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Covid-19, chiusura imprese: meno 800 milioni a settimana

Sono coinvolti più di mezzo milione di lavoratori (390mila dipendenti e 200mila autonomi). Secondo le stime di Irpet, in Toscana il valore delle aziende chiuse supera gli 800 milioni a settimana (7% del Pil)
 

Le imprese toscane che dovrebbero fermarsi in base alle disposizioni del Dpcm del 22 marzo sulla chiusura delle attività produttive non essenziali producono un valore aggiunto di oltre 800 milioni la settimana (circa il 7 per mille del Pil toscano). È quanto afferma in una nota Stefano Casini Benvenuti, direttore dell’Irpet, spiegando che i settori più penalizzati, oltre a quelli dell’alloggio e ristorazione e degli altri servizi, sono l’estrattivo, il manifatturiero e le costruzioni.

Con il provvedimento di chiusura, afferma il direttore dell’istituto di ricerca toscano, «sono coinvolti oltre 390mila lavoratori dipendenti ed altri 200mila lavoratori autonomi», che rappresentano circa il 38% del totale dell’occupazione toscana. Il Pil prodotto da tali settori rappresenta circa il 41% dell’intero Pil regionale. Infine «se i lavoratori delle imprese costrette alla chiusura fossero tutti messi in cassa integrazione – sostiene Casini Benvenuti – il costo settimanale sarebbe di circa 140 milioni di euro».

dati irpet economia

«Le misure introdotte dal governo con l’ultimo decreto potrebbero colpire circa un terzo dell’economia toscana». Il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, riflette sugli effetti che la crisi sanitaria in corso – e i provvedimenti adottati per fronteggiarla – stanno producendo sul sistema produttivo toscano.

«Si tratta di una stima incerta anche perché, come noto, alcune imprese che appaiono a prima vista non essenziali potrebbero diventarlo perché interdipendenti con le filiere individuate come essenziali e perché, all’opposto, alcune attività considerate essenziali potrebbero comunque ridurre la propria produzione» prosegue Rossi. «Per affrontare il panico crescente e derivante dalle chiusure di queste nostre imprese, con perdite di valore aggiunto di circa 800 milioni di euro a settimana, non vedo altra strada che quella di iniettare risorse aggiuntive per garantire la cassa integrazione guadagni ai lavoratori, indispensabile quanto la sicurezza sui luoghi di lavoro, la sicurezza sanitaria e igienica anzitutto».

L’industria più colpita assieme al turismo, agli alberghi e al commercio è quella ricreativo culturale, «per la quale è indispensabile l’aggregazione delle persone» sottolinea Rossi. «Penso ai cinema, ai musei, ai teatri, allo spettacolo in generale, ai centri sportivi e ai servizi che vi gravitano attorno. Analogamente è colpito tutto il sistema dei trasporti legato alle persone, mentre il trasporto di merci resta e può, da questa crisi, anche aumentare le sue attività e dimensioni. Segue poi per livello di sofferenza l’industria delle costruzioni e quella manifatturiera, che è alla base e a fondamento delle nostre esportazioni».

«In prospettiva, ciò che preme sottolineare – continua il presidente – è che un quadro di sofferenza resterà gradualmente anche dopo la fase più acuta dell’emergenza sanitaria, perché, come è prevedibile, i cambiamenti introdotti nei comportamenti e nelle relazioni che sono alla base delle attività economiche resteranno e dureranno per diverso tempo nella logica del distanziamento sociale e della prevenzione. Dal punto di vista della strategia, lo ripeto ancora una volta, questa pandemia svela le fragilità del nostro paese e del nostro sistema economico. Anzitutto – aggiunge Rossi – ci dice con chiarezza che abbiamo un bisogno vitale di politica industriale per assicurare al paese prodotti e beni di base essenziali, che non lo facciano dipendere da altre economie e dalle sole logiche del profitto e del mercato. Per questo dobbiamo ridurre la lunghezza delle filiere e tornare a localizzare imprese e know how che il dumping e la globalizzazione hanno spostato altrove. Penso all’industria sanitaria, ma anche all’energia, all’acciaio, alla chimica, all’informatica. Serve insomma – insiste – un grande disegno di politica industriale, per ricostruire quello che la globalizzazione ha reso fragile e distante».

«Una lezione di fondo che viene da questa emergenza sanitaria globale – è la conclusione del presidente Rossi – sta poi nel bisogno profondo di un equilibrio più rispettoso del rapporto tra uomo, ambiente e natura; tra risorse e sviluppo. Quest’emergenza pone al centro la grande questione dei valori e della comunità umana. In questo senso l’agenda per l’economia circolare dovrà riprendere al più presto il suo corso con ancor più vigore, ripartendo dalla centralità dello Stato e delle politiche pubbliche».

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