Salute/ARTICOLO

Cancro, a Pisa si discute di terapie personalizzate

II Convegno Internazionale sulla Farmacogenetica le prospettive future nelle cure contro il cancro: clinica e laboratorio, realtà indissolubili. Intervista a: Gabriella Fontanini, Professore Ordinario di Anatomia Patologica - Azienda Ospedaliera-Universitaria Pisana

/ Redazione
Mar 10 Dicembre, 2013
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“Non c’è sviluppo senza ricerca e integrazione. Solo così si possono garantire cure oncologiche personalizzate ed efficaci”. Questa la dichiarazione del Prof. Alfredo Falcone (nella foto), Direttore del Polo Oncologico dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana, in occasione del Convegno che si apre venerdì 4 al Cnr. “Oggi a Pisa, centro di eccellenza nella cura dei pazienti oncologici, nella ricerca, nell’applicazione della diagnostica molecolare e della farmacologia, discutiamo ai massimi livelli internazionali di personalizzazione della terapia. Stiamo vivendo – prosegue Falcone - un periodo storico molto importante, che ci richiede di ottimizzare il rapporto tra ricerca, clinica e il nuovo laboratorio molecolare”.

“E’ importante dare messaggi che non creino false aspettative. La cura contro il cancro è una strada molto lunga e impegnativa da combattere su più fronti, a partire da quello della prevenzione. Gli avanzamenti, molti importanti, però esistono. In alcune patologie, infatti, otteniamo oggi un maggior numero di guarigioni, in altre riusciamo a rallentare la progressione del tumore facendo convivere il paziente più a lungo con la malattia e preservando una buona qualità della vita. Ricordiamoci che parlare di tumore significa parlare di malattie molto diverse tra loro, che necessitano di strategie e terapie differenti”.

“Mentre noi ci riuniamo a Pisa, a Bruxelles si incontrano Capi di Stato e di Governo per discutere di innovazione e ricerca. Ci uniamo all’appello nell’investire di più in ricerca in Europa, soprattutto su quella indipendente che oggi, in Italia come anche in altri Paesi, è scarsamente supportata e la ricerca, soprattutto quella clinica e traslazionale, è promossa per la quasi totalità dall’industria farmaceutica, ovviamente non disinteressata alle direzioni intraprese. In particolare, può essere limitato l’interesse di un’Azienda Farmaceutica a meglio individuare i pazienti da trattare con un determinato farmaco poiché questo comporterebbe potenzialmente un restringimento del mercato. Al di là di tutto, resta comunque necessario, soprattutto in periodi di crisi come questo, investire quanto più possibile nel futuro, e quindi in ricerca ed innovazione”.

“Di importanza rilevante è la farmacogenetica, lo studio cioè della risposta terapeutica e della tossicità ai farmaci in relazione a fattori genetici del singolo individuo. E’ una delle principali strade per una reale personalizzazione della terapia, anche per le cure oncologiche più utilizzate come la chemioterapia. Già oggi abbiamo dati importanti su alcuni farmaci come ad esempio il 5-Fluorouracile, utilizzato da oltre 50 anni nelle cure chemioterapiche, così come per l’Irinotecan ed altri. Oltre all’ottimizzazione nell’utilizzo della chemioterapia, abbiamo oggi una serie di farmaci innovativi a bersaglio molecolare per i quali è obbligatorio un test farmacogenetico o biomolecolare, grazie al quale siamo in grado di predire la risposta al farmaco - come avviene oggi ad esempio per i tumori della mammella, del colon retto, del polmone, per citare solo alcuni dei più frequenti - e quindi di selezionare i pazienti da trattare. L’utilizzo dei nuovi farmaci ha costi elevati, per cui va ovviamente valutato il rapporto costo-beneficio. Per migliorare questo rapporto – conclude il Prof. Falcone - dobbiamo cercare di personalizzare sempre meglio le terapie trattando solo i pazienti che otterranno i maggiori benefici e questo lo si otterrà solamente promuovendo ricerca, soprattutto indipendente, ed integrazione tra clinica e laboratorio.”

Intervista a: Gabriella Fontanini, Professore Ordinario di Anatomia Patologica - Azienda Ospedaliera-Universitaria Pisana


Prof.ssa Fontanini, si parla molto di terapie personalizzate. Qual è il nuovo ruolo dell’anatomopatologo?
“La personalizzazione delle terapie impone oggi nuove professionalità e una di queste è il patologo molecolare. L’anatomopatologo, che fino a pochi anni fa lavorava in seconda linea, è oggi sempre più indispensabile nella definizione prognostico-terapeutica, in team con gli altri professionisti, soprattutto l’oncologo.”

Ma a cosa è dovuto questo cambio di passo?

“La possibilità di estrarre, con tecniche appropriate, il DNA da un tessuto tumorale, la possibilità di caratterizzarlo e di studiarne le eventuali alterazioni molecolari oltre che morfologiche, hanno permesso all’anatomo-patologo di divenire una figura di riferimento completa e indispensabile nello studio delle varie forme patologiche, soprattutto in ambito neoplastico.”

