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Scuola e inclusione: il 74% bimbi nomadi ha mantenuto rapporto durante lockdown

Grazie al progetto del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali con l’assistenza tecnica dell’Istituto degli Innocenti di Firenze è stata garantita la continuità didattica ad alunni rom, sinti e caminanti

Didattica a distanza - © Vovan

Durante il lockdown della primavera 2020 il 74% dei bambini e ragazzi nomadi (rom, sinti e caminanti) in Italia ha mantenuto il suo rapporto con la scuola. Non tutti hanno avuto modo di partecipare alla didattica a distanza (il 19% non ha seguito la Dad) ma la maggior parte (53%) è riuscita a seguire le attività online.

L’Istituto degli Innocenti di Firenze coinvolto nel progetto

Tutto questo grazie alla mediazione degli operatori deProgetto per l’inclusione e l’integrazione dei bambini rom, sinti e caminanti, condotto dal Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali con la collaborazione dei Ministeri dell’Istruzione e della Salute e l’assistenza tecnica dell’Istituto degli Innocenti di Firenze.

Considerando il totale dei bambini e delle bambine con cui gli operatori sono rimasti in contatto – sottolinea la dottoressa Adriana Ciampa, dirigente del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali e responsabile del progetto – abbiamo osservato che erano pochi i bambini che non hanno avuto bisogno di un supporto, perché già dotati di strumenti digitali; dai dati circa un terzo aveva già un pc o un tablet. Quasi la metà dei bambini e delle bambine, invece, ha avuto dei dispositivi grazie alla facilitazione resa dal progetto nazionale e grazie a fondi messi a disposizione da vari soggetti, sia pubblici che del privato sociale. Purtroppo, il 17% degli alunni e delle alunne con i quali avremmo potuto lavorare in una condizione di normalità, invece non è stato raggiunto”.

84 i plessi scolastici coinvolti

Sono ben 84 i plessi scolastici che nel 2019 in tutta Italia hanno aderito al progetto con oltre 500 studenti e studentesse rom sinti, caminanti partecipanti ed un totale di 6mila alunne e alunni coinvolti. Un lavoro che si articola, prevalentemente, in tre ambiti: la scuola, i contesti abitativi e la rete locale dei servizi.

Dalla prima annualità del percorso sperimentale (2013/14) all’ultima (2019/20) gli alunni e le alunne del progetto sono quasi quintuplicati (da 153 a 565), così il numero delle classi (da 42 a 319), il numero delle scuole (da 29 a 74) e il numero complessivo degli alunni e delle alunne– rom e non rom – che hanno beneficiato delle attività progettuali (da 900 a 6380).

L’ultimo report mette in evidenza miglioramenti nei rapporti con gli insegnanti e con i compagni, nella frequenza, negli esiti scolastici (abbiamo un aumento dei promossi alla primaria dal 96% al 97% e soprattutto dal 75% al 93% nella scuola secondaria di I grado). A fare la differenza è ancora la condizione abitativa delle famiglie che vivono nei campi, perché inevitabilmente la condizione di fragilità si riflette sull’andamento scolastico. La frequenza dei bambini e delle bambine presenti nei campi non autorizzati è minore rispetto a quella dei bambini e delle bambine che vivono nelle case dell’11% alla primaria e addirittura del 19% alla secondaria di I grado.

La scuola si è dimostrata architrave del progetto da dove partire per attuare l’inclusione di bambine, bambini e famiglie – prosegue la dottoressa Ciampa – creando un ambiente sempre più in grado di accogliere tutti per combattere la dispersione scolastica e promuovere una miglior relazione tra le famiglie rom, sinti e caminanti ed i servizi sociali delle più grandi città italiane. Attraverso la partecipazione attiva e motivata delle insegnanti ai momenti di condivisione con gli altri soggetti del progetto, la scuola diventa quel tassello fondamentale che va ad arricchire la progettualità e la rete locale coinvolta nell’inclusione delle comunità. Alle classi che fanno parte del progetto sono proposti una serie di laboratori che servono a costruire un clima positivo tra i bambini e le bambine, lavorando insieme alle docenti ad attività che incoraggiano l’accoglienza, l’intercultura, la cooperazione”.

Le difficoltà durante l’emergenza Covid-19

Il report di valutazione mette in luce anche le ripercussioni dell’emergenza sanitaria epidemiologica da Covid-19 che sono state, inevitabilmente, enormi sulle attività progettuali come sulla vita degli alunni e delle famiglie rom e sinti. Con le scuole chiuse, i bambini e le bambine che si trovano in precarie condizioni abitative si sono dovuti confrontare con molteplici difficoltà.

Durante la prima e la seconda fase del lockdown, l’Istituto degli Innocenti nel suo ruolo di assistenza tecnica al Progetto per l’inclusione e l’integrazione dei bambini rom, sinti e caminanti – dice la presidente dell’Istituto degli Innocenti Maria Grazia Giuffrida – ha continuato a presidiare tutte le attività e a svolgere una costante azione di coordinamento e di sostegno ai referenti delle città e agli operatori e operatrici impegnati sul campo. L’Istituto ha organizzato, a partire da maggio 2020, una serie di iniziative “in remoto” rivolte a operatori, operatrici e insegnanti a livello nazionale. Gli approfondimenti hanno riguardato tra gli altri temi: il lavoro educativo durante il lockdown; la tematica della salute per le comunità rom, sinti e caminanti; l’accesso ai servizi socio-sanitari da parte delle comunità; le metodologie inclusive e cooperative per la didattica a distanza; il tema del Porrajmos, lo sterminio dei rom a parte del regime nazista, in occasione del Giorno della Memoria.

Proprio grazie agli sforzi degli operatori del progetto la maggior parte dei bambini e delle bambine è riuscita infatti a mantenere, non senza difficoltà, una continuità educativa che ha permesso ai ragazzi e alle ragazze di proseguire il loro percorso didattico.
Sono stati gli operatori e le operatrici le antenne vigili e il sostegno essenziale per molte famiglie, fornendo loro dispositivi sanitari (mascherine e igienizzanti) e generi alimentari. Sono stati il primo punto di ascolto per le esigenze in termini materiali e, in alcuni casi, anche psicologici. A livello locale i minorenni seguiti hanno potuto quindi essere aiutati attraverso una rete variamente composta dalle agenzie impegnate nel progetto, dalle scuole, dai servizi sociosanitari e dal volontariato.

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