Salute/ARTICOLO

A Siena il 1° trapianto in Italia di midollo osseo

Uan giovane di 23 anni era affetta da una grave malattia genetica, la MNGIE

/ Redazione
Mar 10 Dicembre, 2013
Effettuato a Siena il primo intervento italiano di trapianto di midollo osseo per curare una grave malattia genetica, la MNGIE. L’eccezionale traguardo è stato raggiunto dal Centro Trapianti e Terapia Cellulare del policlinico Santa Maria alle Scotte, diretto dal dottor Giuseppe Marotta, con la preziosa collaborazione della Neurologia Malattie Neurometaboliche, diretta dal professor Antonio Federico e della sezione di Malattie Neurologiche Rare, diretta dalla professoressa Maria Teresa Dotti. La paziente è una giovane di 23 anni della provincia di Siena, colpita da questa malattia dall’esito infausto, conosciuta come encefalopatia mitocondriale neuro-gastrointestinale che colpisce il sistema neurovegetativo, con debolezza agli arti e danni ai muscoli, aggredendo in modo particolare l’apparato digerente e il cervello.

“La sua unica possibilità di salvezza – spiega il dottor Marotta – era rappresentata dal trapianto. La complessità del caso è stata attentamente valutata grazie all’approccio multidiscipliniare e alla collaborazione con il reparto diretto dal professor Federico, punto di riferimento nazionale per queste patologie, il cui supporto è stato fondamentale”. Il midollo è stato donato dal fratello della giovane paziente e il trapianto è stato realizzato grazie alla collaborazione dei dottori Alessandro Bucalossi, Monica Tozzi, Mariapia Lenoci, con il neurologo Francesco Sicurelli e, per il prelievo di midollo, dell’anestesista Pasquale D’Onofrio e della biologa Donatella Raspadori.

“Abbiamo diffuso ora la notizia – aggiunge Marotta – a circa sei mesi dalla procedura, perchè abbiamo voluto attendere il completo attecchimento del midollo osseo trapiantato. La giovane paziente è in ottime condizioni cliniche e ha completamente recuperato i valori ematologici e normalizzato i livelli dell’enzima carente. Stiamo mettendo a punto un protocollo terapeutico per trattare altri pazienti colpiti da questa grave malattia che non hanno un donatore familiare disponibile”.

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