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“Leonora addio”, il nuovo film di Paolo Taviani in concorso alla Berlinale

La prima opera realizzata dal regista toscano senza la collaborazione del fratello Vittorio rappresenta il cinema italiano in concorso al Festival di Berlino 2022

Paolo Taviani

Uno dei più grandi registi viventi, Paolo Taviani, torna alla regia

Fotografato in una posa austera, con una luce bianca puntata sulla figura, che si staglia sullo sfondo nero, per il lancio del suo nuovo film, Paolo Taviani parla già al suo pubblico. Il suo viso è sfrontato, deciso e coraggioso, adesso che deve affrontare tutto – la vita, il cinema e anche una pandemia, alla veneranda età di novantuno anni – da solo, senza il fratello Vittorio, con il quale ha condiviso tutto quanto fino al 2018, anno della sua morte: gli affetti, le passioni civili e politiche, una filmografia sterminata, la Palma d’Oro a Cannes per Padre padrone, il Leone d’oro alla carriera, L’orso d’oro a Berlino per Cesare deve morire, tanti David di Donatello e Nastri d’Argento e una miriade di altri prestigiosi premi. Ma è una presenza, quella di Vittorio, che è rimasta nel cuore, nei ricordi e nel suo cinema e che proprio in quello sfondo nero sembra apparire, posando il suo sguardo benevolo sul fratello e porgendo il suo sorriso beffardo agli spettatori, come era nel suo stile.

Dopo aver firmato da solo il film Una questione privata – sceneggiato insieme a Vittorio – ispirato al romanzo di Beppe Fenoglio, il regista toscano Paolo Taviani ha trovato l’ispirazione, la forza e il coraggio di tornare alla regia, e presenterà al festival di Berlino (10 – 20 febbraio prossimi) il suo nuovo film Leonora addio, unico film italiano in concorso.

Il film “Leonora addio”, quando il grottesco della realtà supera la fantasia

Il film, che prende il titolo da una delle novelle di Luigi Pirandello, in realtà racconta una realtà che con il novellare non ha niente a che fare: Leonora Addio racconta le incredibili vicissitudini delle ceneri del noto scrittore siciliano, del viaggio dell’urna da Roma ad Agrigento, fino alla tribolata sepoltura avvenuta dopo quindici anni dalla morte. E a chiudere il film, l’ultimo racconto di Pirandello, scritto venti giorni prima di morire, Il chiodo, dove il giovane Bastianeddu, strappato in Sicilia dalle braccia della madre e costretto a seguire il padre al di là dell’Oceano, non riesce a sanare la ferita che lo spinge a un gesto insensato.

«Il grottesco delle ceneri sballottate dal caso e dalla stupidità umana pare uscito dalla stessa penna di Pirandello: il paradosso, il ridicolo che scivolano nell’assurdo. Come assurdo è il furore tragico di “Il chiodo”, la seconda storia del film ispirata a Pirandello da un fatto di cronaca a Brooklyn: ‘bambina uccisa da un ragazzo italiano’. Qui la verità della cronaca si fonderà con un’altra verità, quella del film». Ha dichiarato Paolo Taviani.

Luigi Pirandello, morto a Roma il 10 dicembre 1936, nel suo testamento aveva lasciato le seguenti disposizioni: «Sia lasciata passare in silenzio la mia morte. Agli amici, ai nemici preghiera non che di parlarne sui giornali, ma di non farne pur cenno. Né annunzi né partecipazioni. Morto, non mi si vesta. Mi s’avvolga, nudo, in un lenzuolo. E niente fiori sul letto e nessun cero acceso. Carro d’infima classe, quello dei poveri. Nudo. E nessuno m’accompagni, né parenti, né amici. Il carro, il cavallo, il cocchiere e basta. Bruciatemi. E il mio corpo appena arso, sia lasciato disperdere; perché niente, neppure la cenere, vorrei avanzasse di me. Ma se questo non si può fare sia l’urna cineraria portata in Sicilia e murata in qualche rozza pietra nella campagna di Girgenti, dove nacqui.»

Ma la cronaca – e il film Leonora addio, girato in Sicilia e negli studi di Cinecittà e interpretato da Fabrizio Ferracane, Matteo Pittiruti, Dania Marino, Dora Becker e dal pistoiese Claudio Bigagli  – ci raccontano che le cose non andarono esattamente così.

Il nuovo film di Paolo Taviani è l’unica pellicola in concorso alla Berlinale 2022

«La vivacità e la capacità di mettersi in gioco di un grande regista come Paolo Taviani, che ha accettato in un momento così incerto di gareggiare con la sua ultima opera, infonde coraggio e speranza per il nostro cinema. Il suo sentimento e le sue riflessioni riescono a generare un racconto denso di chiaroscuri, di illuminazioni e zone d’ombra come solo i Maestri sanno fare. Con Paolo Taviani condividiamo dei ricordi indelebili, quando nel 2012 “Cesare deve morire” vinse l’Orso d’Oro fu una gioia grandissima e un motivo di orgoglio essere riusciti a riportare l’attenzione sulla cinematografia italiana, dopo tanti anni di assenza dai palmares del Festival di Berlino. Partecipare al Concorso rinnova quelle emozioni e l’augurio che, in questo periodo buio, l’entusiasmo e l’energia positiva di Paolo Taviani contribuiscano a tenere viva la forza del cinema», ha affermato Paolo Del Brocco, amministratore delegato di Rai Cinema.

«Sono molto felice ed orgogliosa di aver prodotto Leonora addio. È un film particolare, diverso da tutto. Nasce da una visione coraggiosa, per l’uso della iconografia cinematografica, per il continuo confrontarsi del regista con il cinema da lui amato e con il suo passato. Paolo Taviani affronta una forma narrativa spericolata, col cuore puro del regista, con l’entusiasmo di un ragazzo, con la sapienza di un grande Maestro del Cinema». Dichiara la produttrice Donatella Palermo, già produttrice di Cesare deve morire, Maraviglioso Boccaccio, Una questione privata.

Leonora Addio, dopo la presentazione al festival di Berlino, uscirà nelle sale italiane il 17 febbraio, distribuito da 01 Distribution.

E a pochi giorni dalla partenza per la capitale della Germania, Paolo Taviani esprime tutta la sua soddisfazione, che infonde coraggio al suo pubblico: «È proprio una bella notizia che il Festival di Berlino si farà in presenza. Sì, è una bella sfida ai virus che ci perseguitano. È il cinema che combatte e Berlino è un Festival che non si scoraggia e cerca sempre il nuovo del cinema nel mondo. Buona fortuna allora al Direttore Carlo Chatrian e ai suoi collaboratori. E a tutti noi!»

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