E in Italia?
“Anche in Italia, soprattutto in centri di eccellenza e in Ospedali di rilievo nazionale e di alta specializzazione come il nostro di Pisa – riferimento per l’intera Area Vasta Nord-Ovest – la nuova figura del patologo molecolare è già operativa. Una figura che, come dicevo prima, anticipa o quantomeno concorre alla rivoluzione in atto. Per una diagnosi che coinvolga in un unicum radiologo, patologo, chirurgo, oncologo.

Come procedere dunque?
“Dialogo, interscambio, multidisciplinarità. Il modello pisano è un modello da proporre. Seguendo le indicazioni regionali, stiamo cercando di creare percorsi diagnostici e terapeutici anche attraverso la centralizzazione di attività che gravitano da strutture periferiche, in un’ottica di razionalizzazione e di beneficio per il paziente. La nostra, ad esempio, è la prima realtà in Italia ad aver portato avanti, in maniera sistematica, centralizzandolo nella nostra Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, uno studio sugli adenocarcinomi polmonari su base regionale grazie al supporto dell’Istituto Toscano dei Tumori. Siamo cresciuti molto anche grazie al costante confronto con i clinici ed in particolare con l’Oncologia diretta dal prof. Alfredo Falcone, al quale dobbiamo la capacità e l’intuizione lungimirante di una forte integrazione tra i nostri gruppi.”

Con quali risultati?
“Oggi possiamo dire che la ricerca ha consentito di raggiungere, soprattutto in ambito oncologico, importanti risultati. E’ abbastanza recente, ad esempio, la scoperta che, seppure in un piccolo numero di casi, determinati farmaci biologici sono in grado di arrestare la crescita di alcune forme di tumore polmonare in presenza di una determinata mutazione genetica. Il risultato è che la malattia si blocca, il paziente può vivere più a lungo libero dalla malattia e la sua qualità della vita complessivamente migliora. Il gene in questione è l’EGFR (Epidermal Growth Factor Receptor), che risulta mutato in una percentuale di tumori del polmone e i farmaci biologici che ne inibiscono l’attività (inibitori tirosino-chinasici) si stanno dimostrando in grado di bloccarne la crescita. Per individuare la mutazione genetica, è indispensabile un’analisi molecolare, al fine di indirizzare questa nuova generazione di farmaci che rischiano in alcuni soggetti l’inefficacia, talvolta la tossicità se utilizzati in maniera impropria. Il paziente è quindi al centro di un sofisticato sistema integrato, fatto di elevate specializzazioni e approcci innovativi. Purché ogni tipo di analisi e metodologia sia applicata con competenza ed esperienza. Ad esempio, per il cancro del polmone e del colon-retto, nella nostra struttura nel 2009/2010, sono stati analizzati circa 2000 tumori per un totale complessivo di circa 14.000 analisi di biologia molecolare.”

Un approccio innovativo anche per le cure tradizionali?

“Anche per quanto riguarda le cure tradizionali, la chemioterapia ad esempio, l’informazione molecolare interviene oramai in maniera decisiva. L’espressione nelle cellule tumorali di alcune proteine, quali ERCC1, può dirci se certi farmaci chemioterapici saranno più o meno efficaci e può aiutarci ad evitarne l’uso laddove si appuri che non hanno azione, impedendo l’utilizzo di un farmaco che potrebbe produrre solo effetti collaterali. È in questo modo che si ottengono cure realmente personalizzate, con un diretto beneficio per il paziente e un alleggerimento dei costi sulla struttura. Per raggiungere questi traguardi è necessaria tanta passione e investimenti negli innovativi approcci diagnostico-terapeutici che si integrino con le conoscenze acquisite nella nostra storia di radiologi, patologi, oncologi e chirurghi. La diagnosi istologica resta a mio parere comunque fondamentale, è la base da cui partire per saper identificare le cellule neoplastiche, isolarle ed analizzarle nella loro struttura molecolare più profonda. Per fare questo è inoltre importante mettere in discussione quanto appreso, aggiornandosi attraverso corsi – anche internazionali – e confrontandosi con i colleghi di tutte le discipline. Costantemente. Solo così si attua l’evoluzione della professione.”

Quali le prospettive future?
“Presto arriveremo anche nelle nostre realtà ad applicare quotidianamente analisi sempre più approfondite e complete che ci consentiranno di valutare moltissimi geni contemporaneamente, cioè l’intero genoma. A Pisa abbiamo da poco avviato ad esempio, lo studio del microRNA, piccole molecole regolatrici di numerosi geni, a scopo diagnostico e prognostico, per cercare di fornire una analisi molecolare a 360°. Per fare questo è necessario però adottare metodologie il più possibile sensibili e soprattutto certificate, che ci garantiscano risultati affidabili nella applicazione clinica quotidiana.”

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