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Antonio Mazzeo: “La legge sui riders? Una battaglia di civiltà”

Intervista al presidente del Consiglio regionale della Toscana, prima a intervenire con una legge per tutelare la sicurezza di questi lavoratori

Se ci capita di rivedere 2001 Odissea nello spazio di Stanley Kubrik o Bladerunner, quello di Ridley Scott, ci sta di comprendere fino in fondo cosa volevano raccontare quella letteratura e quel cinema, quella fantascienza che altro non era che una visione filosofica del rapporto uomo macchina, dei rischi di un futuro che oggi è il presente e di una strada segnata dalla rivoluzione digitale, quella che corre più veloce di noi e che regola i nostri rapporti sociali, economici e perfino umani.

Oggi quella storia puoi trovarla sulla strada, dove c’è chi corre in bici o motorino con i classici borsoni sulle spalle. Quelli sono uomini, donne, ragazze e ragazzi. La macchina che decide il loro percorso, valuta la loro velocità, la loro produttività, si chiama algoritmo, quello che con cui siamo chiamati a confrontarci nella vita quotidiana, in un mondo a volte senza regole se non quelle scelte da lui. Una sfida piena di rischi, di vuoto di diritti, di ordini gelidi come le notti d’inverno.

Le proteste dei riders non sono una novità, ma qualcosa di giusto e inevitabile. La novità, invece, sta nel fatto che la Regione Toscana ha approvato a larga maggioranza una legge che tutela la sicurezza e detta delle regole alle imprese del lavoro digitale.
Non è caso se Antonio Mazzeo, 43 anni, ingegnere elettronico e presidente del Consiglio regionale,
ha voluto portare in fondo questa battaglia. Lui che arriva dal Sant’Anna di Pisa conosce la materia. Ed è arrivato in fondo.

“Quando arrivò la notizia di quel rider morto sulla strada a Montecatini sono arrivato in ufficio e ho detto ai miei collaboratori: ragazzi, dobbiamo fare qualcosa. Questi sono lavoratori senza diritti, né protezione E in più nessuno li ascolta. Non hanno riferimenti, dobbiamo dargli una mano”.

È stata dura superare il traguardo?
“Non è stato facile. Ma per me era fondamentale. C’era una questione di fondo: la legge sulla disciplina delle contrattazioni appartiene al governo. Da questo punto di vista noi potevamo solo inviare a Roma una proposta per regolare i contratti di questi lavoratori. Sono ottimista. Ma intanto con la legge regionale siamo riusciti a intervenire là dove ci era possibile”.

Per esempio?
“I rider, come abbiamo imparato a capire soprattutto dal lookdown, quando vagavano nella notte a sfamarci quando eravamo chiusi in casa, non conoscono le stagioni. Devono solo andare veloci per non perdere punti nel ranking. Più consegni e più lavori. Il tutto senza un abbigliamento adatto, senza protezioni. Ecco, siamo partiti da qui. Lavorare in sicurezza è la base”.

Che significa anche misurarsi con il codice della strada. La velocità del prima arrivo, più lavoro è davvero un rischio assurdo.
“Tanto più se pensi che tanti rider magari non parlano nemmeno bene la nostra lingua. Da ora in poi le aziende saranno tenute a corsi di formazione e di aggiornamento. E’ sempre bene ricordare che la formazione non è un  costo ma un investimento anche per chi fa impresa”.

Salute e e sicurezza, insomma.
“Sì, per la prima volta è stato introdotto nel mondo dei riders la figura del responsabile della sicurezza. E anche dei controlli sul rispetto di queste regole. Di fatto una grande novità”.

Tanto più in una realtà, quella italiana, dove le morti sul lavoro riempiono giornali, radio, tv.
“Siamo rimasti indietro. E continuiamo a parlare di lavoro come se fosse quello del novecento. È ora di svegliarci”.

Scusi Mazzeo, i riders in Toscana sono più o meno duemila. Questa legge, oltre a mettere i paletti in un mondo fino a ieri senza regole, ha in sé qualcosa di originale. Non è fatta per allargare il consenso ma per dare un segnale. Insomma, c’è un tratto ideale. Il che può considerarsi un’ottima cosa.
“La politica è fatta anche di consenso, ma se noi non costruiamo una visione non facciamo il nostro lavoro. Io ho in testa una mappa per arrivare alla Toscana del 2050. Per arrivare là dobbiamo costruirci la strada passo passo. La rivoluzione digitale è molto più veloce di noi. Se non la comprendiamo saremo costretti a subirla, e invece noi dobbiamo imparare a gestirla”.

Iniziando dalle basi. Salute e sicurezza. L’algoritmo è utile, ma non deve essere il nuovo padrone.
“Sì. E al tempo stesso la Toscana deve primeggiare non solo per la sua bellezza, per l’arte e il paesaggio, ma anche per la capacità di essere all’avanguardia nell’evoluzione tecnologica e nella gestione di questo presente in divenire. Un esempio semplice: connettersi dovrà essere possibile in ogni luogo della regione. Dove i privati non arrivano, ci dobbiamo pensare noi”.

Beh, intanto si comincia con la sicurezza sul lavoro. Da oggi i riders hanno fatto un passo avanti. E altri ne dovranno fare.
“Molti colleghi di altre regioni mi hanno telefonato perché vogliono seguire la strada che abbiamo indicato”

Beh, una battaglia di civiltà.
“Proprio così. Una battaglia di civiltà”.

Ma la strada è ancora lunga.
“Sì, ma la stiamo percorrendo. Io nel ’96 sono arrivato a Pisa dalla Basilicata perché lì non avevo prospettive. Se anche i miei figli dovranno fare la stessa cosa vorrà dire che abbiamo perso. Per questo lavorare sul presente della Toscana significa pensare seriamente al futuro. L’ecologia, l’innovazione, le disuguaglianze. I temi sono questi. Come dice Papa Francesco nell’ultima enciclica”.

Beh, per molti il vero riferimento dei progressisti è proprio lui.
“Beh, lo confesso: anche per me”.

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