Cultura/ARTICOLO

Gabriele Lavia alla Pergola con "Il sogno di un uomo ridicolo"

Il grande attore e regista italiano in scena a Firenze dal 5 all'8 maggio con l'opera di Dostoevskij

/ Redazione
Lun 4 Maggio, 2015
Gabriele Lavia, foto di Filippo Milani

Il mese di maggio si apre alla Pergola con Il sogno di un uomo ridicolo di Dostoevskij, diretto e interpretato da Gabriele Lavia, con Massimiliano Aceti. Da martedì 5 lo spettacolo, vero e proprio cavallo di battaglia del Maestro, incontra la città di Firenze “per festeggiare la nascita del Teatro della Toscana, riconosciuto Teatro Nazionale”, afferma Lavia, “e per riaffermare con forza come l’indifferenza, la corruzione e la degenerazione non possano essere le condizioni di vita della nostra società.” Il sogno di un uomo ridicolo rappresenta un mondo che si è condannato alla sofferenza, auto-recluso, serrato e costretto in una metaforica camicia di forza, condizione e impedimento di ogni buona azione. Un momento di riflessione profonda e appassionata, in una dimensione sospesa tra fiaba nera e ricognizione psichica.

Dostoevskij concepisce l'opera come un racconto fantastico, scritto intorno al 1876 e inizialmente inserito nel Diario di uno scrittore. Si tratta della storia di un uomo, abbandonato da tutti, che ripercorre in un viaggio onirico la sua vita e le ragioni per cui si è sempre sentito estraneo alla società. Giunto all’età di 46 anni, il protagonista de Il sogno di un uomo ridicolo decide di metter in pratica l’idea, a lungo corteggiata, del suicidio. Però, si addormenta davanti alla pistola carica. Inizia così un sogno straordinario che lo porta alla scoperta della ‘verità’. Approda in un altro pianeta, del tutto simile alla Terra tranne che per l’animo dei suoi abitanti, sono puri, innocenti, e in quella purezza lui, per la prima volta, non viene additato come ridicolo. Ma il suo arrivo non è senza conseguenze: contamina quella gente che in poco tempo acquista tutti i difetti della società da cui lui proviene.

Il sogno di un uomo ridicolo si rivolge, dietro la finzione letteraria, alla società intera e ne denuncia i vizi che la allontanano dalla felicità fondata semplicemente sull’amore e sulla solidarietà, al posto dell’avidità e dell’egoismo. Sulla condivisione incondizionata anziché sulla presunzione della scienza che solo teorizza le leggi della felicità. E questa idea di felicità ci riporta al messaggio evangelico, di puro amore, di Cristo, al di là di ogni religione e prima di ogni potere.

“Il destino ultimo dell’uomo è quello di realizzare una completa comunione con gli altri uomini”, ha dichiarato Lavia, “e può avvenire soltanto attraverso l’annullamento della propria individualità e l’amore per il prossimo. Dostoevskij vede nell’individualità l’origine e la causa dello spirito di separazione che c’è tra gli uomini e che ha trasformato la Terra in un sottosuolo.”

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