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Come con i terremoti, al Giglio i sismologi per monitorare i movimenti della nave

Marco Morelli, direttore della fondazione Parsec di Prato, arrivò al Giglio per controllare ogni minima vibrazione degli scogli su cui il relitto era appoggiato. La nostra intervista

“Mi trovavo a Milano, vidi le immagini del naufragio in diretta alla tv. Il giorno dopo rientrai a Prato. Stavo accompagnando a scuola mio figlio, erano le 8 di mattina circa e ricevetti una chiamata: ci chiedevano di essere al Giglio per l’ora di pranzo ”. Marco Morelli è un sismologo. Alla Prato Ricerche, così si chiamava allora l’Istituto Geofisico Toscano della Fondazione Parsec di Prato, fu affidato dal Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze il monitoraggio del relitto della Concordia per valutare lo spostamento dello scafo attraverso la misurazione delle vibrazioni del suolo e Morelli, oggi direttore della Fondazione, fu il primo a partire per il Giglio all’alba del 15 gennaio 2012 per evitare una tragedia nella tragedia.

“Subito dopo il disastro – racconta Morelli– si pose il problema che il relitto si era appoggiato su due speroni della scogliera del Giglio Porto. Si temeva che gli speroni potessero sbriciolarsi e far sprofondare la nave mentre erano in corso le operazioni di ricerca dei dispersi , era necessario monitorare e fare rilievi per garantire la sicurezza dei soccorritori e permettere la buona riuscita delle delicate operazioni di recupero del carburante dai serbatoi del relitto”.

Per questo furono chiamati Morelli e i suoi colleghi, la Fondazione Parsec è infatti tutt’oggi una delle poche in Italia a svolgere analisi di questo genere. La Fondazione con l’Istituto Geofisico Toscano gestisce un moderno sistema di monitoraggio per la Toscana Nord-Orientale, con particolare attenzione verso l’area del Mugello, una delle zone a maggior pericolosità sismica della Toscana, la strumentazione in loro dotazione permette il monitoraggio dei terremoti con apparecchi mobili in grado di fornire informazioni sulle strutture che li stanno provocando fino a 20-30 chilometri di profondità.

Lei arrivò all’alba del giorno dopo, e con se aveva solo un sismografo portatile a batteria…

“Esattamente. Andai prima io, poi mi raggiunse il collega Andrea Fiaschi, nei giorni e mesi successivi ci alternammo con i colleghi del dipartimento di Scienze della Terra. Precedetti Andrea perché era importante che io gli facessi sapere di che cosa avremmo avuto bisogno, il tipo di attrezzatura, cosa portare per organizzare il lavoro sull’isola ad esempio”.

La prima immagine che ha impressa di quelle prime ore al Giglio?

“Ricordo che era una giornata nuvolosa, cielo e mare sembravano un tutt’uno. Nel mezzo una distesa di oggetti: giubbotti salvagente, scarpe, abiti e altri effetti personali. E poi c’era il fumaiolo della nave che incombeva sulle nostre teste”.

Morelli non è un novellino, non si impressiona facilmente. Tra i suoi ricordi si fanno posto le immagini dell’alluvione-tragedia di Sarno nel 1998 che causò 161 morti, 350 feriti e 3mila sfollati accanto a quelle del terremoto dell’Aquila del 2009 con un bilancio ancora più drammatico. Il naufragio della Costa Concordia però è una storia a parte.

Surreale, incredibile, impensabile. Surreale il fotogramma di quel relitto a pochi centimetri dal porto di un lembo di terra di poco più di 20 kmq. Incredibile la mole di persone, tra soccorritori, volontari, tecnici, ingegneri, matematici, giornalisti e chi più ne ha più ne metta, che in meno di 24 ore si erano riversati sull’isola accolti, alla bell’e meglio, dagli isolani che aprirono le proprie abitazioni ai naufraghi dando loro coperte, abiti, cibo e un tetto per ripararsi dal freddo e a lro, ai molti che al Giglio erano arrivati sperando di recuperare non solo cadaveri e di raccontare storie a lieto fine. Infine, impensabile che tutto sia accaduto per un vezzo: “Siamo abituati ad intervenire in tragedie dove è la natura imprevedibile che agisce, ma in quei mesi al Giglio la rabbia fu un sentimento che ci tenne compagnia in molte riflessioni, la tragedia della Concordia si sarebbe potuta evitare”

Morelli e i suoi colleghi rimasero sull’isola per circa quattro mesi, poi la centrale operativa di analisi dei dati fu trasferita nella sala sismica di Prato per un monitoraggio da remoto che è proseguito per oltre un anno. L’urgenza della presenza sull’isola dei sismologi era legata infatti alle operazioni di salvataggio e di recupero da parte dei sommozzatori nella parte sommersa della Concordia, quando arrivò lo stop alle ricerche in profondità, le operazioni di monitoraggio furono spostate sulla terra ferma, a Prato appunto. Il lavoro di analisi è culminato in uno studio scientifico pubblicato su una rivista internazionale, in quanto quello svolto dai tecnici della Fondazione Parsec è considerato un monitoraggio sismologico unico al mondo

“Ben presto dalle nostre analisi risultò chiaro che le vibrazioni che registravamo e che poi abbiamo registrato per un anno interno erano legate non alla deformazione degli speroni rocciosi bensì della nave stessa – spiega Morelli – Non essendo costruita per stare piegata sui fianchi, a causa dell’enorme peso scaricato sul fianco che poggiava sugli scogli, la nave aveva iniziato piano piano ma inesorabilmente a deformarsi come si vede anche nelle immagini della stessa Concordia quando fu raddrizzata per essere trainata fino a Genova”.

C’è stato un momento in cui avete temuto per la buona riuscita delle operazioni?

“Io dico sempre che ad un certo punto al Giglio c’erano la nave e la neve. Avevamo installato tre stazioni sismiche a distanze diverse – a poche decine di metri la prima e a circa 200 metri la più lontana – supportate da pannelli fotovoltaici e modem che consentivano di trasmettere i dati in tempo reale, in modo da dare l’allarme immediatamente in caso la nave si fosse mossa. La sede logistica era la scuola dell’infanzia di Giglio Porto. Ci siamo trovati a montare l’antenna di rilevamento sul tetto della scuola nel bel mezzo di una burrasca di vento e neve, oltre a compromettere il funzionamento dei sensori e dei pannelli, tutti temevamo che il mare molto mosso avrebbe sganciato la nave dal suo ancoraggio”. Non successe, ma si spostò.

Una cosa che invece ricordo sempre con grande emozione, testimonianza della grande solidarietà di cui è capace il genere umano fu l’abnegazione, la gentilezza e la disponibilità degli abitanti del Giglio ”.

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