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“Fuori dai teatri”, la storia del teatro sperimentale a Pontedera, nel documentario di Rä di Martino

Il film sarà presentato sabato 13 novembre al cinema La Compagnia di Firenze, da “Lo Schermo dell’Arte Film Festival”, alla presenza degli attori Anna Bellato e Lino Musella.

Documentario Fuori dai teatri

La definizione “mutamenti sociali” non è mai stata più appropriata, oggi che siamo costretti a periodi di isolamento, al “distanziamento sociale”, a stare ognuno per conto nostro a vedere film e spettacoli online, al riparo dietro lo schermo dei nostri dispositivi, condizione che rimarrà purtroppo probabilmente incisa nelle consuetudini dei comportamenti, individuali e collettivi. Basta infatti guardarsi indietro, andando a ritroso di pochi decenni, per constatare quanto eravamo diversi e quanto i nostri modi di vivere siano mutati.

Lo descrive bene il documentario dell’artista e regista romana Rä di Martino, Fuori dai teatri, nel quale il teatro diventa una cartina di tornasole per comprendere una società, che nel periodo descritto – la fine degli anni ’60 del secolo scorso e gli anni ’70 – aveva invece come parole d’ordine socializzare, aprirsi, esprimersi, comunicare, cercare un contatto fisico e trovare un senso dalle interazioni con gli altri.

Il documentario ripercorre la nascita, nel 1974, del Centro per la sperimentazione e la ricerca teatrale di Pontedera: un’esperienza che ha proiettato la piccola cittadina toscana, della provincia di Pisa, in una dimensione internazionale, in osmosi con esperienze e correnti di teatro d’avanguardia che scorrevano sotterranee tra Stati Uniti, Europa e Italia.
“Mi chiamo Dario e sono il più anziano del gruppo. Nel 1968, insieme ad altri compagni, abbiamo chiesto una stanza al Comune e abbiamo iniziato così a lavorare con il metodo teatrale di Stanislawski”. Queste le parole di una delle prime testimonianze nel documentario Fuori dai teatri, realizzata in bianco e nero, pronunciate da uno dei fondatori di quello che, all’inizio, era stato chiamato il “Piccolo teatro di Pontedera”, il primo nucleo di quello che poi sarebbe divantato il Centro di sperimentazione e ricerca di Pontedera.

Siamo negli anni delle contestazioni giovanili, delle proteste di piazza di studenti e operai, degli scontri violenti e anche della strategia della tensione. Si protestava contro le guerre, per una società più giusta e equa, si inseguivano utopie politiche, si lottava per il Femminismo. In Europa era arrivata l’onda lunga delle proteste americane contro la guerra in Vietnam, con la nascita dei movimenti pacifisti. Scardinare modelli e sistemi politici era anche compito degli artisti, e anche nel teatro alcune esperienze andarono a rivoluzionare tutto: l’idea di palcoscenico, di recitazione, di pubblico. Uno dei principali punti riferimento del periodo era l’esperienza americana del Living Theatre – attiva dal secondo dopoguerra, ma che era approdata, in una sorta di “nomadismo” artistico, in Europa proprio alle fine degli anni ’60 – insieme al teatro di Bob Wilson. Negli stessi anni in Europa nascevano alcuni laboratori teatrali altrettanto rivoluzionari e dirompenti, come  il teatro di Jerzy Grotowski in Polonia, di Eugenio Barba in Danimaca, fondatore dell’Odin Teatret e qualche anno dopo il TanzTheater di Pina Bausch.

Cosa c’entrava Pontedera in tutto questo? C’entrava molto, eccome. Perché è proprio a questi esempi “rivoluzionari” che nella cittadina operaia di Pontedera alcune persone iniziarono ad ispirarsi: un imprenditore, un artigiano, altri impiegati, operai e persone comuni. Con la fondazione, nel 74, del Centro per la sperimentazione e la ricerca teatrale, la vita culturale di Pontedera era esplosa: si susseguivano rappresentazioni e il confronto con i protagonisti della scena teatrale, che proprio nella città pisana venivano inviati, come Dario Fo, Bob Wilson e lo stesso regista polacco, che a Pontederà metterà poi radici, fondando, nel 1986, il Workcenter of Jerzy Grotowski.

“Il teatro era nelle strade, nei manicomi, nelle carceri, è li che sono nate esperienze teatrali che poi sono diventate molto importanti”, racconta un’altra testimonianza del documentario. Gesti, danze, acrobazie, performance, vocalizzi e canti, improvvisazione e disciplina, interazione con le persone, nelle vie e nelle piazze, dove i palazzi e le strade diventavano una scenografia naturale: il teatro era tutto questo negli anni ’70. Ci si relazionava con il pubblico in un modo del tutto nuovo, chiamandolo ad essere parte della stessa rappresentazione, e non più fruitore inerme. Gli spettacoli teatrali erano riti collettivi e partecipativi, happening dei quali il pubblico era chiamato ad essere protagonista. Esperienze che hanno segnato profondamente la vita culturale italiana e la nascita di nuovi gruppi delle avanguardie teatrali che arrivarono in seguito, dalla fine degli anni ’70 in poi, tra cui i Magazzini Criminali, Falso Movimento, La Gaia scienza, solo per citarne alcuni. Poi, nel 1999, il Centro di sperimentazione e ricerca teatrale è diventato Fondazione Pontedera Teatro, ente che ha contribuito alla nascita del Teatro della Toscana.

Nel film le narrazioni sono quelle dei protagonisti e fondatori del Centro di Pontedera, Carla Pollastrelli, Roberto Bacci e Luca Dini, voci reinterpretate dagli attori Lino Musella e Anna Bellato con la tecnica verbatim, che consiste nel recitare live le parole delle interviste, mentre vengono ascoltate con degli auricolari. Le testimonianze di oggi si alternano a immagini di repertorio in bianco e nero, degli spettacoli e dei training attoriali.

Il documentario Fuori dai teatri, dell’artista che ha esposto nei principali musei e gallerie del mondo e che ha presentato film ai festival internazionali, come quelli di Venezia e Lorarno, Rä di Martino, sarà proiettato sabato 13 novembre, al cinema La Compagnia di Firenze (ore 21.00), presentato da Lo Schermo dell’Arte Film Festival, alla presenza degli attori Anna Bellato e Lino Musella. Info: www.schermodellarte.org

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