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Scoperto il gene ‘mutato’ alla base di alcune disabilità intellettive

La scoperta, descritta sulla rivista Neuron, si deve ad un gruppo di ricercatori italiani, coordinati dall’Ospedale San Raffaele di Milano e l’Istituto di Neuroscienze del Cnr, in collaborazione con le università di Trento e Pisa

Scoperto a Pisa un gene mutato alla base di alcune disabilità intellettive

Un gruppo di ricercatori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e dell’Istituto di Neuroscienze del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IN) coordinati dai dottori Alessandro Sessa e Vania Broccoli, in collaborazione con i gruppi delle università di Trento e Pisa – coordinati rispettivamente dal dottor Alessio Zippo e dal professor Massimiliano Andreazzoli – ha scoperto il meccanismo di azione di un gene (SETD5) la cui mutazione è associata ad alcune forme di disabilità intellettive spesso accompagnate da manifestazioni autistiche.

Le disabilità intellettive, come molti altri disturbi del neurosviluppo, sono condizioni altamente complesse e molto diversificate tra loro, causate da un insieme di fattori sia genetici sia ambientali. Grazie al lavoro di gruppi di ricerca di tutto il mondo, oggi sappiamo che possono essere associate a mutazioni di moltissimi geni diversi. Tra questi c’è un gene chiamato SETD5, che quando non più funzionante dà origine a forme di disabilità intellettiva che colpiscono in particolare il linguaggio e il movimento, oltre a comportamenti tipici dello spettro ossessivo-compulsivo e dello spettro autistico. Sebbene questo sia noto da tempo, fino a oggi non era chiara quale fosse l’esatta funzione di SETD5, né il meccanismo per il quale, a fronte di mutazioni che mettono il gene fuori gioco, si manifestino problemi nello sviluppo del sistema nervoso.

Attraverso lo studio di sistemi cellulari e modelli animali della mutazione, i ricercatori hanno scoperto che SETD5 gioca un ruolo chiave per la struttura del DNA e quindi per il corretto recupero delle informazioni in esso presenti. Queste informazioni infatti, per poter essere utilizzate, devono prima essere trascritte in un’altra forma – l’RNA, una sorta di copia carbone del DNA – e portate fuori dal nucleo. SETD5 è coinvolto proprio nel regolare questo delicato processo di trascrizione delle informazioni.

I risultati dello studio pubblicato oggi sulla prestigiosa rivista internazionale Neuron, dimostrano che SETD5 codifica per una proteina con un ruolo fondamentale e inatteso all’interno del nucleo dei neuroni: quello di assicurare la corretta trascrizione delle informazioni del DNA. La scoperta apre nuove prospettive nello studio di questi disturbi e getta le basi per l’identificazione di futuri bersagli terapeutici.

‘SETD5 rappresenta una sorta di “architetto molecolare” che regola la complessa organizzazione del DNA dei neuroni del nostro cervello. Quando è fuori gioco, le informazioni contenute nel DNA vengono trascritte in maniera alterata ed incompleta’, ha spiegato Alessandro Sessa, coordinatore della ricerca e primo autore dello studio. ‘Secondo quando abbiamo osservato, questo impatta in particolare sulla formazione e sul corretto funzionamento dei neuroni. Come conseguenza i topi privi del gene SETD5 mostrano comportamenti anomali sia dal punto di vista cognitivo che sociale’.

Nonostante le mutazioni nel gene SETD5 rappresentino la causa genetica solo di una porzione dei casi disabilità intellettive e autismo, i meccanismi individuati potrebbero essere comuni anche ad altri geni che svolgono funzionalità simili, oltre a suggerire nuove ipotesi di ricerca: ‘Conoscere il meccanismo molecolare alla base di una patologia è il primo passo per individuare dei possibili bersagli terapeutici’, conclude Sessa. 

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Il gruppo di ricerca coordinato dal professor Massimiliano Andreazzoli del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, di cui fanno parte il dottor Davide Martini e le dottoresse Chiara Gabellini e Cecilia Pucci – quest’ultima allieva perfezionanda all’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Sant’Anna – ha contribuito allo studio dimostrando la conservazione evolutiva dell’espressione e della funzione di Setd5 nello zebrafish, un pesciolino d’acquario che negli ultimi anni è diventato uno dei principali sistemi modello utilizzati nella ricerca bio-medica. “La possibilità di ottenere un modello di zebrafish che ricapitoli i principali sintomi dei pazienti, insieme alla conoscenza dei meccanismi molecolari d’azione di Setd5 – spiega il professor Andreazzoli – permetterà in un prossimo futuro di eseguire screening mirati ad individuare molecole specifiche in grado di controbilanciare la riduzione di Setd5 che si osserva in questa popolazione di pazienti con disturbi dello spettro autistico”.

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