Mauro Ermanno Giovanardi fresco vincitore della Targa Tenco come miglior disco dell'anno torna in concerto a Firenze. E' stato il protagonista insieme a Cesare Malfatti con cui ha fondato i La Crus di oltre un decennio di musica d'autore italiana, adesso torna con il suo terzo disco solista "Il mio stile" che ha raccolto il consenso unanime della critica. Sabato 10 ottobre sarà al Glue, ecco la nostra intervista.
Ciao Mauro non posso che cominciare l'intervista facendoti i complimenti per il Premio Tenco, te l'aspettavi?
Quando ho scoperto di essere nella cinquina un po’ ci ho sperato ma non pensavo, nel senso credevo che vincessero Niccolò, Max o Daniele invece insomma mi ha fatto tanto piacere. Questa è la quarta targa Tenco che vinco ed è sicuramente quella più importante. Perché la prima era appunto come miglior opera prima, la seconda l’ho vinta sempre con i La Crus per Crocevia come miglior interprete, un paio d’anni fa invece l’ho vinta con i ragazzi di Livorno i Sinfonico Honolulu, un disco fatto quasi per gioco, la vinsi come interprete. Ma la targa come miglior album dell’anno è un’altra cosa, è più importante, per cui insomma sì sono felicissimo!
Sulla copertina del tuo disco c'è una bellissima foto di te che abbracci la tua compagna Ilaria, si può dire che è un disco che vuole parlare soprattutto di amore?
In realtà tutte le mie canzoni che parlano d’amore spesso sono un pretesto per parlare di qualcos’altro. Un pezzo come “Su una lama” è un pezzo che parla d’amore ma è una presa di coscienza sulle scelte della vita, non solo amorose. Io non credo di aver scritto mai canzoni d’amore dove cuore fa rima con sole, è un pretesto drammaturgico per dire altre cose non la canzonetta d’amore classica. Anche la copertina l’abbiamo scelta perché era un bello scatto. Siamo stati in questo posto bellissimo un albergo liberty a Bolzano dove hanno lasciato l’arredamento originale, abbiamo fatto un giorno di scatti. Poteva anche non essere quella, ce n’erano altre bellissime ma quando la fotografa l’ha vista mi ha detto “questa è potente, ti rappresenta più come persona, ti conosco bene questo sei tu”. Per cui insomma è stata scelta quella.
Ho visto anche gli altri scatti e mi ha colpito il fatto che è sempre presente la tua compagna, come se tu l’avessi voluta rendere protagonista della tua vita musicale. Mi è sembrato un forte messaggio d’amore.
Assolutamente sì, da un punto di vista personale è la verità, è davvero per me la persona più importante. Però è anche perché non l’avevo mai fatto e questo mi sembrava il momento giusto. Volevo dare un po’ di atmosfera alla Gainsbourg con Jane Birkin, quell’immaginario lì. Lei è sempre molto presente ma spesso è come se ci fosse e non ci fosse. All’inizio conoscendo Ilaria, sapendo che è molto riservata con la fotografa pensavamo di usare una modella. Ma dopo due giorni passati a guardare foto di ragazze carine la fotografa mi ha detto “Non c’è modella migliore di Ilaria”, io mi sono messo a ridere e le ho detto “Ci ammazza, non lo farà mai”. Infatti ci abbiamo messo un mese e mezzo a convincerla però è venuta fuori l’atmosfera delle mie canzoni, nessuna sarebbe stata naturale come lei. Alla fine ho pensato che sarebbe davvero stato impossibile realizzare tutto questo lavoro con un’altra. Era importante sottolineare questa presenza nella mia vita.
Questo album è stato paragonato a Nick Cave, Scott Walker, Serge Gainsbourg e Luigi Tenco. Ti riconosci in questi accostamenti?
C’entrano abbastanza tutti, questo disco fa un po’ il punto della situazione di vent’anni di carriera. Mi sono reso conto che gli elementi più importanti a cui tengo e che mi voglio portare dietro sono il lavoro sulla parola e sulla melodia. Sto cercando un percorso per cui vorrei sdoganare l’idea e il suono classico del cantautore un po’ alla Fossati. Vorrei costruire canzoni d’autore con degli immaginari più cinematografici. Ci sta Tarantino, Morricone, quel tipo di orchestrazione alla Scott Walker, ci stanno certi riferimenti a Nick Cave, sono le cose con cui sono cresciuto e sento che alla fine mi appartengono.
Io sono cresciuta con i La Crus, gli Afterhours, Edda. Molti anni dopo sono ancora tutti molto attivi. Cosa succede? E’ la rivincita dei…
(Ride) Dei vecchi!
No! Non volevo dire questo! Intendevo che è bello vedere gruppi che sono stati attivi negli anni Novanta hanno oggi ancora molto da dire.
Mah guarda io ho sciolto i La Crus per quello, perché i grandi amori non meritano mediocrità. Per cui secondo me quel fuoco iniziale si stava spegnendo e stava diventando per noi una macchina oliata che andava, ma secondo me se non c’è fuoco, non c’è senso. La cosa bella è che menomale che ci sono delle persone che nonostante tutto vanno per la loro strada. Per me è stato faticoso sciogliere i la Crus ricominciare da solo. Con Cesare abbiamo passato 17 anni fianco a fianco, è naturale, le persone cambiano. E poi secondo me tra tutte le formazioni possibili il duo è quella che si logora di più. Perché ogni scelta o è la mia o è la tua, per cui è stato difficile, ma se ci credi e ti interessa dire cose, devi farlo e non devi prendere troppe scorciatoie.
Hai inserito nel disco anche una cover “Il tuo stile” di Léo Ferré. Come mai questa scelta, cosa ti ha colpito di questa canzone
Perché è una canzone pazzesca. Il tuo stile è un pezzo di una poesia incredibile, nonostante lui inneggi al “lato B” per tutta la canzone non riesce mai ad essere volgare. Ce l’avevo nel cassetto da tanto tempo e non ero mai riuscito a farne una versione interessante. E’ un pezzo difficile, ha così tante parole, è un fiume in piena di parole che se te ne perdi una non ti ritrovi più. Per cui bisognava avere un’idea interessante. Lui parte e l’orchestra gli va dietro, bisognava lavorare al contrario. L’idea è stata quella di dargli una quadratura che non aveva da un punto di vista ritmico, togliere l’orchestra e fare una versione un po’ più punk, asciutta, sporca perché quel pezzo lì è così. Doveva essere il meno edulcorato possibile.
C’è sempre una grandissima sensualità in tutti i tuoi dischi, c’è sempre come un tentativo di seduzione dell’ascoltatore o forse involontariamente lo seduci
Forse perché non urlo mai queste cose, ma le racconto in maniera più confidenziale. Billie Holiday cantava “Speak low” e questa cosa mi piace molto. E forse questa roba più riesce ad essere più confidenziale più arriva. Poi sicuramente è così anche perché canto in un registro che dà alla voce un suono molto più caldo.
Come sarà il concerto al Glue?
Il tour vero parte adesso, sarà un po’ più rock’n roll, un po’ più beat. Abbiamo deciso di scegliere tanti club come il Glue dove porteremo una formazione molto semplice: basso, chitarra, batteria e cori. Molto beat come idea. E' interessante tirare fuori nei club un po’ più di rock’n roll.
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