecondando solo il proprio sentire se ne frega delle regole del mercato, dei canoni estetici, delle tecniche pittoriche. Se ne frega perché forse neanche sa che esistono tutte queste cose. È anche per inquadrare questo movimento – anche se forse sarebbe meglio definirlo “fenomeno” – che negli anni quaranta del secolo scorso il pittore e scultore francese Jean Dubuffet ha coniato il termine “art brut”. Ai più quest’espressione riporterà alla mente visioni apparentemente contrarie alla bellezza. E invece no, non è così. Perché lì dentro, in quel termine che noi abbiamo italianizzato e tradotto in “arte grezza”, si culla e fiorisce la vera anima degli uomini e delle donne. In quell’arte immediata e naturale – totalmente prima di una raffinatezza ricercata a tutti i costi, ma ricca di una pura e viva potenza espressiva – vediamo quanto quel viaggio infinto che è l’esistenza possa prendere corpo e forma.

Jean Dubuffet. L’arte in gioco

L’infinito viaggiare

E così Volterra ha colto al volo l’opportunità che la sua storia le offre, organizzando e inaugurando a Palazzo dei Priori la mostra “Siamo un infinito viaggiare”, curata da Giorgio Bedoni in collaborazione con l’associazione “Inclusione, graffio e parola”. Fino al 30 novembre saranno esposte opere di Carlo Zinelli, Maurizio Zappon, Umberto Gervasi, Simone Pellegrini, Stefano Zangiacomi, Jadaiya, Maria Chiara Marino e Fernando Nannetti. Già, Nannetti. Se forse Dubuffet poteva stuzzicare l’immaginario, attingendo a qualche residuo di memoria, sugli altri nomi, se non si è storici dell’arte, probabilmente ci scopriremo a brancolare nel buio. Perché stavolta non parliamo di Picasso, Caravaggio, Chagall, Dalì o altre pop star del mondo artistico. L’art brut nasce nella marginalità sociale e umana. Passa dai manicomi, si fa spazio nel disagio psichico, si manifesta come cura e terapia di un malessre dell’anima che quasi mai riesce ad aggiustarsi.

Fernando Nannetti

Il libro di pietra

Eppure Fernando Nannetti in molti lo conosco, almeno a Volterra. Durante la sua permanenza all’ospedale psichiatrico, dove arriva poco dopo aver compiuto i trent’annni, con la fibbia del gilet indossato dagli internati ha graffitato (o graffiato) per nove lunghi anni il muro perimetrale del cortile, lungo ben 70 metri e alto più di un metro. Oggi quel muro è noto come il “libro di pietra”. Le incisioni sono state decifrate, e lo stesso vale per le scritte. Sembra di trovarsi di fronte a una moderna stele di rosetta. Quel muro è visitabile, proprio come i padiglioni di San Girolamo e Poggio alle Croci, l’archivio e il Museo Lombroso. Gli spazi sono della Asl, che li ha affidati al Comune di Volterra, che a sua volta ha definito una convenzione con l’associazione “Inclusione, graffio e parola” per le visite guidate e la gestione degli spazi espositivi. “Di fatto ci occupiamo della cura del luogo” ci confessa l’assessore alla cultura, Dario Danti.

Maurizio Zappon

Visite a quota 100.000

Perché sì, ora a Volterra s’inaugura una mostra di art brut. Ma questo è solo il pezzo di un mosaico assai più complesso. “La cultura è fondamentale, è il riflesso della nostra identità e il miglior mezzo per far rinascere e rigenerare luoghi, città e relazioni. Anche questo è un segno della ripartenza” aggiunge l’assessore, che poi ci elenca tutto quello che ha permesso alla città di raggiungere nei giorni scorsi il traguardo dei 100 mila visitatori estivi. Tanti, tantissimi. Soprattutto perché non stiamo parlando delle visite alla città, ma ai luoghi di cultura (appunto). Stiamo parlando di mostre, musei e palazzi. Come quello dei Priori, dove oltre all’art brut è in corso una mostra di Stefano Tonelli (“In Aenigmate”). Ma anche dell’esposizione curata dall’ex direttore degli Uffizi Antonio Natali che rende omaggio al Rosso Fiorentino nell’anno del 500esimo anniversario, della Pinacoteca, delle aree archeologiche etrusche, dell’Ecomuseo dell’alabastro. “Senza contare il restauro del Museo etrusco Guarnacci, che riapriremo a fine anno” assicura Danti. Un’operazione di restauro (già finanziata) da 1,6 milioni di euro. “Al momento una quarantina di opere sono in mostra ad Alicante, in Spagna…”. Stiamo parlando della mostra internazionale “Etruschi. L’alba di Roma”. Il merito è anche della formula del biglietto unico estivo a 7 euro per 7 giorni.

Maria Chiara Marino

Le persone al centro

“Associare Volterra solo agli Etruschi, alla land art di Mauro Staccioli, a Rosso Fiorentino o all’alabastro… be’, sarebbe un grande errore. Volterra è tutto questo insieme, ma anche molto di più” ci assicura Danti. Difficile dargli torto. Del resto questa è la città della cultura, almeno per la Toscana. Sì, perché Volterra si era candidata anche al ruolo di capitale italiana, ed è arrivata tra le prime dieci. Al centro di quel progetto c’era proprio il tema che ha ispirato la mostra sull’art brut. “Ovvero la rigenerazione umana”, ci spiega l’assessore. Dal teatro in carcere con Armando Punzo all’art brut nell’ex manicomio psichiatrico. Due spazi di marginalità che (ri)diventano luoghi. Di cultura, di arte, di memoria. “Quelli che nel Novecento erano luoghi di marginalità ed esclusione, o peggio reclusione, rappresentano la nostra storia” chiosa Danti. “Desideriamo rigenerare questa complessità, mettendo al centro la persone umana, la sua vitalità, le infinite possibilità e le opportunità che le sono offerte”. E allora che così sia, a cominciare da quell’infinito viaggiare che resterà in mostra a Palazzo dei Priori fino a tutto novembre.

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