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Intervista a Maximiliano Ulivieri: ‘sogno un’invasione di corpi diversi’

Intervista al portavoce italiano dell’OEAS l’Operatore all’Emotività, all’Affettività e alla Sessualità per le persone con disabilità

Max Ulivieri

Maximiliano Ulivieri è nato e cresciuto in Toscana, dal 2010 si è trasferito a Bologna con sua moglie con cui è sposato dal 2008. Affetto da una forma rara della malattia di Charcot-Marie-Tooth (CMT1A) che gli rende difficile i movimenti non si è mai arreso. Appassionato di tecnologia, ha studiato web design e ha creato blog/contenitori di utilità per i disabili e non solo. Uno di questi è dedicato al turismo accessibile (diversamenteagibile.it) con reportage sulle strutture attrezzate per tutti i viaggiatori. La sua ultima creazione è loveability.it che tratta di amore e sessualità nella disabilità. Maximiliano è portavoce dell’istituzione della figura dell’assistente sessuale per i disabili ovvero l’OEAS, l’Operatore all’Emotività, all’Affettività e alla Sessualità che ha lanciato per la prima volta in Italia attraverso il comitato LoveGiver e che attualmente opera in Emilia Romagna con il patrocinio della Regione. Nel marzo del 2018 ha tenuto il suo primo TEDx dal titolo ‘Io posso essere una risorsa per il Paese’? Il suo motto è “Do not be afraid to fail”, ecco la nostra intervista.

Ciao Maximiliano! Sei nato a Piombino, com’è stato crescere nella provincia toscana?
Volendo essere pignoli sono nato a Campiglia Marittima. Non è tanto il problema della provincia toscana quanto il periodo. Quando sono cresciuto ho avuto difficoltà non legate al territorio, ma alla mia condizione fisica, in particolare all’assenza di una carrozzina elettrica che mi desse un po’ di autonomia. La prima l’ho avuta a 18 anni. Vivevo in una casa che aveva l’ascensore piccolo, scale, praticamente mia madre mi portava sempre in braccio, non ho avuto mezzi di trasporto indipendenti fino ai 18 anni.

Spiegaci, se ti va, qual è la tua malattia
Quando ero piccolo mi hanno detto che avevo l’atrofia muscolare, una malattia genetica che colpisce i muscoli. Ma in realtà ho scoperto che non era proprio così solo pochi anni fa. Per motivazioni familiari ho voluto indagare meglio, perché a tutti convegni a cui andavo dicevano sempre che non appartenevo alla loro ‘razza’, per il modo in cui il mio corpo era composto e si muoveva. Allora ho rifatto tutte le analisi e una biopsia alla gamba e ho scoperto che ho sempre una malattia genetica, è la malattia di Charcot-Marie-Tooth (CMT1A) che è sempre ereditaria. In realtà non è gravissima o meglio crea dei problemi ma non quanti ne ha creati a me, sono abbastanza raro, su di me si è accanita particolarmente. È una patologia che colpisce i muscoli e per induzione i nervi. All’età di due anni una gamba ho iniziato ad allungarla con difficoltà, non riuscivo più a camminare. Fino ai 18 anni il mio corpo era abbastanza normale, ma piano piano i muscoli hanno ‘mollato’, la schiena si è incurvata, insomma sono tutto storto. Però l’unica cosa buona è che dai vent’anni in poi non sono peggiorato, mi sono stabilizzato nella mia ‘stortaggine’ e così sono rimasto.

Tu dici spesso che sei un ‘Picasso’
È il mio modo di vedere ‘artistico’ che ha cambiato la visione del mio corpo in rapporto agli altri. In campo artistico mi sono visto più ‘oggetto desiderabile’ rispetto magari allo stereotipo della felicità che di solito vediamo comunemente. Se dovevo scegliere un artista, allora ho scelto quello più strampalato ovviamente, più eversivo, più fantasioso, fuori dagli schemi.

