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Costa Concordia, "Quella notte terribile"Ecco i racconti dei naufraghi

Ha riaperto al Teatro Moderno di Grosseto il processo per il naufragio del 13 gennaio 2012. Davanti alla corte le parole di panico dei passeggeri che l'hanno scampata.

/ Redazione
Lun 12 Maggio, 2014
costa concordia

Il processo della Costa Concordia ha riaperto stamani al Teatro Moderno di Grosseto fra assenze, silenzi e racconti dei naufraghi. Chiamata a testimoniare di fronte alla corte, l'ufficiale di coperta Silvia Coronica si è avvalsa della facoltà di non rispondere. Jacob Rusli Bin, il timoniere indonesiano che non coglie il comando di Schettino poco prima dell'impatto, non si è presentato.

E' stata, invece, la prima volta delle testimonianze dei naufraghi. Nelle loro parole ecco lo spavento per quella notte terribile, il 13 gennaio 2012. "Ci dicevano di tornare in cabina, ma era una trappola e corremmo verso l'esterno per scappare", hanno raccontato, "e che era solo un guasto tecnico". "Nessuno ci diceva cosa fare, c'erano solo camerieri in divisa", hanno detto. Molti patiscono tuttora di attacchi di panico e stati di ansia, e sono in cura.

Dopo l'impatto con gli scogli, ha ricordato la prima teste sentita dal tribunale, una parrucchiera di Roma, Claudia Poliani, "cambiò tutto, dall'allegria e dalla meraviglia di essere in crociera, noi passeggeri entrammo di colpo nel panico, cademmo, era buio, nessuno ci assisteva". "Non abbiamo visto ufficiali, c'erano solo camerieri in divisa - ha detto la teste - il personale non parlava italiano e male l'inglese, prendemmo i giubbotti salvagente da soli, e provammo ad indossarli".

La stessa teste ha raccontato che dopo il naufragio "per lo stress non sono più in grado di guidare tranquillamente la macchina, perciò, siccome vivevo fuori Roma, ho dovuto cambiare casa e avvicinarmi alla città".

La passeggera Ivana Codoni ha detto che anche oggi "soffro di attacchi di panico. Non mi era mai successo prima del naufragio. Sono sempre sotto controllo medico". Sul disastro, la stessa teste ha detto che il "personale ci diceva di tornare in cabina ma capimmo che era una trappola" e "scappammo verso i ponti all'esterno. Eravamo come in autogestione".

Anche la passeggera Liliana Dobrian, una romena che vive a Grosseto, ha detto del "grande spavento dei passeggeri. I camerieri non sapevano cosa dire, cosa stava succedendo, ogni mezz'ora si sentiva dire 'è un guasto elettrico, stare calmi'. Ma dopo il naufragio non dormivamo più, io e mio marito avevamo dolore alla testa, ci ha visitato uno psichiatra, da allora abbiamo paura e ansia".