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Dopo il restauro torna visibile al Museo Stibbert la Gioconda “dimenticata”

Torna finalmente ad essere esposta nel museo fiorentino una delle copie più famose dell’iconico capolavoro di Leonardo Da Vinci che lo stesso Stibbert considerava tra i quadri più preziosi della sua collezione

E’ stato finalmente ultimato il restauro della copia della Monna Lisa conservata al Museo Stibbert, finanziato da Amici Museo Stibbert e Lions Club Firenze Poggio Imperiale, con il sostegno di Catani Gagliani Assicurazioni, il dipinto è stato presentato alla stampa e al pubblico e riesposto nella Sala della Malachite.

Si tratta di una delle numerose copie dell’iconico capolavoro di Leonardo Da Vinci di cui noi oggi abbiamo ancora testimonianza.

Tra queste, custodite nei musei e nelle collezioni di tutta Europa, l’esemplare fiorentino appare una delle opere di maggior pregio, sia da un punto stilistico, sia per quel che concerne la fedeltà al modello oggi al Louvre.

La natura dei colori utilizzati nella realizzazione del dipinto e rilevati in occasione del presente restauro (ovvero il blu di cobalto detto smaltino – e quindi vetro colorato e macinato, il rosa dell’incarnato, la biacca e le ocre gialla e rossa), la tela utilizzata e la preparazione rossastra nonché la craquelure superficiale, invitano a collocare l’esecuzione del dipinto del Museo Stibbert ai primi anni del Seicento.

Dall’altro canto è piuttosto complicato definire l’autore di quest’opera, così come le circostanze che abbiano portato alla sua esecuzione.

La stretta vicinanza con l’originale leonardesco – che sappiamo venne dipinto da Leonardo tra il 1503 e il 1506 e condotto da lui stesso nel 1516 in Francia, dove il genio morì tre anni più tardi – inviterebbe a ritenere l’opera in questione, seppur cautamente, una copia dal modello autentico.

Tuttavia si conosce davvero poco del suo passato collezionistico antecedente l’acquisto da parte del collezionista italo-inglese Frederick Stibbert.

La storia della Gioconda dello Stibbert

Stibbert acquistò il dipinto il 3 maggio 1879 dall’antiquario Valmori di Firenze, collocandolo subito nel grande salone della quadreria, tra i dipinti più preziosi della sua collezione.

Lo stesso giorno scrive sul suo “Account book” di avere acquistato “il ritratto di Mona Lisa del Beltraffio scolare di Leonardo da Vinci proveniente da Casa Mozzi”.

Pochi giorni prima infatti, una grande asta aveva visto la dispersione della collezione Mozzi del Garbo, allora molto famosa a Firenze.

L’aura di mistero che aleggia intorno alla storia della Gioconda oggi al Museo Stibbert di Firenze non mette in discussione tuttavia l’alta qualità del dipinto, che, a seguito della presente occasione di restauro, è emerso per la sua preziosità cromatica e per la delicatezza del tratto pittorico.

La conduzione pittorica riprende lo sfumato leonardesco usando il colore sia a corpo che a velatura per ottenere passaggi chiaroscurali diversi. Il copista semplifica poi le pieghe della veste e della decorazione e ci restituisce un paesaggio con piccole varianti: i basamenti in scorcio con un frammento di colonne sulla balaustra in pietra serena sono appena accennati, la decorazione della scollatura della veste presenta motivi diversi dall’originale.

Il restauro della Gioconda

L’analisi del dipinto ha rivelato che nell’Ottocento la tela originaria, già rifilata in precedenza, è stata rifoderata con una tela di dimensioni maggiori, estendendo la pittura a queste parti aggiuntive.

L’ampliamento perimetrale è stato eseguito su di una preparazione a gesso e colla stesa direttamente sulla tela di rifodero e nel contempo alcune zone di pittura originale consunte da una probabile pulitura hanno subito una ridipintura con colori a olio sul cielo, sulle montagne, sul fiume e sul ponte che è riemerso dopo la pulitura. E’ stato deciso di mantenere questo ampliamento ottocentesco, che è ormai testimonianza della storia di questo dipinto.

L’intervento di restauro si è articolato in varie fasi: rimozione delle ridipinture sullo sfondo mare e cielo, dei ritocchi sugli incarnati e sulla veste e alleggerimento della vernice superficiale, pulitura della tela inchiodata e ingessata sullo spessore del telaio, ritrovamento dei chiodi della foderatura ed estrazione di tutti i chiodi per permettere la rimozione del dipinto dal telaio fisso, consolidamento della pellicola pittorica e della preparazione, e successiva spianatura delle cimose, consolidamento del rifacimento ottocentesco, montaggio del dipinto sul nuovo telaio in legno di pioppo con sistema di espansioni a forcella, stuccatura delle mancanze e dei bordi perimetrali fra originale e rifacimento, reintegrazione pittorica delle immagini.

L’intervento, durato oltre un anno, è stato realizzato dal restauratore Daniele Rossi con Gloria Verniani e tutto il suo staff.

 

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