Il maltempo sta mettendo a dura prova l'intero territorio regionale, ma sono le zone montuose quelle più a rischio. Dopo il crollo della parete di una casa, l'emergenza a Panicaglia, nel comune di Borgo San Lorenzo, nel Mugello, sta lì a dimostrarlo. Ma da dove partire per mettere in sicurezza le montagne? Quali sono le prime cose da fare? Lo abbiamo chiesto in una intervista esclusiva a Oreste Giurlani, presidente regionale dell'Uncem, l'Unione dei Comuni montani.
Quali sono in Toscana i comuni montani più critici per il dissesto idrogeologico?
"E' difficile indicare delle specifiche criticità anche perchè, purtroppo, i rischi di dissesto idrogeologico riguardano un po' tutti i comuni toscani, quelli montani in particolare".
Le cose da fare subito per evitare il peggio. Dove? Entro quando?
"Non c'è più tempo da perdere, è urgente una nuova politica di difesa del nostro patrimonio. Una politica che avrebbe anzitutto il pregio di garantire la salvaguardia e la tenuta complessiva in termini idrogeologico ed ambientale. Che siano precipitazioni piovose, nevose oppure franose, il Paese tocca con mano cosa significano anni di assenza di manutenzione e di tutela. Gli interventi sui piccoli corsi d’acqua e sui territori dissestati costituiscono quella necessaria attività di manutenzione funzionale per consentire al paese di ridurre lo stato di emergenza del nostro patrimonio".
Cosa chiede l'Uncem a Regione e Governo nazionale per la prevenzione?
"La prevenzione è essenziale. Non se ne può prescindere se si vuol affrontare seriamente l'argomento ed evitare al massimo, in futuro, il ripetersi di emergenza ambientali. Per questo, da anni chiediamo al governo la messa a punto di un piano nazionale che individui una serie di meccanismi di difesa del territorio e di interventi opportuni. Investire oggi per la tutela e il mantenimento in buone condizioni delle zone più a rischio, spesso abbandonate dall'uomo – e, ancora una volta, in montagna in modo peculiare – per evitare di dover spendere molto di più domani, quando non si potranno che curare le ferite".
Ci vuole una nuova legge di difesa del suolo?
"Sì. Una legge che semplifichi le competenze e qualifichi gli interventi, puntando sulla difesa attiva del territorio; definizione del Piano nazionale pluriennale della prevenzione; elaborazione e approvazione di provvedimenti legislativi per la qualificazione del patrimonio forestale dal punto di vista ambientale, produttivo e energetico".
Una proposta concreta?
“Prevedere che una quota della tariffa pagata dai cittadini per il servizio idrico integrato (acquedotto, fognatura, depurazione) venga destinata a interventi per la prevenzione del dissesto idrogeologico affidati agli enti locali, che ben conoscono i territori, in accordo con le Regioni”.
Un appello?
"Che ognuno faccia la sua parte. Governo e Parlamento che devono individuare le norme necessarie e predisporre gli interventi susseguenti. Le Regioni che devono legiferare per la parte che loro compete e coordinare gli interventi nelle realtà locali. Infine i comuni, spesso anello debole della catena, costretti a fare i conti con mezzi limitatissimi, soprattutto finanziari. A quest'ultimi è difficile chiedere molto di più, se non di continuare ad essere sentinelle dei loro territori e primi interlocutori dei cittadini".