Gli ecosistemi sono sempre più a rischio, il numero di comunicazioni e i cambiamenti climatici mettono in crisi la tenuta ambientale di ampie zone naturali, la tipicità biologica – e con questa la sopravvivenza di varie specie endemiche – rischia di venire compromessa ogni giorno di più, ed è proprio per studiare e contrastare questi fenomeni in ambiente marino che è stato formato un team internazionale dedicato alle invasioni biologiche. Le specie aliene marine (AIS) sono infatti il tema che i due dottorandi dell’Ateneo fiorentino si troveranno a fronteggiare, rilevando, controllando e gestendo le varietà introdotte dall’uomo al di fuori del loro areale di origine, in grado di provocare danni ecologici, economici e sanitari.
Questi sono gli obiettivi del progetto europeo Marie Curie ITN “Aquainvad_ed”, finanziato all’interno del programma Horizon 2020, che prevede un percorso di dottorato nell’ambito di un consorzio – che riunisce tre atenei (oltre a Firenze, le Università di Swansea e Oviedo), un’organizzazione non governativa e cinque società private – pensato per formare personale qualificato dal punto di vista scientifico e professionale.
“Le specie aliene invasive rappresentano la seconda causa di rischio per la biodiversità, dopo la perdita e la frammentazione dell’habitat, e provocano l’estinzione di specie, oltre a notevoli impatti economici – spiegano Felicita Scapini, associato di zoologia e responsabile scientifico del progetto, ed Elena Tricarico, dottore di ricerca del Dipartimento di Biologia –; inoltre il fenomeno delle invasioni biologiche è in forte crescita a causa della globalizzazione: in Europa il numero di specie aliene è cresciuto del 76% in 30 anni. Il nostro Dipartimento da tempo si occupa di AIS, in particolare del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii), e della rana toro americana (Lithobates catesbeianus), entrambe molto invasive”.
I due dottorandi di Firenze si occuperanno di predire l’espansione di alcune AIS attraverso modelli matematici, sviluppare protocolli di valutazione del rischio di invasività per prevenirne i danni ecologici e socio-economici e di sperimentare differenti misure di controllo. Tra le attività previste anche quella di aggiornare le conoscenze sui danni biologici causati delle specie selezionate, attraverso la conduzione di esperimenti di laboratorio e di campo, considerando anche l’interazione con fattori come il cambiamento climatico.