In che modo secondo te gli stereotipi ci condizionano e ci danneggiano?
Possono riguardare cose frivole ma anche cose importanti. Ci condizionano perché noi crediamo di avere nella testa un’idea, una verità, quando in realtà appartiene solo alle condizioni in cui abbiamo vissuto. Se tu ci pensi è abbastanza inquietante perché se tu fossi nata in qualsiasi altra parte del mondo diversa da quella in cui sei nata, probabilmente saresti una persona completamente diversa, nei gusti del cibo, nei gusti estetici, musicali, in tutto. Pensa se fossi nata nella giungla, in Amazzonia, oppure in Giappone, o fossi nata come eschimese, saresti completamente diversa. Se ti rendi conto che quello che sei dipende solo da dove sei nato, vuol dire che non esiste una verità assoluta. Siamo condizionati da quello che ci viene propinato fin da quando siamo bambini. Poi ci sono persone che magari se ne rendono conto e hanno voglia di scoprire il mondo viaggiando o leggendo ed altre che sono passive e assorbono tutto quello che i media e la cultura del paese gli danno e credono che quella sia la verità, la cosa giusta, la cosa migliore. È un po’ difficile dirlo quando non hai provato tutte le altre.

Nel tuo TEDx del maggio del 2018 che io ho adorato, parti da una domanda davvero interessante cioè ‘Io posso essere una risorsa per il mio paese?’. Secondo me è posta bene perché parte da una considerazione di tipo economico, proprio terra terra diciamo
Se ti ricordi bene l’aspetto economico è una delle risorse del paese, non c’è solo quella. La risorsa di un paese è anche quella che ti fa cambiare il modo di pensare, di vivere la realtà. Io ho citato alcune situazioni in cui puoi essere una risorsa: artistica, di pensiero, sportiva. Nel mio caso non penso di far migliorare l’economia del paese ma mi ritengo una risorsa come forma di pensiero, come cambiamento culturale di una visione delle cose.

Sei un vulcano di iniziative, negli ultimi dieci anni hai fatto di tutto, fino ad arrivare all’introduzione per la prima volta in Italia della figura dell’OEAS, ovvero l’Operatore all’Emotività, all’Affettività e alla Sessualità per le persone con disabilità, lanciato anche grazie alla piattaforma LoveGiver. Spiegaci un po’ cosa fa questa figura professionale
Credo che la definizione migliore sia quella che è riportata nel sito. L’assistenza alla sessualità a persone con Disabilità rappresenta un concetto che racchiude allo stesso tempo “rispetto” e “educazione”, che solo per un paese civile può rappresentare la massima espressione del “diritto alla salute e al benessere psicofisico e sessuale”. L’assistente sessuale è un operatore professionale (uomo o donna) con orientamento bisessuale, eterosessuale o omosessuale che deve avere delle caratteristiche psicofisiche e sessuali “sane”. Attraverso la sua professionalità supporta le persone diversamente abili a sperimentare l’erotismo e la sessualità. Questo operatore, formato da un punto di vista teorico e psicocorporeo sui temi della sessualità, permette di aiutare le persone con disabilità fisico-motoria e/o psichico/cognitiva a vivere un’esperienza erotica, sensuale e/o sessuale. L’operatore definito del “benessere sessuale” ha dunque una preparazione adeguata e qualificante e non concentra esclusivamente l’attenzione sul semplice processo “meccanico” sessualità. Promuove attentamente anche l’educazione sessuo-affettiva, indirizzando al meglio le “energie” intrappolate all’interno del corpo della persona con disabilità. Uno degli obiettivi è proprio abbattere lo stereotipo che continua a essere ingombrante e che vede le persone con difficoltà e disabilità assoggettate all’“asessualità”, o comunque non idonee a vivere e sperimentare la sessualità. L’obiettivo principale è aiutare il soggetto disabile a rendersi protagonista maggiormente responsabile delle proprie relazioni sia sentimentali che sessuali, favorendo una maggiore conoscenza e consapevolezza di sé ed una più adeguata capacità di prendersi cura del proprio corpo e della propria persona. La mancanza di autostima è uno dei freni per un naturale approccio verso l’altro sesso. L’O.E.A.S. può aiutare ad accogliere e non reprimere le diverse istanze del proprio corpo, dei sensi e delle emozioni.

