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Chiara Saraceno al Meeting per i diritti umani: “Mancano politiche per la parità di genere”

Intervista alla sociologa che da anni studia i cambiamenti che avvengono all’interno della famiglia italiana

Chiara Saraceno

Al Meeting per i Diritti Umani organizzato dalla Regione Toscana venerdì 10 dicembre a Firenze si parlerà di discriminazione di genere. “Questo genere di disuguaglianze” è infatti in titolo della 25esima edizione che vedrà la partecipazione di tanti ospiti che interverranno in una sorta di talk show tra live video, collegamenti a distanza in streaming dall’Auditorium di Sant’Apollonia a partire dalle 9.30.

Tra gli ospiti che si collegheranno da remoto ci sarà anche la sociologa Chiara Saraceno che ha passato gran parte della sua vita a studiare la famiglia e le sue trasformazioni.

Ha insegnato Sociologia della famiglia nell’Università di Torino ed è stata docente all’Istituto di ricerca sociale di Berlino. Tra le sue pubblicazioni: Conciliare famiglia e lavoro (con M. Naldini, Il Mulino 2011); Coppie e famiglie (nuova edizione), Feltrinelli 2016; Mamme e papà. Gli esami non finiscono mai, Il Mulino 2016, L’equivoco della famiglia, Laterza 2017.

Ecco la nostra intervista

Dal suo punto di vista com’è cambiata la famiglia italiana negli ultimi anni?

Beh questo è un domandone, certo che è cambiata. La famiglia è sempre in cambiamento, è cambiata sia dall’interno che dall’esterno. I rapporti di coppia sono cambiati e anche quelli tra genitori e figli, sono più complicati. Poi è cambiato anche il modo di farla, molti matrimoni sono preceduti da una convivenza, uno su tre. Spesso i bambini nascono dentro una convivenza, una cosa che nella mia generazione non era considerato “per bene”. Tra l’altro in Italia la convivenza è diffusa meno che in altri paesi, per esempio nel nord Europa è la normalità iniziare così. Oggi in Italia è ancora un’eccezione ma è sempre più diffusa. Oggi inoltre riconosciamo che si possa essere una famiglia anche se si è una coppia con persone dello stesso sesso.

Rispetto al passato in cui la cura dei figli era un compito esclusivamente femminile mentre l’uomo era quello che lavorava, possiamo dire che le cose sono cambiate, si vive meglio in famiglia?

Le famiglie sono una diversa dall’altra, queste osservazioni generiche servono a poco. La divisione del lavoro è ancora abbastanza squilibrata in Italia più che in altri paesi. Anche quando le mamme sono occupate, gran parte del lavoro sia domestico che di cura rimane a carico loro, anche se quando le donne lavorano, gli uomini aiutano un po’ di più. Una grande trasformazione che è avvenuta che io sottolineo sempre è che nonostante questo squilibrio permanga, la paternità è cambiata soprattutto in relazione ai più giovani. I papà giovani si prendono più cura dei bambini molto piccoli. La mia generazione pensava che i padri non fossero in grado di pensare alla cura del neonato. Oggi è diventata una cosa che i papà fanno con piacere, non per dovere. L’accudimento come parte della paternità è sicuramente una novità positiva nelle generazioni più giovani. Ogni volta che si cambiano le cose possono anche esserci tensioni nella famiglia, la divisione del lavoro per certi versi dà sicurezza. Quando si è corresponsabili si deve negoziare anche di più.

Il tema del Meeting dei Diritti Umani quest’anno sono le discriminazioni di genere, secondo lei quanti sono le più problematiche nella famiglia?

Certamente sul lavoro ancora molto in termini di progressione di carriera, ma anche nell’organizzazione della società. Si da per scontato che le donne abbiano la responsabilità della cura della casa e della famiglia, proprio per questo vengono discriminate sul lavoro. Non si fa nulla o si fa poco per migliorare la situazione. Si puniscono le donne che lavorano perchè, viene attribuita solo a loro la responsabilità della cura. Questa è ancora la cosa più pesante, che colpisce diversamente a seconda della classe sociale chiaramente.

È un discorso anche di tipo economico e politico, lo Stato potrebbe aiutare di più le donne che affrontano una gravidanza, magari dando maggiore importanza al congedo parentale del compagno

Esatto mancano politiche che sostengano non solo l’occupazione femminile, ma che favoriscano la divisione del lavoro. Certamente il congedo genitoriale è pagato poco e quindi i padri non lo prendono. C’è poco congedo di paternità, mancano i servizi per la prima infanzia, tutto questo discrimina le donne.

 

 

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