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Diari toscani: ‘Cantarellare’ e ‘Cinquant’anni dopo’ di Athe Gracci

Il racconto nostalgico e commovente di un’italiana che ricorda gli anni vissuti in Francia insieme al marito 

Athe Gracci

Athe Gracci nasce a Livorno nel 1922, vive la sua infanzia in Sicilia, dal 1927 al 1933, e poi torna in Toscana, a Pontedera, dove abita fino al 1940. Studia a Firenze e nel 1943 sposa un ufficiale dell’aeronautica, Enolo Biasci. Al termine della Seconda guerra mondiale, dal 1953 al 1969, si traferisce con il marito in Francia tra Fourchambault e Nevers, in Borgogna. Mentre Enolo lavora negli stabilimenti della Piaggio, lei insegna italiano nelle scuole locali. La memoria di quel periodo affiora nei suoi ricordi attraverso immagini, suoni e piccoli episodi che ricompongono le atmosfere di un tempo lontano. Poi Athe passa alla cronaca: dopo quasi cinquant’anni torna a visitare gli stessi luoghi, accolta dalla comunità locale che non l’ha dimenticata.

“Cantarellare”, Nevers, Francia, 1953
“Nella esistenza succedono veramente le cose più strane… ecco il mio miracolo, un ricordo di Nevers.
Che mi riporta alla mia gioventù, in Francia. Sola. Dopo la guerra. Il paesaggio nuovo, calmo, affascinante. Una casa alta, abitata da gente che non conoscevo. Gente straniera. Da questo ricordo è nato il mio amore, quello per l’umanità tutta.
Situazioni sconosciute alla mia giovane esperienza di vita che, pure, mi hanno affascinato tanto che, per me, il vero miracolo è quello di ricordarle.
Ricordo così, il signore del terzo piano. Lo sentivo chiudere la porta, scendere le scale, canterellando sottovoce. Attraverso un foro della tendina della mia finestra che dava sulla strada (abitavo un appartamento ammobiliato) avevo potuto osservare i suoi occhi raggianti, sulla faccia liscia, rischiarata da un gaio sorriso. La sua compagna (non so se fosse la moglie) quando scendeva, canterellava anch’essa sottovoce, sorridendo.
Io non avevo, fino a quel momento, mai cantato ad alta voce. Non sarebbe stato nulla di straordinario perché non possiedo una bella voce. E poi, non avevo ragione di canterellare. Ero lontana, il marito sempre al lavoro, non avevo amici. A quel tempo. Invidiavo quella signora straniera che immaginavo rallegrasse la vita della famiglia. Cominciai a pensare. Cominciai a pensare al “canto”. Volevo riuscire a cantare anch’io, scendendo le scale allegra, cantare per strada, anche se sottovoce. Queste riflessioni e queste mie nuove aspirazioni erano nate dall’osservare da quel buco di tendina che, volutamente, mai volli rammendare.”

“Cinquant’anni dopo”, Fourchambault, Francia, 2001
È il 2001, sono trascorsi quasi cinquant’anni da quando Athe Gracci è tornata a vivere in Italia, dopo aver vissuto alcuni anni in Francia con il marito. Torna a visitare i luoghi di allora, va a Nevers e Fourchambault dove viene accolta dal sindaco che le esprime l’affetto di una comunità che non ha dimenticato la sua presenza.”

“La Francia, il mio paese, nel 2001. Penombra, penombra nella mia piccola stanza, e sonnolenza dopo pranzo, in questo sabato senza scopo. Ma ieri, quando ero riuscita a dimenticare la vita di oggi, gli affanni, le amarezze, ero felice. Pensavo alla gioventù. Alla mia. Al mio sindaco francese che mi ha accolto come fossi una reliquia. Ha ragione. Sono vecchia. Un attimo, appena un attimo per qualche immagine ritrovata, forse appena sognata. Già svanita. Dovevo sapere, perché ormai niente di ciò che è umano può essermi straniero. Anche se so che la semplicità di meravigliarsi possa lasciarmi incredula.
Quasi un secolo è passato. Sono ancora qui a scrivere, e a raccontare di essere ritornata dopo mezzo secolo, là, nella Nièvre, stupita da incontri, come fossi vittima di strane fatalità felici. Ma forse non è così perché la storia di questo incontro non è un avvenimento straordinario… della vita i cui segreti sono, sovente, misteriosi per tutti. Ho ritrovato immutate le stesse case borghesi, i piccoli hotel di campagna… Il sindaco giovane che parla di avvenimenti che non ha vissuto. Che la vecchia gente del paese ha raccontato… Vorrei solo che, colui che leggerà queste impressioni, potesse comprendere come la vecchiaia non sia solo solitudine, ma come essa possa essere, ancora, fonte di amore.”

Brani tratti da “Italiani all’estero. I diari raccontano” un progetto realizzato con il contributo della Direzione Generale per gli Italiani all’Estero e le Politiche Migratorie del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Un progetto di Nicola Maranesi per l’Archivio diaristico nazionale. Consulenza editoriale di Pier Vittorio Buffa. Ricerca d’archivio e redazione testi: Laura Ferro e Nicola Maranesi. Ricerca iconografica e organizzazione delle fonti documentali: Antonella Brandizzi. Fotografie di Luigi Burroni.

Per informazioni:
https://www.idiariraccontano.org/

 

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