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Referendum, (stra)vince il “Sì”. Anche la Toscana sceglie il taglio dei parlamentari

Via libera al taglio di 345 parlamentari. Il referendum costituzionale (confermativo) è approvato a maggioranza. La Toscana (66%) è in linea con la media italiana (69%): “perderà” 11 deputati e 6 senatori

Senato

Il “Sì” non vince, bensì stravince. Che il risultato sarebbe stato netto lo si era capito fin dalle prime proiezioni. E così gli elettori d’Italia (e di Toscana) hanno scelto per il taglio dei parlamentari. Questo referendum costituzionale, per cui non era richiesto il quorum, complici le contestuali elezioni regionali e comunali ha fatto registrare una buona percentuale di affluenza al voto (54,42% la media nazionale, 65,46% quella toscana). Ma ciò che più conta – e che appare evidente dallo scrutinio – è l’opinione espressa a maggioranza, che di fatto sancisce ovunque la vittoria del “Sì” (più del 69% in Italia, circa il 66% in Toscana).

Cosa cambia

Ovviamente la legge è approvata, ma non entrerà immediatamente in vigore. I tempi tecnici impongono almeno 60 giorni di tempo. Quel che è certo, però, è che la prossima volta che andremo a votare i parlamentari non saranno più 945, bensì 600. Un taglio di 345 deputati e senatori che nel bilancio statale equivalgono a un “risparmio” di circa 100 milioni di euro l’anno. La riforma costituzionale, che modifica i tre articoli (56, 57 e 59) sul numero degli eletti, farà scendere i deputati da 630 a 400, mentre i senatori passeranno da 315 a 200. Questa decisione non inciderà sull’assetto attuale, che resterà invariato. Di fatto le due camere, per tutta la durata della legislatura, resteranno esattamente come sono. Nessun taglio in corsa, quindi. Queste novità saranno applicabili a partire dalle prossime elezioni.

I nuovi “numeri” della Toscana

La riduzione dei parlamentari come inciderà sulla rappresentanza della Toscana nelle due camere? I conti sono presto fatti. I deputati toscani passeranno dagli attuali 38 a 27 (11 in meno), mentre i senatori scenderanno da 18 a 12 (6 in meno).

Nella media europea

Tre i temi conseguenti a questa scelta, sempre ben presenti nel dibattito politico e civile: i costi della politica, la rappresentatività e la nuova (futuribile) legge elettorale. Sappiamo a quanto ammonta il risparmio economico (100 milioni per alcuni, 57 milioni secondo altre stime). Pur nella consapevolezza che non saranno quei denari a fare la differenza, alcuni dei “Sì” sono nati proprio per arginare i costi. Qualcuno, poi, votando a favore del taglio temeva di far venire meno democrazia e rappresentatività. Ma forse si sarà consolato all’idea che finora l’Italia è stata la nazione con più rappresentanti eletti di tutta l’Europa occidentale, e che anche con il taglio resterebbe comunque stabile con la media europea.

Legge elettorale

Inizialmente tutti i principali partiti si sono schierati per il “Sì”, anche se in certi casi sono state fornite indicazioni diverse di voto. A favore del taglio c’erano il Movimento 5 Stelle (che ha sempre sostenuto la riforma “anti-casta”), Lega Nord, Fratelli d’Italia, Union Valdotaine, Alternativa Popolare, Cambiamo!, Identità e Azione, Patria e Costituzione. Ma anche il Partito Democratico, che però ha vincolato il suo sostegno a una richiesta: far seguire l’approvazione del taglio a una nuova riforma della legge elettorale da realizzare in tempi brevi.

L’origine del referendum

Inizialmente il referendum era previsto per il 29 marzo 2020, ma ovviamente è stato rinviato a causa dell’emergenza sanitaria, così come le elezioni regionali e comunali. La riforma sulla riduzione del numero dei parlamentari era però stata approvata un anno fa. Il sostegno dei partiti fu quasi unanime, ma fu bloccata prima dell’entrata in vigore (prevista per gennaio). Perché questa decisione? Be’, perché le riforme costituzionali hanno bisogno della maggioranza di due terzi da entrambe camere. Se quel risultato non viene raggiunto, ci sono tre mesi di tempo per chiedere il referendum. Per la richiesta è necessario un quinto dei membri delle due camere. La soglia dei senatori (65) è stata ampiamente superata. Le firme furono infatti 71.

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