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Storie /turismo

Cooperative di comunità, quella ‘genialità’ (toscana) che salverà il mondo

La prima cooperativa di comunità italiana è nata in Toscana (Teatro povero di Monticchiello) e sempre qua, in Lunigiana, si è svolta la prima Borsa del turismo “comunitario”. Sul perché l’esperienza di prossimità ci salverà è presto detto: produce i beni più richiesti al mondo. Ecco quali

Prima di tutto ci sono le persone, ognuna con la propria storia. Umana, familiare, professionale. Del resto le cooperative di comunità – che in Toscana sono al momento 42, ma il numero è senz’altro destinato a crescere – non rappresentano solo una definizione giuridica utile per intercettare risorse o per identificare ciò prima non era e ora invece è. Alle radici di ciascuna esperienza, come il nome già suggerisce, ci sono appunto le comunità. Anch’esse differenti in base al territorio cui appartengono, all’altitudine, alle tradizioni e perfino alla distanza che le separa dai centri urbani.

In Toscana come altrove le cooperative di comunità sono spesso difficili da raggiungere. E questo non rappresenta un limite, bensì un’opportunità. Solitamente non s’incontrano all’uscita del casello autostradale, ma solo dopo aver percorso chilometri di strada (a volte perfino tortuosa e in salita). “Per arrivare fin qui ho impiegato ore, ma sono felice di esserci. Questo è un posto bellissimo” ha raccontato Sonia Pallai, responsabile turismo per Anci Toscana, che nei giorni scorsi ha raggiunto la Lunigiana partendo da Siena.

Il turismo e la comunità

Il pretesto del suo viaggio è la prima edizione della “Borsa del turismo delle Cooperative di comunità toscane”. Tutto nasce dal progetto Turis.Coop promosso da Sigeric – Servizi per il turismo e finanziato da Regione Toscana. Un pretesto che ha permesso alle oltre quaranta cooperative presenti sul territorio di partecipare, d’incontrarsi e di conoscersi. Ma soprattutto ha consentito una diretta interazione con tour operator e agenzie di viaggio con la vocazione della lentezza, della sostenibilità e dei percorsi esperienziali.

Borsa del turismo delle cooperative di comunità in Lunigiana – © Sigeric

Perché proprio la Lunigiana? La risposta sta prima di tutto nei numeri: delle 42 cooperative di comunità della Toscana, 8 si trovano proprio qua. Una concentrazione di esperienze nient’affatto male, soprattutto se consideriamo che le attività si spingono ben al di là del recupero delle tradizioni o della caparbia determinazione nel non abbandonare borghi e paesi a rischio di spopolamento. Parlare di resistenza – o di resilienza, termine ormai quasi inflazionato – è probabilmente inopportuno. Nonostante fosse quello il punto di partenza, in pochi anni le cooperative hanno dimostrato di saper crescere e svilupparsi più di quanto non abbia fatto il mondo tutt’attorno a loro. Queste comunità hanno infatti dimostrato una certa capacità profetica.

Perché tutto questo è “geniale”

La Toscana ha il merito di aver offerto opportunità e strumenti, ma questo da solo non basta a fare sistema. Fosse anche solo il fatto che queste esperienza siano state declinate nell’ambito turistico, be’, ha spinto l’assessore regionale Leonardo Marras a sbilanciarsi in un giudizio chiarissimo e indicativo pur nella sua semplicità. “Tutto questo è una genialata”, ha detto partecipando alla prima Borse del turismo. Lo ha fatto di fronte alle cooperative e alla stessa Sigeric, che è proprio una di loro. Sono nati da un’esperienza associativa che sopravvive a tutt’oggi (Farfalle in Cammino) e hanno trasformato la loro passione per il territorio in un’impresa. Di comunità, ovviamente. Ognuno dei soci poteva seguire altre strade professionali, forse più sicure e remunerative. Ma quelle strade li avrebbero portati lontani dalla Lunigiana, da Pontremoli, da Filetto, da Bagnone, da Filattiera. Di fatto li avrebbe allontanati dalle loro origini. E invece sono qua e ogni giorno cercano di raccontare la loro terra, che oggi i più amano definire “Toscana diffusa”.

I primati della Toscana

Ma non è questo l’unico primato regionale. Si scopre infatti che la prima cooperativa di comunità italiana è nata negli anni ottanta del secolo scorso in questa “Toscana diffusa”. Stiamo parlando del Teatro povero di Monticchiello, anch’essa presente all’appuntamento lunigianese. Nel 1991 è stata la volta della Valle dei Cavalieri, sull’Appennino tosco-emiliano, seguita poi dai Briganti di Cerreto a Cerreto Alpi, in provincia di Reggio-Emilia. Sembra un’altra regione, e infatti lo è. Ma alla fine è poco distante dal confine, proprio al di là della Lunigiana e della Garfagnana. La Toscana si è poi dotata di una legge sulle cooperative di comunità e ha realizzato tre bandi dedicati, l’ultimo dei quali è ancora aperto. Qua si è costituita la prima rete (Borghi futuri, che riusce al momento una decina di realtà) e ora eccoci in Lunigiana, ancora una volta, a parlare di turismo con gli operatori di settore.

