Negli ultimi 30 anni, ed in particolare nell'ultimo decennio, la lingua della televisione "ha perso la sua tradizionale caratteristica di 'specchio' di quella parlata per sviluppare nuove forme, artificiose e spettacolarizzate sulle quali non si può che esprimere un giudizio negativo". Così la presidente dell'Accademia della Crusca, Nicoletta Maraschio, ha sintetizzato i risultati di una ricerca appena conclusa, finanziata dal ministero dell'Istruzione, sull’italiano televisivo condotta con la collaborazione delle Università di Firenze, Catania, Genova, Milano e della Tuscia.
Per analizzare il linguaggio che si parla in tv, l’Accademia della Crusca ha messo online il Portale dell’italiano televisivo (www.italianotelevisivo.org) con banche dati, video d’archivio e molte ore di trasmissioni trascritte, a disposizione di tutti i ricercatori.
"Dagli anni Ottanta in tv ha preso sempre più campo il fenomeno del cosiddetto 'iperparlato' - ha spiegato Maraschio - il linguaggio comune è stato progressivamente abbandonato in favore un parlato artificioso, concepito appositamente per spettacolarizzare i contenuti. E questa è diventata la norma, sia nell'informazione che nell'intrattenimento".
Tra i risultati emersi dalla ricerca ce n’è uno soprendente: il linguaggio letterario, alto, tipico dei teleromanzi delle origini 'resiste' ancora oggi, a distanza di decenni, in certa fiction di oggi. "Si tratta di una scoperta che proprio non ci aspettavamo - ha spiegato Gabriella Alfieri, linguista dell'Università di Catania, accademica della Crusca, che per l'indagine ha raccolto e analizzato decine di ore di fiction, dagli sceneggiati dei primordi ai serial di oggi -, in alcune serie contemporanee, penso ad esempio a Centovetrine, tuttora in corso, o Incantesimo, ma ce ne sarebbero altre, resiste all'usura del tempo e dei cambiamenti linguistici l'utilizzo di un linguaggio alto, di tipo letterario, come usava nei teleromanzi di una volta. E questo in un contesto di genere nel quale prende sempre più campo l'adozione della lingua colloquiale, del 'parlato puro', come testimoniano i casi di 'Un posto al sole' o 'un medico in famiglia, ma anche di molte altre serie''.
Tra gli ambiti passati al setaccio dall'indagine, anche il linguaggio telegiornalistico e il format dei quiz. Quanto al primo, ha spiegato l'accademica della Crusca Ilaria Bonomi, linguista all'ateneo di Milano, "vede il dilagare della contaminazione del tipico stile asciutto, composto e sintetico del telegiornalismo 'classico', con elementi tipici del linguaggio dello spettacolo, in particolar modo nell'ambito di talk show e trasmissioni di approfondimento. Roccaforte della 'vecchia maniera', restano oggi solo i tg".
Analogamente i quiz, dal serio modello originale del 'Lascia e raddoppia' portato in Italia da Mike Bongiorno negli anni '50, hanno vissuto, ha sintetizzato Lorenzo Coveri dell'Università di Genova, "un'evoluzione che ha portato il loro funzionamento "a spostare l'attenzione dagli elementi portanti della conoscenza e del rischio a caratteristiche di spettacolarizzazione fini a se stesse: basti pensare al format pieno di effetti speciali e gag tra concorrenti e conduttore lanciato anni fa con Affari tuoi guidato da Paolo Bonolis".
Cultura/ARTICOLO
Crusca: un portale per l'italiano in tivù
Online banche dati e video dell'Accademia

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