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Guardare gli altri che controllano il cellulare è “contagioso”: si resiste al massimo 30 secondi

È la mimica spontanea, come con una risata, ma invece di unire allontana le persone. La ricerca dell’Università di Pisa  studia l’uso degli smartphone per la prima volta con un approccio etologico

SMARTPHONE

Occhi sullo schermo, testa china e  dita che scorrono sul touchscreen in modo compulsivo. È l’alienazione di massa, antipatica, anche pericolosa, ma condivisa da tutti. Le interazioni personali sono sempre più prossime allo zero, figuriamo adesso che il distanziamento sociale è legge. Oggi la scienza spiega anche che non solo ci viene automatico controllare ogni pochi minuti il cellulare, ma guardare lo smartphone è un gesto altamente contagioso che rientra nei “fenomeni di mimica spontanea”: l’imitazione del comportamento altrui si manifesta entro 30 secondi senza alcuna differenza tra il genere o l’età delle persone e neppure la familiarità. Basta guardare qualcuno, estraneo o viso familiare, che prenda il cellulare per essere istintivamente portati a fare lo stesso.

Come una risata, ma l’effetto è opposto: allontana le persone

Una meccanica comune, come lo sbadiglio per intendersi o una risata contagiosa.  È questo che emerge da uno studio pubblicato sul Journal of Ethology e condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Pisa, il primo che abbia mai applicato un approccio etologico all’uso dei telefonini. Ma se per lo sbadiglio o la risata il risultato è pressoché innocuo, l’uso eccessivo del cellulare comporta alienazione anche quando si è in compagnia.

“La mimica spontanea è un fenomeno biologico che accresce la familiarità tra i soggetti avendo un ruolo nello sviluppo delle relazioni sociali – spiega la Veronica Maglieri dottoranda dell’Università di Pisa – Ma in questo caso, la mimica sembra produrre un risultato opposto, poiché attivando la nostra necessità di usare il cellulare anche quando siamo in compagnia, ci allontaniamo dalla realtà che stiamo vivendo, e veniamo traghettati verso una realtà completamente virtuale anche se siamo circondati da persone fisiche”.

La ricerca si è svolta osservando da lontano ignare persone 

Per realizzare lo studio, il team composto dai docenti Elisabetta Palagi e Dimitri Giunchi, la dottoranda Veronica Maglieri e lo studente magistrale Marco Germain Riccobono, ha osservato gruppi persone ignare  controllando il loro comportamento dopo essere stati esposti a due diversi stimoli. In un caso gli sperimentatori prendevano il loro smartphone e lo manipolavano per almeno 5 secondi guardando direttamente lo schermo illuminato. Nell’altro eseguivano esattamente le stesse azioni, fatta eccezione per lo sguardo che non era diretto verso lo schermo illuminato, ma altrove. Il risultato è stato che nel primo caso, con un’altissima frequenza, le persone prendevano i loro smartphone e si mettevano a guardarli entro 30 secondi. Secondo i ricercatori la molla che fa scattare il contagio è lo sguardo e quindi l’attenzione, mentre la mera manipolazione del telefonino non è sufficiente a evocare un fenomeno di mimica spontanea.

“Oggi il 44.81% della popolazione mondiale, circa 3.5 miliardi di persone, possiede e usa regolarmente uno smartphone, se da un lato la funzione di questi device è di connettere le persone dall’altro il loro uso può aumentare l’isolamento sociale – conclude la professoressa Elisabetta Palagi – comprendere i meccanismi etologici alla base di questi fenomeni può quindi aiutare a capire come i differenti contesti sociali influenzino i comportamenti individuali e favoriscano situazioni di dipendenza e distacco dalla realtà”.

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