Musica/ARTICOLO

Il gipsy-jazz dei Note Noire in concerto allo Spazio Alfieri

Venerdì 8 maggio fa tappa a Firenze la band che ha calcato le scene di mezza Europa

/ Costanza Baldini
Mar 5 Maggio, 2015

Si intitola "Oltreconfine” l’ultima fatica discografica dei Note Noire, band toscana d’impronta gipsy-jazz. Il disco che propone brani originali e nuove melodie che attraversano suoni e colori delle antiche tradizioni europee sarà presentato venerdì 8 maggio allo Spazio Alfieri di Firenze. In dieci anni di attività di Note Noire hanno calcato le scene di mezza Europa, comprese quelle della Royal Albert Hall di Londra. La formazione vede Ruben Chaviano al violino, Roberto Beneventi alla fisarmonica, Tommaso Papini alla chitarra e Mirco Capecchi al contrabbasso. Un quartetto che unisce il mondo sonoro mediterraneo e quello mitteleuropeo con influenze dal jazz di Django Reinhardt, alla musica rebetika di Markos Vamvakaris per spingersi fino ai violini zigani dell’orchestra di Sandor Lakatos e alle più familiari composizioni di Goran Bregoviç.  Per conoscerli un po' meglio siamo andati ad intervistare il chitarrista Tommaso Papini.

Ciao Tommaso, raccontaci un po’ la storia dei Note Noire, come si è formata la band?
Siamo un gruppo toscano che ha cominciato a suonare nel 2005 con un organico quasi completamente diverso rispetto a quello di adesso. All’inizio era con noi un chitarrista di Parigi Joris Viquesnel che ora suona ai massimi livelli della scena del gipsy. La presenza di questa persona ci ha regalato delle influenze che noi da poveri toscani non ci sognavamo nemmeno. L’abbiamo conosciuto a una festa in colonica. Quando eravamo giovani virgulti passavamo le sere a suonare nelle feste un po’ frikkettone delle coloniche toscane e si facevano meravigliosi incontri. Joris era in giro con un gruppo di amici bretoni per suonare on the road e si fermò a questa festa. Dopo mesi in maniera del tutto casuale si stabilì a vivere in Toscana. Mi ricordo che mi telefonò e mi disse “Io adesso sono in Toscana adesso e voglio suonare con te” e io risposi “Va bene! Che vuoi suonare?” e lui mi rispose “Ho trascritto tutti i valzer di Chopin per due chitarre”. Bellissimo! Quindi abbiamo cominciato subito da una sfera che tocca le radici più profonde della cultura europea, musica classica che attinge fortemente dalla musica popolare.

Il vostro gruppo si ispira a tantissime influenze diverse, ma come si conciliano tutte queste anime in un unico sound?
Si conciliano con l’identità forte del suono del gruppo. Abbiamo sempre puntato sulla qualità del suono, sulla nostra compattezza sul palco dal vivo. Crediamo che nei limiti del possibile si può proporre tutto attraverso il nostro suono.

Mi pare di capire che avete forti basi nella musica classica per poi approdare a tutt’altro, voi come definireste la vostra musica, è giusto dire che fate gipsy –jazz?
Io rimango sul gipsy jazz semplicemente perchè penso che il gipsy sia un modo di affrontare qualunque repertorio. Nel senso che una caratteristica dei gispy è quella di non guardare in faccia ad etichette o generi ma suonare con un gran portamento, con una certa convinzione e in maniera diretta davanti alla gente. E’ un modo di suonare qualcosa che il cosa suonare. Questo è un dibattito molto vecchio nella storia della musica.

Questa attitudine gipsy si può ritrovare anche nei vostri numerosi concerti in giro per l’Europa?
Il repertorio che abbiamo suonato fino ad adesso tocca profondamente il cuore delle persone che vivono in tutta Europa. Ovunque andiamo le persone sono sempre molto interessate, si capisce che sono contenti di sentire la nostra musica. Per esempio l’anno scorso quando siamo andati a suonare in Francia eravamo molto nervosi perché la Francia è un coacervo di interessi, è il posto in cui si condensa di più tutto l’interesse per le musiche tradizionali. I francesi sono sempre molto attenti alle sfumature delle radici, sono un po’ come dei collezionisti. Siamo stati a suonare a un festival molto importante nella zona di Lione che si chiama Rhino Jazz, eravamo un po’ nervosi perché era un po’ come andare a fare la pizza a Napoli. Il teatro era pieno, le persone erano contentissime, abbiamo venduto una balla di cd, eravamo molto contenti. Senza fare la solita “pippa” sulla bassa qualità del mondo culturale in Italia quando andiamo in Svizzera a suonare o in Austria c’è un livello professionale molto alto. In Italia non ci siamo molto abituati.

Siete stati in concerto ovunque anche alla Royal Albert Hall di Londra, c’è un festival dove vi piacerebbe suonare?
La contro-risposta rispetto a quello che ti ho appena detto: a me piacerebbe suonare in Italia. Nel senso che in Italia c’è una diffidenza per tutto quello che è nuovo, particolare, non facilmente etichettabile. E’ come se in Italia si fosse già capito tutto e invece non si è capito nulla. C’è spazio sempre e solo per le stesse cose. Mi piacerebbe suonare di più qua, ma non solo per comodità geografico ma anche per sentirmi più vicino a casa mia. C’è gente che organizza concerti per una vita sempre con gli stessi 3-4 contatti. Se lo meritano assolutamente però c’è poca voglia di scommettere non solo sugli italiani ma anche su nomi che vengono dall’estero che magari costerebbero molto meno ma si fa fatica a proporli.

Info concerto
Info tel 055.667566 – 055.5320840
www.bitconcerti.itwww.spazioalfieri.it

Biglietto posto unico
10 euro

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