Borsa del turismo delle cooperative di comunità in Lunigiana – © Sigeric

Liberi di fallire

“L’energia organizzata di queste comunità è evidente e prende forza dal loro stesso essere” commenta Marras. “La risposta pubblica, di per sé, non è sufficiente. Si deve innescare qualcosa nell’economia sociale. Senza una vivacità economica e sociale del territorio diventa inutile perfino provarci. L’obiettivo? È far camminare con le proprie gambe queste realtà”. La ‘genialata’, secondo Marras, è aver creato un “modello nel modello” declinando il turismo nell’ambito delle cooperative di comunità. In Lunigiana l’assessore regionale ha annunciato la revisione del testo unico sul turismo (la legge 86 del 2016) per garantire maggiore flessibilità alla costituzione d’imprese e ha altresì dato garanzie sull’erogazione di fondi per consentire una “maggiore stabilità” istituzionale. “Oggi le cooperative sono tante, più di quaranta” ha aggiunto. “Ma le energie e le aree interne sono molte di più. Insomma, proviamoci. Ma mi raccomando: che non ci sia la pura del fallimento…”.

Produttori di spazio e di tempo

“Stiamo salvando il mondo, non solo il paese a cui apparteniamo”

Già, il fallimento. Quando si fa impresa – anche se di “comunità” – il rischio d’insuccesso c’è, è nella natura delle cose. “Perdonatevi gli errori” dice rivolgendosi a tutti Giovanni Teneggi. Col suo tono pacato e sicuro, Teneggi è intervenuto col ruolo di responsabile delle cooperative di comunità per Confcooperative Emilia-Romagna. Ma lui è molto più di questo. Poetico e a tratti profetico, è ormai riconosciuto come il padre di questa (relativamente) nuova forma d’impresa comunitaria. E così, dopo il plauso rivolto alla Toscana per questa sua “poderosa infra-strutturazione” che ha trovato un “terreno pronto ad agire e a reagire”, ecco la frase che non ti aspetti. “Nei nostri borghi e nei nostri paesi ci scopriamo potenziali produttori del bene più richiesto al mondo. Quale? Lo spazio vivibile, il tempo per l’umanità, i luoghi di prossimità. Oggi tutti ne parlano, tutti ne hanno bisogno” dice Teneggi. “Stiamo salvando il mondo, non solo il paese a cui apparteniamo. Siamo i luoghi che aspettano l’umanità per perdonarla, per dare senso alla vita”.

Borsa del turismo delle cooperative di comunità in Lunigiana – © intoscana.it

Ecco cosa mancava al percorso: lo stimolo, e soprattutto la visione. Forse mancava semplicemente qualcosa che offrisse una chiave interpretativa. “Non stiamo parlando di un territorio sul quale resistere, ma di una nuova fabbrica, di una filiera produttiva da allestire per consentire relazioni e prodotti comunitari” aggiunge Teneggi. La cooperazione di comunità è un incubatore. Siete tutti rabdomanti d’interessi e aspirazioni individuali, siete costruttori di comunità. Finora abbiamo parlato di custodi, di salvaguardia, di conservazioni. Sono tutte parole belle ma insufficienti. Ora occorre investire nella cultura biografica del presente, nelle relazioni e nella prossimità”.

I racconti

E la narrazione, in Lunigiana, non è mancata. Si sono presentate tutte – o quasi – le cooperative toscane. Da “La Fortezza” di San Romano in Garfagnana (una delle cooperative più giovani, nata in piena pandemia nell’estate 2020) alla “Montagna Cortonese”, da “Cia – Cultura, innovazione e ambiente” di Palazzuolo sul Senio (la prima esperienza di comunità nata in provincia di Firenze) a “Parco Vivo” (a Vivo d’Orcia, appunto, sul Monte Amiata), da “Il Borgo” di Montelaterone (Grosseto) al Centro Culturale Compitese (oltre mezzo secolo di storia per la cooperativa che a Capannori organizza da oltre un trentennio la Mostra delle antiche camelie della Lucchesia). Il racconto, ovviamente, è appena cominciato. E se è vero che queste esperienze “salveranno il mondo”, di loro sentiremo senz’altro parlare ancora. E ancora, e ancora, e (fortunatamente) ancora.

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