Musica/

Intervista a Theo Taddei il musicista che ama disegnare le foreste

Il musicista e disegnatore toscano pubblica il suo esordio solista ‘LOTO’ per l’etichetta Fresh Yo!, un microcosmo onirico e psichedelico

Theo Taddei

LOTO è l’album d’esordio di Theo Taddei, musicista e artista visivo, in uscita il 10 aprile 2020 per Fresh Yo! Taddei in passato è stato componente delle band TooMuchBlond, Le Furie e Aquarama, ma parallelamente nel corso degli ultimi anni ha portato avanti un progetto solista che finalmente vede la luce.
Il disco, sette brani onirici che spazano tra psichedelia, folk e indie-pop, tradisce una grande amore per gruppi come Sigur Ros e Verdena che hanno segnato profondamente la vita artistica di Theo e si propone come una riflessione sul passato e sulla sua infanzia trascorsa nella campagna toscana alle porte di Firenze.
Proprio il legame con la sua terra è uno degli aspetti più vividi del disco, un amore viscerale per la natura che si riflette anche nei suoi disegni, l’altra sua grande passione oltre alla musica.

Ecco la nostra intervista, benvenuti nel micro-mondo di Theo Taddei.

Ciao Theo! Loto è un disco bellissimo, il titolo a cosa si riferisce?
Tutto il disco riguarda i ricordi e l’infanzia, il mio passato. Il nome viene dal fatto che quando ero bambino chiamavo la luna ‘Loto’. Mi sono sempre chiesto dove avessi sentito questa parola e perchè l’associassi alla luna. Quindi in realtà questo disco si chiama ‘Luna’. Fin da piccolo sono sempre stato molto attratto dal cielo e dalle stelle, ho sempre avuto una passione per i pianeti, l’universo. Leggevo tantissimi libri sullo sbarco sulla luna nel ’69. Avevo questo libro che tra l’altro ho ancora che si chiama ‘La luna è nostra’, che raccontava il primo allunaggio. Dentro c’era una finta targa di cartoncino dorato che era la finta replica di quella lasciata sulla luna con le firme degli astronauti.

Tu nasci come batterista ma in questo disco ci sono tanti strumenti, non è un disco “semplice” tra virgolette, cioè con chitarra, basso, batteria. Come l’hai scritto? Hai suonato tutto da solo?
Ci ho lavorato davvero per tanti anni, con la ‘pretesa’ di suonare tanti strumenti diversi. Con il mio gruppo Le Furie ho sempre preso in mano anche altri strumenti e quando avevo 16 anni ho preso lezioni di basso. Nel disco ho fatto tutto da solo, ho suonato tutto io tranne la tromba in ‘Nascondino’. Questa è una cosa di cui sono molto orgoglioso. Non mi interessava pensare a come avrei fatto a suonarlo live, volevo fermare nel tempo una ‘cosa’ di cui sarei stato contento io per primo. In Nascondino la tromba è suonata da Francesco Cangi, gli mandai il pezzo in fretta e furia, e lui a orecchio stese lo spartito.

Quanti anni hai lavorato al disco?
Ho iniziato nel 2014-15 circa. Ero ancora ne Le Furie. L’ho portato avanti con molta calma, prima di andare in studio raccolsi vari pezzi, molti più di quelli che poi ho registrato. Iniziai a fare una cernita, sicuramente avevo delle solide idee per partire con entusiasmo. Ma è venuto tutto molto naturalmente, se c’era un’idea piano, piano la sera la scrivevo e la aggiungevo. È stato tutto lasciato al tempo. Sono contento, è venuto un lavoro davvero saturo.

Mi sembra che questo disco tradisca un grande amore per la natura. Si percepisce, un po’ come si sente anche nei dischi dei Sigur Ros, persone che amano e vivono la natura, è così?
Esatto, per me il motore ispiratore di tutto questo lavoro penso siano stati proprio i Sigur Ros. Oltre ai Verdena, è anche grazie a loro se ho iniziato a capire che potevo cantare anch’io. Il cantante è sicuramente stato uno dei motivi che mi ha spinto a cominciare. Volevo tirare fuori qualcosa di organico, che venisse dalla terra. Poi ci ho collegato anche i ricordi, che io ho vissuto appunto nella mia terra.

sfoglia la gallery

La copertina del disco è stata disegnata da te, so che il disegno è un’altra tua grande passione. Com’è iniziata?
Nella mia famiglia sono tutti disegnatori, mio fratello, mia sorella e i miei genitori che lo fanno di lavoro, disegnano mobili, sono interior designer. A forza di vedere disegni su disegni per anni, in giro per casa ho sempre disegnato fin da bambino. Mi piace fare disegni piccolissimi, usare la china e fare piccoli tratti, come le ombre nelle stampe antiche. Ho provato anche a fare delle incisioni da solo, ma non è molto facile. Mi piace molto anche la tecnica dell’acquaforte, è quella che più si avvicina ai disegni che faccio io. Quando vai a ‘grattare’ lo strato di vernice sopra la lastra, fai dei solchi finissimi, con delle punte come aghi, io ho la costante ossessione di raggiungere la precisione estrema nelle linee, tutte uguali. Manie di perfezione.

Nel primo pezzo del disco XIX ripeti ‘rinascerò di nuovo qui fra i campi’, tu come ti immagini il futuro, quando usciremo dall’isolamento?
Non lo so, spero che saremo tutti più sensibili al mondo che ci circonda, che è intorno a noi. Ci dobbiamo rendere conto di certi atteggiamenti che sono difficili da eliminare nella nostra società. In questi giorni ho visto passeggiare tante persone qua nei campi, da soli, questa cosa mi ha fatto pensare che la gente sta davvero tornando nella natura. Le persone adesso hanno il tempo di riflettere, di fare cose diverse, di stare con se stesse. Immagino che chi sta passeggiando adesso da solo, sta pensando a questa situazione, a cosa bisognerebbe fare per aiutarci tutti, perchè siamo tutti sulla stessa barca. Non so se questa cosa, una volta tornati alla normalità finirà e torneremo a comportarci come prima, spero di no.

I più popolari su intoscana