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Cave Michelangelo a Carrara Il marmo amato dagli artisti

L'azienda fondata da Franco Barattini è un esempio di eccellenza che esporta in tutto il mondo: qui i grandi nomi dell'arte contemporanea vengono a scolpire le loro opere

/ Redazione
Mar 10 Dicembre, 2013
I greci l'avevano chiamato marmo, che significa pietra che risplende, e mentre ci arrampichiamo sulle montagne che sovrastano Carrara mai termine ci è sembrato più appropriato: perché a 900 metri sopra il livello del mare, l'oro bianco delle Apuane brilla di luce propria. Siamo nel Bacino del Polvaccio, la cava conosciuta sin dal tempo dei romani di cui parla anche Plinio, da cui è stato estratto il marmo per la Colonna Traiana. Qui Michelangelo scelse i blocchi per la tomba di Giulio II e per il suo capolavoro, la Pietà, e ancora oggi artisti internazionali come Jan Fabre e Maurizio Cattelan salgano quassù, attratti non solo dal fascino della tradizione ma dalla qualità sopraffina del marmo, il migliore per la scultura che si possa trovare al mondo.

Parola di Franco Barattini, proprietario delle Cave Michelangelo, che in 60 anni ha creato un piccolo impero: ha iniziato a 12 anni come tuttofare e oggi possiede tre cave e un’azienda che in un anno fattura 25 milioni di euro ed esporta 100mila tonnellate di marmo. Da mozzo a capitano d’industria: la storia di Barattini non è una favola ma una parabola di lavoro duro e passione. “Ho cominciato a lavorare appena presa la licenza elementare, mi piaceva la natura e sono andato alle cave, anche se mio padre non era contento perché spesso in cava si perdeva un braccio o una gamba, succedevano molti incidenti” racconta Barattini, che ha fatto tutti i mestieri legati all’estrazione del marmo. “All’inizio ero un bagascio, che è come il mozzo sulla nave, ma sono stato anche filista, che tagliava i blocchi, e persino tecchiaiolo, che stava appeso a una corda per aria per pulire le pareti della montagna dopo il taglio”.

Mestiere faticoso quello nelle cave di Carrara, spesso tramandato di padre in figlio, e anche pericoloso: oggi il Monumento al Cavatore di Colonnata rende omaggio a tutti gli operai che hanno perso la vita. Da qualche anno la tecnologia ha migliorato la situazione: "un taglio che oggi si fa in un giorno una volta durava un mese”, spiega Barattini, ma non per questo è meno complicato.

La sfida a cui far fronte è la crisi internazionale. Come? Puntando sull’esportazione e sull’arte.

Cave Michelangelo infatti ha completato la filiera del marmo aprendo uno studio d'arte diretto dallo scultore Luciano Massari. Un capannone di 2500 metri quadrati dove si sono ritrovati i grandi nomi dell'arte contemporanea: Anna Chromy, Daniel Buren, Paul Nagel e tanti altri. Qui Cattelan ha realizzato il celebre dito medio, Giuseppe Penone ha scolpito le sue foglie e Sol LeWitt ha progettato il suo Muro plesso. Perché il marmo è un materiale a cui tutti i grandi artisti finiscono con l'approdare. “Noi siamo come gli editor per gli scrittori, loro ci affidano le loro poetiche e noi le incidiamo nel marmo. Il concetto, l’idea, appartiene all’artista, noi mettiamo in campo la nostra professionalità” spiega Massari.

Dalle statue realizzate per la basilica di San Pietro in Vaticano al tempio di preghiera della famiglia reale della Thailandia
, le Cave Michelangelo sono un laboratorio per giovani talenti che esportano l'antica sapienza artigianale italiana. Non a caso il David in scala originale, scolpito in occasione della biennale d'arte Florens del 2010, è diventato il biglietto da visita dell'azienda di Carrara: l'opera gigantesca viaggia continuamente da un continente all'altro come ospite speciale in mostre e manifestazioni d'arte, simbolo di quel saper fare italiano che tutto il mondo ancora ci invidia.