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Coronavirus, in arrivo altre 130.000 mascherine. Nuova ordinanza

Dalla Regione Toscana distribuite 35mila mascherine marchiate CE, 54mila autoprodotte e 40mila della Protezione civile. Appello alle aziende chiuse: ‘Prestate alla Regione le vostre mascherine’

Il presidente Rossi l’aveva anticipato domenica scorsa, il 15 marzo, quando montava la polemica da parte di infermieri e medici sulle mascherine chirurgiche della Protezione Civile nazionale e sulla loro adeguatezza.

Ed eccole le istruzioni toscane all’uso dei vari dispositivi, allegate alla nuova ordinanza (la n. 17 del 19 marzo), ma anche i risultati delle analisi di laboratorio eseguite dall’università sulle mascherine fatte produrre dalla Regione. Perché in questo momento di emergenza sanitaria, aveva spiegato già nei giorni scorsi il presidente, «dobbiamo utilizzare tutto quello che abbiamo a disposizione», anche se privo o mancante dell’ultimo timbro.

Domani, venerdì 20 marzo, dagli uffici della giunta fanno sapere che saranno distribuite altre altre 129mila mascherina: 35mila marchiate CE, 54mila ‘autoprodotte’ in Toscana e 40mila della Protezione civile.

Prima si usino naturalmente quelle chirurgiche marchiate CE (per la precisione CE UNI EN 149:2009), si scrive nell’ordinanza; ma poi, se quelle a disposizione nei magazzini Estar marchiate CE – che la centrale d’acquisto sta cercando ovunque e con ogni sforzo – non saranno a sufficienza, i sanitari utilizzino in ospedale quelle di tessuto che la Regione sta facendo produrre: sicure e già testate dal dipartimento di chimica dell’università di Firenze, sia pur in attesa di validazione da parte dell’istituto superiore di sanità come quelle della Protezione civile.

Del resto non si tratta di dispositivi non controllati. Il laboratorio dell’università attesta che le mascherine ‘toscane’ sono in grado di bloccare in ambo i sensi qualsiasi particella più grande di due millesimi di millimetro. Fino ad un millesimo di millimetro la percentuale di filtraggio oscilla tra il 99,7 e il 99,5 per cento, a mezzo millesimo di millimetro scende a 97,1 dall’interno all’esterno e al 95,8 dall’esterno all’interno, sotto tre millesimi di millimetro risale al 98 e 96,9 per cento. Sono compatibili con i requisiti di sicurezza delle mascherine chirurgiche marchiate.

Naturalmente le mascherine vanno utilizzate in modo corretto. Mentre si indossano e dopo averle tolte dalla confezione, va evitato di toccarle con le mani e, se proprio necessario, conviene lavarsele prima e dopo. Altrettanta cautela va impiegata nel tirarle via: lavarsi di nuovo le mani, sciogliere i lacci (prima quelli in basso), gettare la mascherina in un sacchetto di raccolta dedicato guardando bene di non toccarla all’interno, lavarsi ancora le mani.

Le mascherine sono monouso. Appena si inumidiscono con il respiro e in ogni caso alla fine del turno vanno gettate. Vanno utilizzate, si raccomanda nell’allegato all’ordinanza, quando non sia possibile mantenere la distanza di sicurezza da altre persone.

Intanto il presidente Rossi lancia un nuovo appello per un “prestito di solidarietà” alle aziende che usano, per i loro processi, mascherine con filtro FFP2 e FFP3 e i cui stabilimenti in questo momento sono chiusi. «Prestate i dispositivi che avete in magazzino al Servizio sanitario nazionale – propone Rossi – e quando gli approvvigionamenti saranno più costanti la Regione provvederà a restituire questo prestito».

Le aziende a cui si rivolge riguardano più settori, come ad esempio quello orafo o che ha a che fare con cromature galvaniche. L’appello e l’invito a sottoscrivere un patto è contenuto in un manifesto predisposto in queste ore e già on-line.

Le mascherine FFP2 e FFP3 sono dispositivi di protezione individuale preziosi per le attività chirurgiche complesse. Anche alcune migliaia di mascherine in più possono essere importantissime per tutti gli operatori sanitari in prima linea contro il coronavirus. Le aziende che intendono raccogliere l’appello possono telefonare al 335.440659 oppure scrivere a d.testi@estar.toscana.it. «Insieme – conclude Rossi – ce la possiamo fare».

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