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Benvegnù: 'dobbiamo pensarci come la madre di chiunque altro'

Il cantautore italiano sarà in concerto al Glue di Firenze sabato 10 marzo con ‘Racconti delle nebbie’, il suo ultimo disco ‘H3+’ racconta un viaggio interstellare

/ Costanza Baldini
Gio 8 Marzo, 2018
Paolo Benvegnù

Paolo Benvegnù torna sulle scene con il suo nuovo disco ‘H3+’, uscito nel 2017 a conclusione della trilogia iniziata da ‘Hermann’ e ‘Earth Hotel’. Il nuovo album di inediti è dedicato alla perdita, all’abbandono e alla rinascita, un’antologia di visioni, dove la grazia, la molecola alla base della vita, riempie gli spazi tra le emozioni, conservando la memoria di quello che siamo stati e quello che saremo. Sabato 10 marzo il cantautore sarà insieme a Nicholas Ciuferri al Glue Alternative Concept Space di Firenze con ‘Racconti delle nebbie’ uno spettacolo-narrazione di musica e parole su vite che si incrociano, storie di uomini e donne sconosciuti eppure immortali. Ecco la nostra intervista.

Come mai ‘H3+’ un disco che si intitola come lo ione triatomico d’idrogeno, la particella alla base dell’Universo?
Perché il concetto alla base di tutto questo disco sta dietro a questo pensiero: se un essere umano in un futuro ipotetico avesse il vero, grande desiderio di tentare la materia oscura che vede fuori dalla sua astronave, però mantenendo la coscienza e la memoria umana, che cosa riporterebbe sulla terra, quando dovesse ritornare sotto forma di acqua? Il disco si muove su queste tematiche, queste coordinate.

Il primo pezzo del disco è dedicato all’esploratore Victor Neuer, ma è frutto della tua immaginazione o è realmente esistito?
Se fosse esistito sarebbe un uomo molto più coraggioso di me, come sempre quando uno cerca un alter ego lo cerca sempre migliore di se stesso, io sono pavido già in questo mondo così semplice. Mi sono inventato un uomo impavido di fronte alla sua solitudine glaciale, nello spazio profondo. Tutti i movimenti che avvengono all’interno dell’astronave e al di fuori, nel momento in cui Victor si getta nella materia oscura, fanno parte di un mio immaginifico. Per fortuna ho sempre i ragazzi che suonano con me che mi fanno tornare con i piedi per terra. È un disco di canzoni nonostante il fatto che sia partito con l’idea di un viaggio interstellare.

Il tema del viaggio mi fa venire in mente personaggi come Ulisse, o ancora prima di lui Gilgameš, uomini che affrontano viaggi lunghissimi solo per cercare e ritrovare se stessi. Victor cos’ha trovato alla fine del viaggio? E tu cos’hai trovato?
Io ho trovato che è tutto molto più semplice, sono abbastanza sicuro della miopia degli uomini. Tutte le nostre sicurezze e costruzioni sono parziali, come parziale è il nostro modo di vedere. Per questo motivo ho scelto di vivere nell’ulteriore e da quel momento tutto è molto più confortante per me. Penso che quello che ha trovato Victor Neuer è la semplicità di tornare alla terra sotto forma di pioggia. È una semplicità, una normalità che tutti sottovalutiamo, come sottovalutiamo la capacità di respirare, o il battito del cuore che è per noi assolutamente inconscio. Sono del concetti talmente retorici, dati come un assioma, che secondo me vanno rivalutati. Invece viviamo in una società che è totalmente travisante. Le realtà sono soltanto realtà di comodo e di finzione, io invece tutta la mia ricerca la sto basando sull’invisibile e l’impossibile. Mi sento un po’ un disadattato ma immagino sia una cosa del tutto normale. (ride)

Come diceva la volpe del Piccolo Principe ‘l’essenziale è invisibile agli occhi’
Assolutamente, in realtà sono proprio convinto che noi vediamo pochissimo e ci basiamo su delle realtà legate ai nostri sensi, ma tutto quello che esiste è ampiamente altro. Perciò per questo motivo io rispetto ogni piccolo essere, ogni piccola cosa, perché non ne comprendo la semplicità. Esistono altre dimensioni, altre prospettive di veduta e noi ne abbiamo una parziale che è sbagliata.

È bello sentire queste parole in giorni che per tutti sono abbastanza oscuri e difficili di fronte ai recenti fatti di cronaca che ci lasciano senza parole. Prima la tragedia di Latina, poi l’omicidio a sangue freddo di Idy Diene a Firenze. Ci sentiamo un po’ persi, sembra che vengano meno i diritti fondamentali dell’essere umano
In realtà è molto semplice, quando si è bambini o quando si è negli ultimi momenti della propria vita cosa si cerca? Si cerca la madre, e perché non potersi pensare come la madre di chiunque altro. È questo che in tutta franchezza mi porta dolore, sarò stupidamente troppo sensibile ma io non riesco a pensare al di fuori di questa dimensione. Io sono padre da poco ma al di là di questo mi piacerebbe essere visto da un’altra persona come un essere accogliente e rispettante l’altro da me. Secondo me la tecnologia e i social network stanno travisando il senso della realtà degli esseri umani. Mi sembra che sia assurdo averci messo circa 250 anni per andare vicini a trovare il senso dell’identità dell’essere umano per poi frazionarsi in realtà che sono completamente l’opposto e fanno di te un potenziale super uomo, per fortuna non è ancora così. Tra tanti anni aimè ci saranno super uomini, uomini più potenti di quello che siamo noi, ma io spero di non vivere così a lungo per vederli, preferisco la timidezza.

Mi ha incuriosito il fatto che tu abbia registrato il disco in presa diretta presso Studio Jork di Villa Dekani in Slovenia, come mai? Volevi isolarti dall’Italia?
In realtà gli ultimi tre dischi li ho registrati tutti in Slovenia, perché lo studio è bellissimo e a basso prezzo rispetto agli studi italiani. Ma al di là di questo il motivo è che ci siamo trovati benissimo fin dal 2011 perché il propietario dello studio Jadran Ogrin è un uomo meraviglioso che ci mette a disposizione tutto quello che ha costruito con le sue mani. Lo studio è fatto di apparecchi da lui comprati ma anche strumenti da lui costruiti nel tempo, microfoni fatti da lui. Ci sembra di stare a casa. Devo anche dire che stare fuori dall’Italia per qualche giorno mi fa respirare meglio.

Cosa succederà sul palco del Glue sabato 10 marzo?
Quello che succederà al Glue è un reading che si chiama ‘Racconti delle nebbie’, uno spettacolo sperimentale che stiamo finendo di preparare proprio in questi giorni. Saranno storie intrecciate tra racconti di Nicholas Ciufferri e le mie canzoni, legati appunto dal tema dello sguardo verso l’altro.

Ingresso gratuito con tessera Glue / US Affrico

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