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I Perturbazione in concerto a Prato cantano l’amore e la fine dell’amore

Domenica 6 Settembre la band piemontese live a Officina Giovani. Ecco la nostra intervista a Tommaso Cerasuolo

Perturbazione

I Perturbazione sono una delle più longeve band italiane, nascono nel 1988 e da sempre compongono canzoni pop ma fuori dai canoni del ‘pop’ per come lo si intende in Italia. I loro pezzi sono sempre orecchiabili, ma con qualche elemento di “stortura” che li rende diversi. Producono artigianalmente e con molta cura un rock mai banale che stupisce e meraviglia per la profondità dei contenuti. Hanno un talento unico nel raccontare sentimenti e squarci di vita quotidiana.
Cresciuti da una parte con la tradizione rock alternativa (R.E.M., Smiths, Cure, Fugazi etc.) e dall’altra ascoltando le grandi firme della canzone d’autore italiana (da Sergio Endrigo ad Adriano Celentano), dopo 4 anni e 5 album la band piemontese ha pubblicato il nuovo concept album dal titolo “(Dis)amore”, dato alle stampe nel mese di maggio 2020. Domenica 6 settembre saranno in concerto a Officina Giovani a Prato all’interno del festival estivo ‘Settembre Prato è Spettacolo’.

Ecco la nostra intervista al cantante Tommaso Cerasuolo.

Prima di tutto vorrei confessarti che ogni agosto io mi riascolto il vostro pezzo, è una tradizione ormai

Per noi è una delle canzoni più importanti. Le canzoni sono queste creature elastiche, si adattano al tempo, mutano con noi e ne scopriamo sempre nuovi significati, sia perché le scrive che per chi le ascolta. Ovviamente non ci aspettavamo tutto questo, pensavamo che di agosti freddi metaforicamente ne avessimo già vissuti tanti.

Qualche settimana fa intervistando Paolo Benvegnù mi ha detto che secondo lui dovevate vincere voi il Premio Tenco per il vostro ultimo disco (Dis)amore

Che carino! É un mondo dove per fortuna ognuno è libero di esprimere la propria opinione. A noi ha fatto molto piacere la candidatura, al di là di chi ha vinto. L’abbiamo vista come la segnalazione di un’attenzione che quel mondo riesce ancora a focalizzare sul fatto che quello che chiamiamo cantautorato non abbia per forza a che fare con suoni acustici o avere la barba e dire cose impegnate. Un cantautore in Italia lo associamo a questa idea un po’ romantica anni ’70, testi sociali e politici che esprime con una chitarra, da solo. In realtà il cantautorato ha a che fare con la ‘sartoria’ che non è prét-a-porter. Nel senso che non è come un vestito che compri in un negozio e ti metti addosso, te lo devi cucire tu, devi avere l’abilità di capire che cosa ti sta meglio, perchè non puoi portare tutto, tu sei fatto per un vestito preciso. Le nostre grandi voci si sono modellate sul fatto di scriversi le canzoni addosso e inventarsi la giusta lingua. Per esempio Battiato, Guccini, Lindo Ferretti sono tutti timbri particolari a cui nessuno avrebbe detto ‘tu devi cantare nella vita’. Tanta parte della comunicazione intorno alla musica in Italia ruota attorno al fatto che le categorie di interpreti e gli autori sono divisi in due caste. Oggi si insegna ai ragazzi che tutto quello che conta è una specie di personalità e un timbro, una voce, ma non è quello scrivere canzoni. Anche un team di autori e interpreti deve lavorare su ossessioni, punti di forza e debolezze.

A proposito di talent e ‘collocazione discografica’, oggi si legge spesso che sarebbe finita l’epoca del disco fatto e finito. Oggi la musica è liquida, passa tutto da piattaforme come Spotify e quindi anche i giovani musicisti devono piegarsi alle logiche del mercato (?) e proporre un singolo al mese. Si sposta cioè l’attenzione dal disco nella sua complessità. Poi arrivate voi Perturbazione che uscite con un disco con 23 canzoni, francamente amo questo vostro approccio ‘old style’

É un po’ una gara verso il basso. Tanti mezzi di comunicazione corrono a inseguire i social, ma dovrebbe essere il contrario. Sono diventati una specie di Leviatano che si mangia mano a mano i contenuti. Quando ascolto la radio, anche la Rai, la tendenza è andare su video, invitare a interagire coi social. É come avere sotto il culo una locomotiva potentissima e dire a tutti ‘andate sul monopattino’. Cioè tu sei la radio, sei una cosa potentissima, c’è solo un tasto, non bisogna fare nulla, schiacci ‘on’ e stai viaggiando in tempo reale. É più potente di tutte queste stronzate di cui ci circondiamo. I social possono essere ciliegine sulla torta ma tu non ti devi mai dimenticare cos’è la torta. La stessa cosa vale per i dischi, devi raccontare le cose tue, nella forma che ti viene più consona. Per noi che siamo cresciuti coi dischi rimane il racconto, non solo una raccolta di canzoni. Meglio non inseguire le mode, se poi ci incappi dentro non fa male avere successo, se ti capita, ma non credo che uno debba scrivere inseguendolo.

