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Le sale restaurate della stazione di Montecatini Terme aprono al pubblico per la prima volta: gioiello di Angiolo Mazzoni

Esempio illustre di architettura moderna, le tre sale sono state al centro di un minuzioso lavoro di restauro iniziato nel 2016. Abbiamo intervistato Eugenia Valacchi che ha seguito i lavori per conto della Soprintendenza: “Volevamo ricreare gli arredi originali, magari anche con gli stessi materiali e le stesse cromie”

Una delle sale restaurate - © Fai - Fondo ambiente italiano

Tornano nel week end le giornate Fai di primavera. Sono oltre 600 le aperture in tutta Italia, tra queste tornano visitabili, per la prima volta in esclusiva proprio in occasione dell’iniziativa del Fondo Ambiente Italiano, le sale d’aspetto della stazione di Montecatini Terme progettate e realizzate negli anni Trenta da Angiolo Mazzoni, uno dei più grandi ingegneri e progettisti della prima metà del XX secolo , che alle stazioni e agli edifici ferroviari dedicò gran parte della sua attività. E sono proprio i plessi ferroviari a testimoniarci oggi i tratti più salienti dell’architettura mazzoniana: “impianto razionale del fabbricato viaggiatori, linee curve e dinamiche nell’atrio e nella sala d’aspetto, tettoie arrotondate” (fonte: Sistema Archivistico Nazionale).

Le sale della stazione di Montecatini Terme, tre in totale di prima, seconda e terza classe sono rimaste chiuse a lungo. Un lascito illustre della corrente architettonica degli anni Venti e Trenta italiana e toscana che fino al restauro concluso recentemente e portato avanti da Rfi e dalla Soprintendenza Archeologica non era possibile visitare.

Dal 2016 però le sale sono oggetto di un minuzioso lavoro di restauro e la loro custodia e valorizzazione è stata affidata alla Fondazione FS che ha promosso l’apertura delle stesse nel week end del Fai.

“Non è usuale che l’architettura moderna sia inserita tra i luoghi del Fai, anche per questo questa apertura è di particolare rilevanza perché rivendica all’architettura contemporanea la sua dignità, e in Toscana e in Italia abbiamo dei veri e propri gioielli da scoprire”. Eugenia Valacchi ha curato per conto della Soprintendenza il restauro delle sale della stazione di Montecatini, lo ha fatto con l’obiettivo di non tradire l’intento e il progetto originale del Mazzoni grazie al materiale fotografico a disposizione ma soprattutto grazie alla disponibilità dei disegni esecutivi originali, realizzati dallo stesso Mazzoni, e conservati al Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto dove è presenta una sezione dedicata proprio all’architetto.

Noi di Intoscana l’abbiamo intervistata cercando di carpire i segreti del restauro delle sale

Quando è nata l’idea di restaurare le sale d’aspetto della stazione?

L’occasione fu l’adeguamento funzionale dei marciapiedi della stazione nel 2016 da parte di RFI. Poiché il complesso ferroviario aveva un vincolo architettonico fu coinvolta la Soprintendenza e il collega che prima di me si occupò del progetto, Valerio Tesi, propose e suggerì di avviare il restauro anche delle sale. Idea sposata e apprezzata da RFI che affidó l’incarico e la direzione dei lavori alla Soprintendenza, sotto la guida di Valerio prima e poi mia a partire dal 2018.

Come si presentavano le sale?

Degli elementi originari restava ben poco, la sala di terza classe era quella che si era conservata meglio, le altre due versavano in pessime condizioni però dalla nostra avevamo fotografie d’epoca e i disegni del Mazzoni. Abbiamo fatto tante ricerche sia al Mart di Rovereto che nell’archivio della fondazione FS a Roma. Volevamo ricreare gli arredi originali, magari anche con gli stessi materiali e le stesse cromie.

Volevamo ricreare gli arredi originali, magari anche con gli stessi materiali e le stesse cromie

Ci siete riusciti? A ritrovare i materiali originali intendo..

Alcuni materiali non erano proprio più reperibili, come la monzonite. La monzonite è un materiale calcareo che viene dal Trentino, allora era in commercio, oggi non più perché le cave dove veniva estratto sono chiuse.
Quindi mi sono chiesta se fosse meglio un materiale alternativo con una chimica simile oppure un materiale chimicamente diverso ma con una cromatura simile.
Mi sono fatta mandare e ho esaminato più di dodici campioni, non ero mai soddisfatta. Alla fine ho scelto una pietra tipo porfido che si avvicina al cromatismo originale perché così ritengo sia snaturato meno il progetto manzoniano: l’effetto ottico è molto veritiero e la pietra scelta proviene da cave dolomitiche, quindi in qualche modo siamo riusciti anche a rispettare la provenienza geografica del materiale usato originariamente da Mazzoni.

Il vostro è stato un lavoro di riproduzione dell’originale molto minuzioso

Si, come diceva Cesare Brandi (storico dell’arte e direttore, per un lungo periodo, dell’Istituto Centrale del Restauro, ndr) il restauro è un atto progettuale.
È lecito domandarsi, ed è di fatto la grande domanda sospesa nel campo del restauro, come sia possibile ricreare fedelmente qualcosa che non esiste più e addirittura se sia lecito farlo.
Gli arredi originali della stazione di Montecatini Terme erano andati distrutti per incuria, per trascuratezza. Sarebbe stato diverso se quegli arredi fossero stati trasformati nell’evoluzione della stazione, in questo caso avremmo dovuto rispettare il nuovo volto storicizzato della stazione. Nel nostro caso invece ci siamo sentiti legittimati a riproporre e ricreare ciò che era andato perso. A volte ci vuole una certa dose di coraggio, compensandolo però con lo studio e con la consapevolezza storica dell’autore e delle sue intenzioni.

A questo link è possibile prenotare la visita alle sale restaurate nelle giornate Fai di Primavera

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