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È nato in Toscana il primo bimbo di una profuga ucraina, si chiama Artem

In fuga dall’Ucraina è arrivata a Scandicci al nono mese di gravidanza per ricongiungersi con la madre. E domenica, all’ospedale San Giovanni di Dio, è nato Artem. Intanto, a cominciare dal Meyer, nasce un coordinamento tra i 15 ospedali pediatrici italiani

Neonato - © Picsea / Unsplash

Artem è venuto alla luce domenica sera all’ospedale fiorentino San Giovanni di Dio ed è probabilmente fra i primi bimbi nati in Italia da madre rifugiata ucraina. È successo due giorni dopo il lungo viaggio in auto che da Drohobych, in Ucraina, vicino a Leopoli, ha portato in Italia, a Firenze e poi a Scandicci, la sua famiglia, mamma, padre e due sorelle.

Con la famiglia c’erano anche i due cani

Alla nascita pesava più di 3 chili e mezzo e stava bene. È quanto rende noto l’Azienda sanitaria Toscana centro, che riporta il racconto della nonna materna di Artem: la donna, che abita a Scandicci, da settimane esortava la figlia a scappare. Giovedì 23 febbraio l’ha potuta riabbracciare insieme alle nipoti. Da Drohobych, in auto con loro, c’erano anche i due cani della famiglia perché, dice la donna, “non si potevano lasciare soli”.

“Sono arrivati in Italia per miracolo”

Due giorni dopo l’arrivo a Scandicci, è nato Artem. Il dottor Luigi Tancredi, che domenica 27 insieme a un’ostetrica ha fatto nascere il bimbo, porta con sé l’emozione di una nascita alla 43esima settimana di gestazione, oltre termine e oltre ogni resistenza.

Una nascita “miracolosa”

In sala parto c’era anche la nonna di Artem, che parla l’italiano e racconta che per dare un supporto anche linguistico alla figlia, ha potuto assistere alla nascita: “Sono arrivati in Italia per miracolo” dice. “Ora vogliamo ringraziare l’ospedale per come ha fatto sentire mia figlia, proprio come se fosse a casa”.

“L’ospedale si è appellato alla Convenzione di New York sull’adeguata assistenza e tutela al fanciullo” dichiarano dalla direzione dell’ospedale. “È una storia che ci ha coinvolti tutti”.


La mamma di Artem ora è felice e piange, racconta la nonna. I primi giorni è stata in hotel, la madre poi l’ha aiutata a trovare una sistemazione provvisoria per un mese. È ancora la madre a lanciare un appello: “Un mese finirà presto. Mia figlia ha bisogno di una sistemazione più duratura”.

Ospedali pediatrici pronti ad accogliere i bimbi ucraini

Intanto ha preso forma il coordinamento tra i 15 maggiori ospedali pediatrici italiani per contribuire a fronteggiare l’emergenza profughi dall’Ucraina. Lo ha detto a “Che giorno è” su Rai Radio1 Alberto Zanobini, direttore generale dell’ospedale Meyer di Firenze e presidente dell’Aopi (Associazione degli Ospedali Pediatrici Italiani).

“Siamo in un momento di grande preparazione” ha spiegato. “È in corso un disastro umanitario, sono previsti milioni di profughi, c’è un forte coordinamento dei 15 maggiori ospedali pediatrici italiani che si è rafforzato durante la pandemia e una solidarietà forte che c’è anche nella rete degli ospedali pediatrici europei. In particolare – precisa – ho contattato l’ospedale pediatrico di Varsavia che è già in prima linea per fronteggiare questa emergenza e ovviamente abbiamo messo a disposizione la nostra rete al ministro della Salute e siamo coordinati con le nostre regioni“.

Meyer, le buone prassi

Zanobini ha fatto l’esempio del Meyer di Firenze, dove le aree Covid che si stavano per chiudere “perchè la curva si sta abbassando” si stanno predisponendo per accogliere i pazienti pediatrici in arrivo dall’Ucraina.

“Abbiamo messo a disposizione 12 posti letto” precisa. “Di cui 6 posti letto pediatrici, tre neonatali, uno nel centro ustioni, uno per la parte oncologia, uno nel centro dialisi, 12 posti in totale divisi fra intensivi, sub intensivi e ordinari. È un piccolo esempio di come questa rete che riguarda il Meyer, gli ospedali italiani e quelli europei con i quali siamo in contato in queste ore da Barcellona, Berlino e Monaco, stiamo predisponendoci per fronteggiare quello che ancora forse non riusciamo ancora ad immaginare perché qui siamo di fronte una guerra nel cuore dell’Europa”.

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