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Un anno fa l’Italia zona rossa: dove eravamo rimasti, dove siamo

È passato un anno fatto di giornate uguali l’una all’altra. Di tragedie, piccole e grandi, che si sono consumate ai margini della crisi sanitaria. Un anno che ha aperto una ferita che non si potrà mai rimarginare: quasi 100 mila le vittime del Covid nel nostro Paese. Un anno fa avremmo sperato di scrivere oggi una storia diversa

Firenze durante il lockdown, Matteo Mascotto - © Matteo Mascotto

Era il 12 marzo del 2020, da due giorni non potevamo più uscire, sfiorarci, darci la mano per strada. Nara giocava a palla da una finestra all’altra con la sua mica Matilde mentre Rossano, papà di Nara, si cimentava in coreografie da far fare alle bambine – a distanza – sulle note di Torero Camomillo. Eva per spiegare cosa fosse il Covid alla sua Ginevra si era inventata un gioco con le bambole e le scatole delle scarpe mentre Marta scriveva su WhatsApp per fuggire dalla solitudine di una cosa condivisa con nessun altro. Poi c’era Lisa che già dai primi giorni del primo lockdown si chiedeva cosa ne sarebbe stato del suo lavoro da guida turistica. Li avevamo lasciati così, li avevamo intervistati per Intoscana e avevamo chiesto loro di raccontarci le loro nuova quotidianità. Volti di alcuni, storie di tutti.

È passato un anno fatto di giornate uguali l’una all’altra. Abbiamo imparato a convivere con mascherine e gel igienizzati, con le file al supermercato, con i termometri sempre alla mano. Un anno di paure, quelle che ci accompagnano in treno, nei luoghi chiusi, negli ospedali, nei reparti Covid. Un anno di timidi sorrisi, quelli che ci siamo scambiati nelle lunghe videochiamate su zoom, a volte più intensi quando abbiamo potuto riabbracciare persone care vicine ma lontane per dpcm, un anno di immagini di medici, infermieri, operatori sanitari con gli occhi stanchi, il volto segnato dalla mascherina, abbiamo imparato a riconoscerli dentro scafandri dove anche bere un bicchier d’acqua è un gesto complesso.

Il bollettino delle 18, l’aggiornamento giornaliero dei nuovi casi, la conferenza stampa delle 20.20, il numero dei decessi, i caschi delle terapie intensive. I divieti, i congiunti, le regole, gli assembramenti, i posti da lasciare vuoti, lo smart working, la DAD. I tamponi, la carica virale, rilevato/non rilevato, il distanziamento, i dpcm.

Difficile raccontare un anno in cui tutti abbiamo dovuto riadattare la nostra vita, dal semplice saluto, alle sanificazioni, ai protocolli sanitari. Eppure in questo breve elenco di termini che ormai sono diventati il nostro pane quotidiano, è concentrato tutto questo anno. Non c’è la parola lavoro, perche per tanti non è più reale.

È stato un anno di rinunce e di tragedie che si sono consumate ai margini dell’emergenza sanitaria.

L’Italia ha superato la drammatica soglia dei 100 mila deceduti. Abbiamo perso un capitale umano inestimabile

Poi certo ci sono state anche le belle storie, storie di coraggio, di solidarietà, storie di amori nati in corsia, di vita sbocciata nonostante il Covid, la gioia di un medico quando il paziente si negativizza, quella di una figlia quando riabbraccia la madre dopo mesi costrette lontane; ci sono stati Ivo e Livia, i due coniugi toscani, 92 anni lui, 88 lei che non si sono mai lasciati la mano né dentro il centro La Melagrana di Narnali dove sono stati ricoverati per lungo tempo, né dopo quando sconfitto questo maledetto virus sono tornati a casa

Questo anno ha lasciato sulla pelle di ciascuno ferite profonde, alcune curabili, altre no. Poi c’è la ferita, con la “f” maiuscola, quella di tutto il Paese: l’Italia ha superato la drammatica soglia dei 100 mila deceduti . Non sono numeri. Abbiamo perso un capitale umano inestimabile, il 2020 ha rosicchiato pezzetti della nostra storia, della nostra memoria. Una strage che per ora non sembra fermarsi. L’unica arma in nostro possesso sono i vaccini. Ma le dosi scarseggiano mentre le varianti sembrano diffondersi rapidamente.

Ad un anno esatto dal discorso con cui l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte (già, di mezzo è passato anche un nuovo Governo) annunciò a reti unificate che non ci sarebbero più state “zona rossa” o “zona 1 e zone 2”, ma solo l‘Italia zona protetta tutti avremmo sperato che oggi avremmo ricordato l’anniversario raccontando una storia diversa. Certo oggi rispetto ad un anno fa, ci sono i vaccini, la Toscana è seconda in Italia dopo la Valle d’Aosta per dosi somministrate su quelle consegnate, ci sono Paesi che stanno piano piano allentando le misure, ci sono dati incoraggianti sull’efficacia di terapie per la cura delle polmoniti da Covid ma tutto procede troppo più lentamente da come avremmo sperato.

In una Toscana ancora in bilico tra l’arancione e il rosso, a volte si ha la sensazione che il tempo si sia fermato ad un anno fa.

Marta è ancora alle prese con la solitudine: “Sto cercando di riposarmi, di stare tranquilla, ma è sempre tutto complicato. Per fortuna ci sono gli amici, quelli empatici, quelli che si ricordano che stai tutte le sere da sola, che ti chiamano a casa per un po’ di compagnia”. Lisa continua a camminare, rispetto ad un anno fa alla frustrazione dovuta all’incertezza per il suo lavoro da guida turistica si è aggiunta quella causata dai ritardi nella vaccinazione: “Ci stiamo mettendo troppo”. Eva oggi non deve più spiegare la novità del distanziamento a Ginevra, che nel frattempo ha un anno in più, oggi ha una sfida ancora più ardua da affrontare: si chiede come spiegare a sua figlia che il distanziamento non è la normalità.

Intanto fuori è una bella giornata di sole. Anche il 10 marzo 2020 c’era il sole. Ad alcuni balconi ci sono ancora sbiaditi tricolori, di arcobaleni “Andrà tutto bene” non se ne vedono più, non si odono applausi o canti dai balconi. È un tempo sospeso tra il presente e il passato.

Il Ministro Speranza ha dichiarato alle telecamere di Lucia Annunziata che il prossimo trimestre sarà decisivo per le vaccinazioni. In queste parole è risposta la speranza di un Paese intero. Il prossimo trimestre sarà decisivo per scrivere una storia diversa. Ci auguriamo presto. Un anno è già passato.

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