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Un miliardo l’anno dai musei statali. Ecco la “ricetta” di Eike Schmidt

Economia e cultura, un binomio possibile. Ne è convinto il direttore degli Uffizi, Eike Schmidt, che ai microfoni di Sky TG 24 auspica una “magggiore agilità” imprenditoriale

Eike Schmidt e Chiara Ferragni davanti alla Primavera di Botticelli

“Dopo una fase di grande crescita i musei statali italiani si sono stabilizzati lo scorso anno intorno ai 55 milioni di visitatori, dei quali quasi il 10% nei musei afferenti alle Gallerie degli Uffizi”. È quanto ha dichiarato il direttore degli Uffizi, Eike Schmidt, intervenendo a Sky TG 24 sul tema dell’economia della cultura.

Lo studio della Boston Consulting

“Rendendo i musei più imprenditoriali si potrebbe generare oltre un miliardo l’anno. Siamo già sulla buona strada”

“Gli introiti sono basati soprattutto sulla bigliettazione, mentre anche altri campi potrebbero essere messi a frutto” ha spiegato. “C’è uno studio della Boston Consulting secondo cui già con le strutture esistenti si potrebbe arrivare a 600 milioni l’anno; rendendo i musei più agili e imprenditoriali si potrebbe andare ben oltre e generare oltre un miliardo l’anno. Siamo già sulla buona strada”.

Investire su e-commerce e merchandising

“A parte la bigliettazione, infatti – ha proseguito Schmidt – ci sono ancora molte aree redditizie, come avviene di altri paesi anche in Europa: penso all’e-commerce, al licensing, al merchandising, che da noi finora esiste solo in forme più modeste. Questi servizi invece non sono contemplati dalla nostra normativa in merito, che risale in definitiva al 1992, quando al museo si vendevano al massimo guide e cartoline, e la vendita online non esisteva”.

La territorializzazione delle responsabilità

Un altro aspetto molto importante, secondo il direttore degli Uffizi, è “la territorializzazione delle responsabilità. In questo senso i musei statali in Umbria sono un modello molto virtuoso, perché sono organizzati come un unico grande museo diffuso. Sarebbe un modello molto utile anche per le altre regioni d’Italia, perchè favorisce uno sfruttamento complessivo delle collezioni, semplificando la redistribuzione del patrimonio artistico (e delle risorse) nelle regioni”, ha spiegato ancora Schmidt.

L’attrazione dei piccoli borghi

“Dalla seconda guerra mondiale in poi i territori furono depauperati di molte opere d’arte, per spostarle nei centri e spesso nei depositi dove nessuno le vede” ha aggiunto infine il direttore. “Questo segue la logica dell’ultima fase della società industriale; ma ora, nella nostra società digitale, i piccoli borghi possono diventare attrattori per un turismo virtuoso e green e dunque è arrivato il momento di riportare le ricchezze artistiche ai loro luoghi di origine“.

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