Enogastronomia/

Le mozzarelle di bufala della Maremmana a Intoscana Incucina

Guido Pallini a Grosseto ha rilanciato l’azienda di famiglia producendo le bufale con l’aiuto di un casario salertinano

I formaggi de La Maremmana

I formaggi dell’azienda La Maremmana di Grosseto sono stati tra i prodotti protagonisti della quarta puntata di Intoscana Incucina, il format social che punta a valorizzare le eccellenze del territorio. A presentare i suoi prodotti il titolare Guido Pallini, che dopo aver lavorato all’estero nel settore finanziario ha deciso sei anni fa di tornare nella sua terra e rilanciare l’azienda di famiglia che produceva solo latte espandendosi nel settore caseario. Due le rivoluzioni di Guido: puntare sull’economia circolare e la sostenibilità e riuscire a realizzare un’ottima mozzarella di bufala anche in Toscana.

Guido come è iniziata la tua avventura con La Maremmana?
Io volevo fare il banchiere, lavoravo nella finanza a Londra e poi a un certo punto mi sono trovato a un bivio: l’azienda di famiglia, che produceva latte, si trovava in un momento di difficoltà e la scelta era o chiudere o espandersi producendo formaggi. Così sono tornato a casa e anche se non sapevo niente di questo settore un po’ per l’impudenza giovanile e un po’ per la mia natura mi sono lanciato: non è stato semplice ma dopo sei anni sono soddisfatto dei risultati che abbiamo ottenuto, siamo presenti in quasi tutta la Toscana, il nostro prodotto è riconosciuto di alta qualità e apprezzato anche all’estero. Quindi da una partenza improbabile abbiamo ottenuto un grande successo.

Come è nata l’idea di produrre mozzarella di bufala?
Noi siamo una famiglia di pastori, eravamo pastori nella zona di Stia nel 1700, poi pian piano ci siamo trasferiti in Maremma e abbiamo fatto ogni tipo di allevamento: mio padre, che aveva fondato Latte Maremma, negli anni Ottanta ha convertito parte dell’allevamento di vacche in bufale ma non aveva mai pensato a fare il passo successivo della trasformazione, quella è stata la mia idea. Nessuno pensava che si potesse produrre una buona mozzarella di bufala in Toscana ma noi abbiamo dimostrato che si può fare, con l’aiuto di un casaro campano, chiaramente con molta esperienza. È stato molto difficile trovare la persona giusta per fare questo lavoro perché non ci si può improvvisare casari di bufala ma poi abbiamo assunto un ragazzo di Battipaglia, che è la culla della mozzarella di bufala: lui fa una mozzarella salernitana, che quindi tende ad essere molto più delicata e più dolce, non così forte come quella casertana.

Siete molto attenti anche alla sostenibilità ambientale vero?
Con mio padre abbiamo introdotto la semina su sodo, che è una pratica di agricoltura rigenerativa in cui non si lavorano più i terreni ma si semina sul terreno incolto, questo riduce molto le lavorazioni, le emissioni di Co2, e ridà alla terra quella sua fertilità fatta di microrganismi che nella lavorazione convenzionale vengono completamente uccisi. Abbiamo fatto anche un impianto di biogas che usa tutti gli scarti aziendali per produrre energia elettrica e calore, ho impostato la mia azienda con un’idea di economia circolare, è un fattore importante perché oggi si parla tanto di sostenibilità ambientale ma deve essere anche sostenibile economicamente.

Quindi l’economia circolare è conveniente economicamente?
La semina su sodo ci porta a fare la metà dei passaggi con i macchinari rispetto all’agricoltura tradizionale, quindi risparmiamo in tempo, gasolio e ore lavorate. L’impianto di biogas non solo produce elettricità ma anche fertilizzante organico, che ci ha permesso di smettere di comprare fertilizzanti chimici che per un’azienda come la nostra erano decine di migliaia di euro l’anno.

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