Veniamo al vostro ultimo disco (Dis)amore, mai come adesso post-Covid è difficile innamorarsi, o anche solo conoscere qualcuno e fidarsi al 100%, oppure è sempre stato difficile, che ne pensi?

Ogni epoca ha le sue difficoltà, non credo che rifugiarsi nella confortante idea che il tempo attuale ci sia contro giustifichi le nostre solitudini. É una battaglia per ciascuno riuscire a ‘mettersi al mondo’ e accettarne tutte le crudeltà ma anche le tenerezze. Se stiamo chiusi in casa ovviamente ci specchiamo solo e sempre con noi stessi, è il problema delle cose fatte online. I miei genitori sono nati tra il ’38 e il ’40 lo sapevano che sarebbe scoppiata la guerra e che mio nonno sarebbe stato prigioniero in Russia? Chi lo poteva prevedere, poteva sembrare un tempo cupo e con oscuri presagi questo non gli ha impedito di sposarsi e fare figli. L’amore è fatto per una buona parte di fortuna, di chimica e di quello che desideriamo. É ovvio che stando al mondo e girandoci dentro non troppo impauriti è molto più facile incontrare qualcuno, chiusi è un po’ più complicato.

Quindi secondo te come in tutte le cose anche in amore serve un po’ di coraggio

Sì e ci vuole anche nel dis-amore. Una relazione è fatta per cambiare e non essere mai come il giorno prima. Un tempo che rincorre la costante mitizzazione del ‘com’era bello prima’, ‘le cose torneranno’ e ‘questa è una ripartenza’ sono tutte parole ingannevoli. Quello che dovrebbe dirti l’onestà è che le cose non saranno più comunque come prima anche se scoprissimo il vaccino. Funziona così anche nelle relazioni, il giorno che ti innamori non puoi più nasconderti.

Una relazione è fatta di slanci ma anche di tantissima pazienza, attese, assenze, tutte cose con le quali fatichiamo a coesistere in un’epoca in cui appena ci annoiamo ci giriamo verso uno schermo

L’amore è una malattia da cui nessuno è immune, potremmo dire

I luoghi comuni vogliono che quando ci innamoriamo sia tutto bello e quando ci disinnamoriamo sia tutto brutto, non è così. Il ruolo del colpo di fulmine, della casualità esiste nell’amore come nel disamore.

Alla fine tutti desiderano essere visti ed essere amati per quello che sono, ma oggi che abbiamo mille modi per comunicare e tenerci in contatto, sembra paradossalmente più difficile costruire relazioni che vadano al di là del semplice sesso

Una relazione è fatta di slanci ma anche di tantissima pazienza, attese, assenze, tutte cose con le quali fatichiamo a coesistere in un’epoca in cui appena ci annoiamo ci giriamo verso uno schermo. Non penso che ci faccia molto bene, tendiamo a non saper più gestire bene la solitudine. L’amore pur essendo un qualcosa in cui ci si dona è fatto anche di tempi in cui non si è insieme, ci si sente soli, è complicato. Venendo al disco a noi piace l’idea che le canzoni o anche altri linguaggi artistici possano aiutarti ad avere delle chiavi per avere un vocabolario e un immaginario emotivo più ricco. Questa per noi è una missione che dovrebbe esserci sempre sotto traccia, ecco perchè diffidiamo di canzoni che raccontano che gli innamorati sono tutti giovani e belli. Ci si innamora a tante età diverse, in modi strani. Gli innamorati sembrano tutti un po’ instupiditi, hanno un codice tutto loro, che forse gli altri sentono come qualcosa che è bellissimo ma potrebbe farli sprofondare. Spesso infatti sprofondano.

In che senso?

Mi riferisco ai maschi italiani che sono stati allevati in casa a uno scarsissimo esercizio di profondità emotiva, di pazienza e di rispetto della donna e della vita in generale, dei valori che sono parte del maturare. Appena gli viene sottratto l’oggetto del desiderio invece di apprendere una lezione, si accaniscono violentemente su questa persona che appunto è diventata un ‘oggetto’. Questa mentalità è figlia di una cultura che ti insegna che disinnamorarsi è una cosa orrenda che non deve capitare, quante canzoni abbiamo ascoltato su questo?

Mi viene in mente adesso una canzone molto famosa che dice ‘Sei come la mia moto, sei proprio come lei’…

A noi piace l’idea che la musica sia in equilibrio costante tra il potere consolatorio e un potere evocativo, emotivo ed empatico. Ascoltare musica, leggere libri, è una cosa che non solo dovrebbe tenerci compagnia e intrattenerci ma anche rifletterci, farci pensare.

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