Storie /IL PERSONAGGIO

Umberto Cinquini: il Carnevale, i libri, BarakkaRotta. La radio? Un pensiero senza distrazioni

Il maestro carrista si racconta: il lockdown, la radio che è stata la sua salvezza nei giorni chiusi in casa per la pandemia, l’arte che non ha una forma sola e il Carnevale di Viareggio, la sua vita. Istrionico, eclettico e pungente. “Sono di Oakland, come Kamala Harris e me la tiro un po’ per questo”

Umberto Cinquini è un po’ come il Carnevale, ti stupisce ogni volta. Anche quando pensi di aver già visto tutto ecco che arriva in sfilata il carro che ti sorprende di meraviglia. Rimani a bocca aperta a guardare il nuovo gigante che ti corre incontro. Non è solo cartapesta. Oh no che non lo è. E’ un tempo nuovo che viene a prenderti, un’evoluzione artistica che non conosce confini. E’ invasione di aria, di spazio, esplosione di colore e pensiero. E’ quella canzone che non smetteresti mai di cantare, un libro con le pagine infinite, una radio da tenere sempre accesa.

Il Carnevale è un incontro continuo. Dentro un hangar o là fuori, sulla passeggiata a mare. E’ un triangolo di cecina sulla spiaggia, il fritto della barca al molo, il rock che tieni dentro. Non la fermi la musica quando dice di entrarti nelle orecchie.

E Umberto Cinquini è uno che con la sua arte ti martella dentro proprio come la musica. I suoi carri non li dimentichi. Ciò che fa non passa inosservato. E’ un uomo affamato di curiosità, un istrionico e mai appagato sperimentatore.

Sarà per questo che il Carnevale è la sua vita ma dentro, insieme, vuole metterci sempre altro. Perché l’arte non conosce una sola forma d’espressione, è frutto di mille esperienze diverse. Così sono arrivati i libri “Sono solo mascheroni” e “Il Buffone”, poi la tramissione radiofonica “Barakka Rotta”, su Radio Versilia, con l’amico di sempre Manolo Tocker.

Un mondo sconfinato di cui parliamo al telefono, io da Firenze, lui da Viareggio. I saluti, i “come stai’ di rito e poi non si perde tempo, si va dritti al punto. Al centro ci sono le passioni, i punti di vista, i sogni del domani che ora si fanno sentire ancora più forti dopo la pandemia.

Parliamo di radio, il media che non “muore mai”. Cosa la rende uno strumento di comunicazione ancora così attuale?

La radio è un pensiero senza distrazioni, non ci sono “c..i” da vedere, non c’è un contraddittorio violento, la radio è rilassante e la puoi ascoltare ovunque. Io ho la fortuna di essere un chiacchierone, uno a cui piace raccontarsi e per me la radio è stata la salvezza, in un periodo senza contatti tra le persone ho immaginato di dialogare con il mondo.

Anche il Carnevale come la radio rimane sempre attuale, contemporaneo, moderno. Perché?

Perché provoca emozioni, come una bella canzone, o una bella storia.

A Barakka Rotta vuoi portare il racconto di una Toscana curiosa, moderna, autentica. Il segreto sono le persone?

Non vorrei crearmi nemici, ma se esprimi opinioni e non sei qualunquista i nemici te li fai per forza. Essere toscano è una gran bella fortuna, anzi direi proprio una “botta di c..o”.
Della Toscana non ti puoi stancare perché ha tanti argomenti, tante storie di cui poter parlare. I toscani sono arguti, dotati del senso dell’umorismo, sono immersi nel bello, nella cultura, nel sapere. Per questo, forse, ogni tanto rischiano di essere arroganti, ma è comprensibile dai…

“Noi siamo i figli dei figli di Leonardo e Michelangelo” (mica storie…)

Questa trasmissione radiofonica è stata ispirata dalle dirette social che hai fatto su instagram durante il lockdown. Chiuso in casa, tra quattro mura, sei riuscito comunque a creare. Non era scontato…

Io morirò con la sciabola in mano, una frase che mi si addice

“Io morirò con la sciabola in mano” non so chi abbia detto questa frase ma, mi si addice. Fare un carro del Carnevale in salotto non era possibile, mia moglie non era assolutamente d’accordo, ma dovevo trovare il modo di comunicare, e così è nata l’idea di “Buonanotte con il Buffone”, una serie di dirette Instagram in cui chiacchieravo con amici, più o meno famosi, di quello che era possibile fare stando rinchiusi in casa.
Mi sono divertito e da cosa nasce cosa, fino ad arrivare a BarakkaRotta dove finalmente abbino la mia passione per la musica e il dialogo con le persone. E poi ho la fortuna di condividere l’avventura con il mio compagno di Istituto d’Arte Tommaso Iardella (alias Manolo Tocker) e devo dire che ci divertiamo e facciamo un sacco di risate, sperando di far divertire chi ci ascolta.

