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In un momento di crisi in cui tutti cercano di scappare all’estero per lavori più interessanti e meglio retribuiti c’è anche chi come David Hartono decide di fare il processo inverso scegliendo Firenze per il suo stile di vita tranquillo.
Classe ’85, indonesiano, Hartono è un artista digitale, un programmatore, ma prima di tutto sognatore. Per lui le idee sono più importanti della tecnica. Lavora per la UNIT9 azienda leader mondiale nella tecnologia digitale che ha realizzato anche lo straordinario video interattivo per il pezzo degli Arcade Fire “Reflektor”. Da qualche tempo collabora con alcuni dei più promettenti gruppi musicali della scena fiorentina come Celluloid Jam e Mad Emoiselle Sarabande. Ha mollato Amsterdam perché c’erano “troppe distrazioni”, sogna di costruire dei palchi ecosostenibili in bambù. Scopriamo meglio la sua storia.
David come sei arrivato a Firenze dall’Indonesia?
Sono nato a Blitar in Est Java. Ho fatto il liceo in Indonesia, poi sono andato in Olanda per l’università e il master. In realtà è stato un po’ un caso perché volevo fare Architettura, mi è arrivata una borsa di studio dall’Olanda. Nel momento in cui dovevo scegliere l’università mi sono accorto che Architettura non aveva corsi in inglese, io non volevo sprecare un anno a imparare l’olandese. Ho trovato in inglese la facoltà di Arte e tecnologia che comunque mi interessava e quindi ho deciso di provare quello. Ero giovane mi sembrava che fosse simile all’architettura che di base è l’unione di tecnologia e arte. Era un po’ lo stesso spirito.
Dopo quattro anni ho iniziato a lavorare per la UNIT9 come free lance. Dopo un anno hanno aperto uno studio qui a Firenze e mi hanno chiesto se volevo trasferirmi. Ho provato a vivere e lavorare qui per un mese, sono stato benissimo e ho deciso di trasferirmi qui senza sapere neanche l’italiano, non sapevo niente dell’Italia.
Farebbero tutti carte false per andare a vivere ad Amsterdam, sei l’unica persona che conosco che da Amsterdam ha deciso di venire a vivere a Firenze
(Ride molto) Amsterdam è bellissima però lì vuoi o non vuoi sei intrappolato in un mondo in cui ci sono tantissime distrazioni. Devi incontrare un sacco di gente per conoscere nuovi progetti, devi socializzare, fare un sacco di networking. Insomma alla fine sono più “net” di “working”. Avevo poco tempo per fare il mio lavoro. Invece a Firenze sono arrivato qui dove l’ambito del digitale è poco sviluppato, qui ho trovato il tempo per sviluppare il mio lavoro.
Spiegaci meglio in cosa consiste il tuo lavoro a UNIT9
Il mio lavoro è difficile da descrivere diciamo che principalmente è una fusione tra programmazione e arte visiva. Si può applicare a tutto: siti web, giochi, installazioni. Con UNIT 9 lavoro solo per l’estero. Qui ci sono programmatori che posso dire sono molto bravi. Quindi forse anche per questo hanno aperto una sede qui in Italia. Tutti lavorano a progetti con un bel livello di “challenge” (sfida). I progetto di UNIT9 sono di alto livello tecnicamente e graficamente. Ogni progetto è diverso, non ce n’è mai uno uguale all’altro. Questa è una cosa che ci motiva parecchio. Con UNIT9 c’è la gioia di lavorare con altre persone con la stessa passione e allo stesso livello di esperienza, è bellissimo. UNIT9 lavora ovunque a San Francisco, New York, Londra, Berlino, Svezia. Lavoriamo un sacco su skype!
So che lavori anche con diversi gruppi della scena fiorentina, ma come ti approcci alla loro musica?
Di solito mi propongo io. A me piace moltissimo collaborare con persone con una specializzazione diversa dalla mia. In inglese si chiama il “multidisciplinary approach”. Quindi per esempio ho visto i Celluloid Jam, mi piacevano e gli ho chiesto di fare qualcosa insieme. Mi pigliava bene. Anche perché mi sento più libero. Se qualcuno mi commissiona un lavoro, ho un confine da rispettare, devo fare qualcosa di già stabilito. La tua idea non è nata da te, ma dall’altro.
Con Mad Emoiselle Sarabande abbiamo appena iniziato. Anche lì ho iniziato perché ho trovato una strana connessione tra la musica elettronica e la musica classica. Non so se è musicalmente possibile ma una volta mentre suonavano mi hanno chiesto di fare delle proiezioni visual libere, io di solito le uso per la musica tecno, ma incredibilmente funzionavano benissimo con la loro musica. E io ho pensato “Wow! Incredibile! Lo stesso visual, due musiche completamente diverse!”. Ho fatto anche proiezioni al Montemurlo Rock Festival ma mi sono accorto che le proiezioni video non funzionano con la musica rock, metal o punk. E’ una questione di bit credo.
Cosa ti piacerebbe fare che non hai ancora fatto?
Mi piacerebbe capire di più il lato video e cinema. Perché mi piace tantissimo l'interactive video. Devo imparare ancora tante cose e voglio studiare tecnicamente il 3D. Non credo tanto nella tecnica in realtà, tutto il software io l’ho imparato sempre da solo su internet. Per me è sempre più importante l’idea.
Cosa ami di Firenze?
Mi piace il ritmo, la vita che è molto rilassante. E’ difficile lavorare a Firenze, davvero! Ti viene voglia di andare al parco, fare una passeggiata.
Cosa ne pensi della vita notturna? Noi fiorentini spesso ci lamentiamo...
Secondo me non è che non c’è niente da fare, è che ci sono un sacco di cose da fare ma sono sempre uguali. Tutte le settimane c’è sempre lo stesso locale che fa lo stesso concerto, purtroppo è così. Diventa un loop. Le cose ci sono ma sono uguali! Tutti gli anni per esempio gli stessi festival di cinema. Se sei in mood di trovare un’avventura, una cosa nuova, non c’è.
Nel futuro dove ti vedi? Sempre a Firenze?
In realtà ho un progetto segreto, però te lo dico lo stesso. Mi piacerebbe stare un po’ di più in Indonesia, ma sempre con base in Europa. Perché vorrei fare una cosa nuova, una eco-installazione, eco nel senso di green. Perché quando vai ai concerti o ai festival, il palco è fatto tutto di metallo, non si potrebbe fare un palco di bambù? In Indonesia sono molto green molto naturali anche nell’architettura. Perché non usare questi materiali per costruire una cosa moderna anche ai festival o per le installazioni. Perché la cosa bella del digitale è che puoi fare tantissime cose senza inquinare molto la natura. Se si usano contenuti digitali proiettati su una costruzione di bambù o materiale riciclabile secondo me è un passo avanti. Mi piacerebbe andare a casa e fare un po’ di ricerca.
Per informazioni:
http://davidhartono.com/