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Non chiamatemi morbo, una mostra parlante per raccontare il Parkinson

Attraverso le voci di Mr. and Mrs. Parkinson, ovvero Claudio Bisio e Lella Costa, a Firenze si narrano 40 storie di donne e di uomini che resistono al Parkinson. In mostra 48 scatti di Giovanni Diffidenti

Non chiamatemi morbo

Una mostra fotografica “parlante” per sensibilizzare sulle condizioni e la vita quotidiana di chi è affetto dal morbo di Parkinson. A parlare, in prima persona, sono le persone colpite dalla malattia, che raccontano le loro storie con le voci di Lella Costa e Claudio Bisio.

La mostra, promossa in collaborazione con la confederazione Parkinson Italia e dal Fresco Parkinson Institute e con il patrocinio della Regione Toscana, con Aip – Sezione di Firenze e con il contributo non condizionato di Bial, Medtronic, Zambon, UCBsi, si intitola “Non chiamatemi morbo”.

Dove e quando

Si è aperta il 22 ottobre ed è visibile fino al primo novembre presso la Galleria Moretti, in piazza degli Ottaviani 19 a Firenze, dalle 11 alle 18.30. Curata dall’architetto Franco Achilli, prevede pannelli che si attivano grazie a una app. Ingresso gratuito (con green pass). È consigliata la prenotazione su www.nonchiamatemimorbo.info.

La narrazione

I due attori, nei panni di Mr. and Mrs. Parkinson, daranno vita ad una narrazione in cui è la malattia in prima persona a guidare il visitatore alla scoperta della vita dei protagonisti delle foto: dai momenti difficili alle personali strategie di resilienza che ognuno di loro ha saputo applicare alla propria quotidinanità. In totale sono 40 le storie, piccole e grandi, sempre emozionanti, di donne e di uomini che resistono al Parkinson raccontate dai 48 scatti fotografici di Giovanni Diffidenti.

A Firenze le foto raddoppiano

Nel suo primo anno, nonostante il Covid, la mostra fotografica parlante ha raccontato storie di resistenza al Parkinson a oltre 2.500 visitatori in 96 giorni complessivi di apertura. E ha dimostrato la sua vitalità anche aggiornandosi e arricchendosi: a Firenze si presenta con il doppio delle fotografie esposte alla prima tappa al Piccolo Teatro di Milano e un’intera sezione dedicata ai caregiver.

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