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Film, al cinema "Il Capitale Umano" Monito per l'Italia di domani

Un film bellissimo ispirato al romanzo di Amidon "Human  Capital". Ma il parallelismo tra la Brianza e il Connecticut non regge

/ Elisabetta Vagaggini
Mar 7 Gennaio, 2014
Film_Il_capitale_umano

Nelle sale dal 9 gennaio, il nuovo film di Paolo Virzì Il Capitale Umano è diventato subito un caso, suscitando molte polemiche per la scelta del regista di ambientare nella provincia brianzola una storia che mostra l'avidità e l'assoluta mancanza di valori umani dell'Italia di oggi.

Il film è in realtà di una bellezza rara. Tratto dal libro Human Capital, di Stephen Amidon, smontato e rimontato come un puzzle in quattro capitoli che rappresentano i punti di vista dei vari protagonisti della storia, Capitale Umano è congegnato con una precisione da orologiai; gli attori sono bravissimi a calarsi nelle maschere di persone di varia estrazione sociale, accomunati dalla sete di denaro; le situazioni tanto azzeccate da sembrare più che verosimili, ipereali.

Lontano dalla comicità di alcuni suoi successi come Ovo Sodo, il film dimostra come il regista sia un attento osservatore della realtà, che sa dipingere sempre meglio, a questo punto della sua carriera, arrivato all'undicesimo film, e di essa sa cogliere con precisione ogni aspetto e, in questo film, anche gli aspetti più crudeli, tipci di una società in piena decadenza.

In breve: la figlia di una famiglia piccolo borghese con padre immobiliarista e la mamma (acquisita) psicologa, amoreggia con il rampollo di una ricca famiglia che vive in una mega villa sulla collina che domina la località inventata di Ornate, in Brianza, dove girano i soldi - quelli veri - che ti fanno comprare ville e auto di lusso.  La madre della famiglia ricca è una sognatrice, innamorata del teatro, ma sembra essere isolata e incompresa, se non da chi vive ai margini della ricca cittadina. Il padre della ragazza approfitta dell'aggancio con il padre ricco del fidanzatino, per entrare in un fondo d'investimento al alto rischio, che gli fa però perdere un sacco, troppi, soldi. Entra poi in scena un ragazzo di bassa estrazione, obbligato alla terapia psicologica per uscire dall'uso di droghe, che vive con uno zio di una piccola rendita, che gli garantisce il minimo indispensabile e una vita di sostanziale miseria. L'omicidio stradale  di un cameriere quarantenne che sta tornando a casa in bicicletta di notte dopo aver servito alla tavola dei ricchi rimette in gioco tutte le carte e farà emergere che assetata di soldi non è soltanto la ricca famiglia che vive nella villa in collina, o l'immobiliarista che vuole fare il salto nell'alta società, ma anche chi sta sotto e sogna finalmente una vita migliore: in poche parole, tutti.

Non a caso il film si ispira ad un libro ambientato in Connecticut. E' una storia a mio avviso molto americana, molto violenta nei sentimenti, come solo i discendenti dei conquistatori della terra degli indiani d'America sanno essere, dove prevale la corsa all'oro e all'arricchimento ad ogni costo. Il problema con le assicurazioni e dei fondi d'investimento, tipico della società americana, dove se non sei assicurato è difficile ricevere anche le cure mediche, appare a più riprese, ed è un termine assicurativo lo stesso “capitale umano”, il parametro per valutare quanto vale una vita umana in caso di risarcimento, calcolato in base a lavoro, famiglia, conoscenze, speranza di vita e di guadagno. Tutto molto americano insomma.

La Brianza come il Connecticut? Non credo. La Brianza è sicuramente una terra iper laboriosa e per salutarsi le persone dicono effettivamente “buon lavoro”, come evidenziato nel film. Ma a mio avviso la Brianza è uno dei tanti volti autentici dell'Italia, che si contrappone ad altri volti che lo stesso Virzì e tanti altri registi hanno messo in rilievo, al Centro, al Nord, al Sud. Un'Italia dove, vivaddio, esiste ancora una voglia di vivere ed essere solidali con gli altri.

Quello di Virzì sembra essere piuttosto un monito su come si sta trasformando la società italiana, che per scimmiottare in tutto e per tutto l'America nei lati positivi, ma anche nei lati negativi (da secondo dopoguerra in poi), complice proprio il cinema, rischia di essere sempre più disumana e attaccata ai soldi. Un avvertimento, insomma, dove la Brianza non è presa ad esempio in termini realistici, ma rappresenta la metafora di un valore assoluto, quello dell'ossessione della ricchezza, che sta sempre più prendendo campo anche in Italia.

Ma tra l'America e l'Italia, caro Virzì, c'è sempre l'Oceano di mezzo.

A meno che un grande artista come lui non abbia avuto la capacità di proiettarci in un prossimo futuro che ancora noi comuni mortali non vediamo (come d'altra parte ha dimostrato di saper fare Nanni Moretti con Habemus Papam) per raccontarci l'Italia che verrà, sempre più fredda e calcolatrice.