La cosa che mi ha colpita di più del vostro progetto è il fatto, corregimi se sbaglio, che l’obiettivo finale dell’OEAS è portare a una condizione di ‘autonomia’ la persona disabile che assiste
Sono contento che tu sottolinei questo aspetto perché l’errore in cui spesso si cade quando si discute di questo argomento è che in tanti lo vedono come fenomeno ‘ghettizzante’, dicono ‘se tu porti questa esperienza a casa di un disabile, allora non ha più motivo di uscire’. In realtà noi andiamo a casa dei disabili proprio per ‘stanarli’. L’obiettivo è dell’OEAS è proprio quello di entrare nella loro vita e poi uscire lasciando qualcosa in più rispetto a prima. Chiaramente ci sono situazioni che sono particolarmente gravi, soprattutto nell’ambito della disabilità intellettiva e lì è difficile pensare di dare più autonomia, in quel caso sono situazioni seguite per molto più tempo rispetto ad altre. Però lo scopo principe e ideale dell’OEAS è proprio dare la massima autonomia possibile alla persona disabile e cercare di fare in modo che non abbia più bisogno di questa figura.

È un progetto che va avanti da qualche anno, è già possibile fare un bilancio?
Dal 2013 in poi questo argomento è esploso, tutti ne parlano, escono fuori come funghi convegni sulla sessualità, corsi di formazione, insieme a film, documentari, corti cinematografici, servizi fotografici. Ho spalancato il vaso di Pandora!

Ma a livello di dati?
Il servizio è ancora in rodaggio, per quanto riguarda la prima parte della formazione alcuni uomini e donne sono attualmente in tirocinio all’interno di associazioni o famiglie che ci hanno richiesto questa figura. A settembre-ottobre si terrà la seconda parte del corso che riguarderà l’aspetto delle disabilità intellettive, soprattutto l’autismo che è la richiesta più numerosa, e gli operatori faranno altre 70 ore di corso e tirocinio su questa specifica disabilità.

Mi immagino che in base al tipo di disabilità cambi anche l’approccio
L’unica cosa comune che c’è in tutti gli approcci è quella di avere empatia e ascoltare, per il resto ci sono molte differenze.

Come ti sembra sia trattata la disabilità in Italia, cosa manca, cosa si potrebbe fare?
Io credo, come ho detto anche al TEDx, che la cosa più importante sia l’approccio dei media. Penso che i media, che sono quelli che formano la visione sulle cose, dovrebbero iniziare a diversificare i corpi, non usare sempre la stessa tipologia. E soprattutto non usare i corpi dei disabili solo quando c’è bisogno di raccogliere i fondi per qualche associazione. Ci vuole un’invasione di diversificazione dei corpi, voglio vedere nella pubblicità persone di colore, persone disabili, persone in carne, è quello che cambierebbe le cose. All’inizio forse le marche perderanno qualcosa, non lo so, ma se si iniziasse a utilizzare corpi diversi dai soliti le nuove generazioni si abituerebbero e quando ti abitui a qualcosa il problema diminuisce. Se tu vai in una città in cui tutte le persone camminano a testa in giù quello strano sei tu. È inutile sbattersi per cercare milioni di cose quando in realtà la cosa più semplice sarebbe quella di iniziare a pressare le grandi aziende che hanno a che fare con le televisioni e dire ‘guarda che esistiamo anche noi’. Non ci dovete prendere solo per fare pubblicità strappalacrime oppure per le storie di disabili eroi dello sport. Io sono appassionato di musica e penso di saper parlare, potrei essere preso da una trasmissione, se ci va Fedez non vedo perché non posso andarci anch’io.

Ti faccio un’ultima domanda ‘marzulliana’ a tradimento, per te che cos’è l’amore?
Di sicuro non è soltanto quello relazionale. Per me l’amore è molto di più, è tutto ciò che fai con amore. Io posso ascoltare una persona con amore, parlare a una persona con amore, abbracciare o toccare una persona con amore. Posso fare tantissime cose con amore. Quando parliamo d’amore siamo sempre legati al fattore ‘relazionale’. Spesso mi dicono ‘l’assistente sessuale non è amore’. A parte che nessuno ha mai detto il contrario, ma comunque tu stai parlando di ‘relazione d’amore’ che è un’altra cosa. Anzi forse quella dell’OEAS è proprio la forma più pura di amore, perché spesso nelle relazioni d’amore si immettono tanti meccanismi che l’amore passa quasi in secondo piano. Quando non c’è una relazione, ma tu fai certe cose solo perché vuoi che l’altra persona stia bene, per me questo è amore.

Per informazioni:
www.lovegiver.it
www.maximilianoulivieri.it

 

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