© Sara Biffoli (WeHike Testing Nature)

Enogastronomia /BORGHI E CUCINA

Cooking class nel borgo, il sogno realizzato di Gian Luca: “Il cibo? Qualcosa di intimo”

Prima cuoco tra Parigi e Firenze, poi l’amore per la pasticceria, l’esperienza di anni e di lavoro e il cambio di vita, la scelta di un borgo da cui ripartire. A Montefioralle Gianluca Conficoni insegna ai viaggiatori l’arte della cucina, della panificazione e dei dolci della tradizione toscana con la sfida di raccontare una terra attraverso i suoi prodotti, davanti ai fornelli e al “canto del forno”

Se alzi gli occhi c’è il castello di Montefioralle, le case abbracciate una all’altra, strette nella pietra delle facciate. D’intorno i campi, le colline, gli olivi, filari di vigne ancora spogli ma pronti nella bella stagione a tirar fuori la loro bellezza. Qualche casa colonica ricorda il fascino degli edifici rurali. Un tempo erano le case dei contadini e quelle degli attrezzi, del bestiame: stalle,  fienili, abbeveratoi. Oggi l’architettura delle campagne ricorda il tempo passato e scrive, qua, il suo presente.

Gian Luca Conficoni, pasticcere e cuoco, è innamorato profondamente di quella storia che il borgo e il paesaggio ancor oggi raccontano. Ed è qui che ha deciso di vivere e costruire il suo sogno di metà vita, quello della maturità. L’idea è di organizzare delle cooking class per i viaggiatori e i semplici appassionati unendo la sua esperienza al racconto del territorio. Tutto a misura d’uomo perché l’intimità – mi spiega – è al centro di tutto il suo progetto. Quell’intimità che si respira in cucina, calpestando mattoni di cotto antico, di fronte al focolare o “Al Canto del forno”, il nome che ha voluto dare alla propria attività.

“Ho scelto questo posto appena ho visto il forno di questa casa colonica. E ho immaginato di  insegnare a preparare il pane, le schiacciate, cuocere i fagioli o preparare altri piatti. Ho immaginato i profumi, le sensazioni che il cibo poteva trasmettere agli altri, ed eccomi qua”.

Gian Luca Conficoni – © Sara Biffoli (WeHike Testing Nature)

Cosa intendi insegnare con i tuoi corsi, al di là dell’esecuzione di un piatto?

Voglio portare le persone nel mio mondo, quello del cibo

Voglio portare le persone nel mio mondo che altro non è che quello del cibo. Insegnare a cucinare i piatti della tradizione toscana con qualche mia sperimentazione, credo sia un modo anche per raccontare l’origine delle materie prime in un contesto rurale. Raccontare la stagionalità, come si producono le conserve, l’importanza dei prodotti locali, delle farine o l’utilizzo delle erbe aromatiche: la santoreggia, il timo, la maggiorana, la nepitella, il finocchio selvatico, i profumi della Toscana.

Solitamente quali piatti cucini con i tuoi “allievi”?

Amo la pasta fresca. Mi piace insegnare a preparare i pici all’aglione oppure ravioli, tortelli, con le varie farciture di stagione. Utilizzo ortica oppure il tarassaco, la borragine. Oltre a questo ci sono i corsi personalizzati, costruiti ad hoc sull’interesse delle persone o dei viaggiatori. E poi ovviamente le lezioni su pasticceria o panificazione. Tra l’altro ho trovato un’ottima farina prodotta in un podere qua vicino, a Castellina in Chianti. Sempre da loro ho scelto per il mio “Panfioralle” un vinsanto particolare che matura in anfore di terracotta appese al soffitto della cantina. Sai qual è il bello del vinsanto? Che non è mai uguale, ognuno ha il suo carattere.

Il Panfioralle. Un dolce dedicato al borgo?

Il Panfioralle? Una sfida creativa per raccontare questa terra

Esatto. Un dolce che è nato d’inverno, mentre stavo ristrutturando questa casa contadina. E’ stata una sfida creativa per raccontare questa terra. Nell’impasto oltre alle le noci e all’uvetta ho deciso di utilizzare il rosmarino, di cui questa zona è ricca. E poi ho imbevuto il tutto con una bagna al vinsanto.  Quando ero giovane ho iniziato in cucina, lavorando anche a Parigi ma poi – attraverso varie esperienze – ho avuto modo di conoscere anche l’arte della pasticceria e me ne sono innamorato. Ho lavorato da “Giorgio” e poi ancora da “Robiglio”, tanti anni fa. E’ lì che ho scoperto la magia del lievito madre. Il mio è un mestiere in cui devi conoscere per arricchirti. Cambiare non è segno di instabilità, è quasi necessario per far crescere il tuo bagaglio di esperienza e per evolverti. E proprio attraverso questo continuo percorso che ho anche lavorato nell’ambito della formazione professionale, tenendo corsi per Cescot, Confesercenti e Confcommercio. E’ bello trasmettere ciò che fai. Insegnando impari a tua volta tante cose.

Cosa lasci ai tuoi allievi? Un insegnamento e un ricordo?

Sì, direi entrambi. E poi gli regalo il mio lievito madre.

Qual è il valore aggiunto di insegnare cucina, panificazione o pasticceria in un contesto rurale, in una casa, in un luogo familiare?

Questa nuova attività mi consente di dedicarmi alla cura delle persone, dei rapporti con gli altri attraverso l’insegnamento della cucina 

Gli stranieri rimangono estasiati, soprattutto gli americani. Quando gli racconto che questa casa ha mille anni rimangono sbalorditi, per loro è quasi inconcepibile un tempo così lungo di storia. Rimangono affascinati dall’imperfezione delle mura, dal pavimento in cotto, dalle travi storte, da una storia così presente.  Questa nuova attività mi consente di dedicarmi alla cura delle persone, dei rapporti con gli altri attraverso l’insegnamento e la cucina. Pensa che una volta incrociai per caso, fuori da casa, due turisti canadesi che stavano cercando il castello di Montefioralle. Gli spiegai che non esisteva un vero e proprio edificio e che il castello era il borgo stesso. Gli offrii un caffè e gli aprii le porte della mia casa, come a due amici. Parlammo del Chianti, del borgo, delle campagne. Quando andarono via mi dissero: “Grazie di cuore, quest’ora passata insieme è stato più bello che visitare un castello”. Quelle parole sono state il regalo più grande che potessero farmi.

piatti della tradizione – © Sara Biffoli (WeHike Testing Nature)

A proposito di dare e ricevere. A te cosa ha donato la cucina?

L’occasione di esprimermi. Prima ho imparato, assorbito dagli altri, poi ho iniziato a sperimentare secondo le mie idee. Il massimo della gratificazione? Quando le persone – negli anni – hanno degustato le mie creazioni. Portare il cibo nel proprio corpo è qualcosa di intimo. E’ emozionante. E’ amore assoluto.

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