Quali storie ti hanno colpito particolarmente?

Una puntata fantastica? Quando Marcello Lippi ci ha raccontato le sue reazioni ai cori anti-juventini. 

Tutte quelle in cui le persone si rimettono in gioco, le storie fatte di passione. Le nostre non sono interviste, parliamo come se fossimo davanti a un camino con una bottiglia di Bolgheri rosso anno 2005. Ti assicuro che vengono fuori storie fantastiche, come quando Marcello Lippi ci ha raccontato le sue reazioni ai cori che gli venivano dedicati negli stadi avversari quando era allenatore della Juventus. Una puntata fantastica.

La politica sale sempre sui carri del Carnevale ma se dovessi trovarti davanti ai microfoni di Barakka Rotta Letta, Salvini, Renzi, Meloni e Di Maio cosa chiederesti ad ognuno di loro?

Chiederei perché vogliono buttare tutto in “caciara”, li pregherei di portare maggior rispetto verso la politica che è una cosa fondamentale per il bene comune. Anche perché stiamo rischiando che ci freghino il lavoro da “buffoni”.

Nel tuo libro “Il Buffone” dici che ridere resta ancora la miglior medicina. Ti senti con il tuo mestiere, il maestro carrista, l’anello di congiunzione tra la critica, la satira e l’ottimismo di chi non molla mai ma che – invece – cerca anche in una risata la chiave di volta per ripartire?

Con mia moglie abbiamo saputo sorridere alle avversità sorridere e questo ci ha permesso di essere ancora innamorati dopo tanti anni

Ridere è il miglior modo per tenersi in forma, ridere ti fa mettere in moto tanti muscoli del corpo, ridere permette di superare anche momenti più duri, ridere ti fa innamorare. Attraverso l’allegoria, ossia il racconto paradossale e allegorico si possono spiegare alle nuove generazioni situazioni ed eventi drammatici, come la guerra. Tutto è più comprensibile se fatto con allegria. Può sembrare difficile da capire ma parlo per cognizione di causa.
Anche nelle relazioni di coppia ridere è fondamentale, il rapporto con mia moglie è un rapporto difficile perché siamo due persone con un carattere molto invadente, ma abbiamo saputo sorridere insieme alle avversità e questo ci ha permesso di essere ancora innamorati dopo tanti anni.

Sei italo-americano. Cosa porti dentro di te dei tuoi due paesi?

Sono di Oakland come Kamala Harris (e me la tiro anche per questo)

“Gli opposti messi a confronto determinano il divenire” per me questo significa essere italo-americano. Sono nato a Oakland, come la vicepresidente  degli Stati Uniti d’America Kamala Harris (e me la tiro pure per questo…), non ho mai vissuto negli Stati Uniti ma sento comunque una forte attrazione verso quel paese. Mia moglie dice che sono più americano di quello che penso, ma non so se detto da lei è un complimento.

Il Carnevale, il tuo Carnevale, tornerà a settembre. Quanto ti è mancato?

Sono stato in ansia, quando sentivo i benpensanti dire “non è questo il momento di pensare al Carnevale” mi saliva una rabbia pericolosa che riuscivo a placare solo scrivendo. Per me il Carnevale è qualcosa che non può mancare, e non solo perché è il mio lavoro. E’ la forma d’arte più completa perché le contiene tutte, compresa la possibilità di essere veramente se stessi.

Le opere sono ancora “imprigionate” negli hangar. Aspettano di tornare a sfilare in mezzo alla gente. Sarà l’edizione del ritorno alla vita. Sei emozionato?

Io vivo di emozioni, per cui non vedo l’ora.

Sei sempre in cammino: libri, radio, creatività in ogni forma. E adesso? Dove si sta dirigendo la strada di Umberto Cinquini?

Concretamente, ho appena firmato con la casa editrice MdS il contratto per la pubblicazione del mio nuovo romanzo, uscirà il 10 luglio, e sono veramente felice. Per il resto, non so ancora cosa farò da grande.

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