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De Falco: “Un’azione scellerata dietro la tragedia della Concordia”

Per l’allora comandante che coordinò i soccorsi, oggi senatore, tutti i naufraghi potevano essere salvati se ci fossero state scelte tempestive

Gregorio De Falco – Ansa/Riccardo Antimiani

Oggi si può capire che quella della Costa Concordia non fu una tragedia marittima, è una vicenda che si è creata per un’azione scellerata, come fu giustamente definita all’epoca dal procuratore capo“: Gregorio De Falco, all’epoca del naufragio comandante della sala operativa della Capitaneria di porto di Livorno e oggi senatore, commenta così il disastro della Costa Concordia avvenuto il 13 gennaio 2012. L’occasione per ricordare quella drammatica vicenda è la diretta streaming voluta dal Consiglio regionale della Toscana alla vigilia delle commemorazioni per il decennale.

Quella vicenda per puro caso si è verificata su una nave, non è legata alla tecnica della navigazione, è una vicenda irripetibile nel senso che senza lo sfasamento che ci fu nella persona del comandante tra il proprio ruolo e il proprio interesse non si sarebbe verificato tutto questo” spiega De Falco, sottolineando che oggi abbiamo il giusto distacco per poter valutare come andarono i fatti. La giustizia in questi anni ha fatto il suo corso e la magistratura si è pronunciata nei vari gradi di giudizio, condannando a 16 anni il comandante Schettino e anche la Costa per non aver mitigato la tragicità degli eventi.

De Falco nel corso della diretta è tornato a quella sera: “alle 21.45 la nave colpì gli scogli dell’isola del Giglio e si aprì uno squarcio“, prima delle 22 “il comando di bordo è consapevole che si deve procedere all’abbandono della nave, ma questo non avviene” per lo “sfasamento tra il ruolo e gli interessi, le paure personali”.

La celebre frase “Salga a bordo cazzo…” va quindi vista nell’ottica di stimolare, anche in modo brusco e diretto, il comandante Schettino ad assumersi le sue responsabilità e a coordinare il salvataggio delle oltre 4200 persone a bordo della Concordia. “Passano 45 minuti – aggiunge De Falco – prima che venga data l’emergenza generale da me richiesta nella prima interlocuzione. Il tempo di abbandono di una nave è di 30 minuti e se si fosse proceduto a dare l’emergenza generale subito, con la nave ancora dritta, si poteva sbarcare tutti in un’ora-un’ora e mezza. Questa operazione di soccorso, invece, va avanti per nove ore“.

Tempo prezioso che pregiudica il salvataggio di alcuni. Purtroppo la mancanza del comando a bordo e l’impossibilità di prendere decisioni tempestive porta alla morte di 32 persone. Per far comprendere le conseguenze del gesto di Schettino De Falco nel corso della diretta ha portato un esempio concreto. “Sulle scialuppe, secondo le norme, potevano sedere fino a 150 persone, Giuseppe Girolamo, un giovane musicista a bordo della Concordia, cedette il posto a una madre con il figlio. Non sapeva nuotare e perse la vita nel naufragio. Se il comandante fosse stato a bordo avrebbe potuto derogare alla regola e dare l’ordine di riempire le lance il più possibile. Questo invece non fu possibile“.

Secondo De Falco ci sono molte lezioni da imparare dal naufragio: “la tradizionale generosità delle popolazioni isolane, l’importanza che chi ha un ruolo pubblico metta sempre da parte se stesso, è fondamentale che abbia chiari i fini del proprio agire che non si devono confondere con i propri interessi“. Per De Falco, infine, la tragedia della Costa Concordia deve essere un motivo affinché “sia disincentivato il gigantismo navale. Oggi abbiamo navi ancora più grandi della Concordia che portano 6.500 persone, quale città sarebbe in grado di dare assistenza a 6mila persone tutte insieme?“.

In conclusione la vicenda della Concordia è ancora oggi tragicamente attuale e soprattutto d’esempio. “Ogni atto scellerato investe tutta una comunità – è il monito finale di De Falco – lo abbiamo visto in tempi recenti nel canale di Suez. Un atto scellerato che si riflette su tutti i noi, come ci ha ricordato Paolo Sorrentino nella scena della Grande Bellezza in cui compare proprio la Costa Concordia al Giglio“. L’invito, insomma, a un senso di responsabilità che non può mai essere smarrito.

Per chi è sopravvissuto dopo il naufragio, per chi ha vissuto quei momenti restano invece il senso di appartenere a una comunità, la forza di un abbraccio, come ha concluso De Falco, del ritrovarsi assieme dopo aver vissuto una tragedia di quelle dimensioni.

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