Deepa Mehta, regista indiana acclamata dalla critica internazionale e definita la voce della nuova India, pluripremiata con 21 riconoscimenti ai festival internazionali, è una delle principali ospiti del River to River Florence Indian Film Festival, quindicesima edizione, in cartellone alla 50 Giorni fino al 10 dicembre.
Al festival fiorentino del cinema indiano, Mehta presenta 3 film, in anteprima il suo ultimo Beeba Boys (domenica 6 dicembre, 20.30) e poi Water (8 dicembre, ore 14.30), sul tema delle spose-bambine, e Midnight's Children (giovedì 10, ore 17.30). La regista è in procinto di girare un nuovo film incentrato sulla figura di Henri Matisse e sul rapporto con la sua amata, Monique Bourgeois, infermiera dell'artista, oltre che modella dei suoi quadri e, infine, suora. La regista ha incontrato la stampa e ha risposto ad alcune domande dei giornalisti fiorentini.
Sig.ra Mehta, si sa già quando inizierà le riprese del suo nuovo film? Chi ci sarà nel cast?
Ovviamente ancora non stiamo girando, altrimeni non potrei essere qui a Firenze, ospite di questo festival molto interessante, di cui da tempo avevo sentito parlare in modo positivo. Vi posso comunque dire che è una produzione americana piuttosto importante e che già un paio di anni fa abbiamo iniziato a pensare al cast e abbiamo incontrato Al Pacino, anche se ancora non c'è niente di definito.
Il suo ultimo film, Beeba Boys è un thriller che parla di criminalità, in particolare degli atti criminali delle bande indo-canadesi. Questo è un genere che appartiene più agli uomini, come si è sentita, come donna, a dirigere un film di questo genere?
Quello che mi sento di dichiarare è che le donne possono fare tutto ciò che desiderano, senza limitazioni, nel cinema come nella vita.
Lei parla delle libertà delle donne, ma da quando ha finito gli studi universitari lei vive in Canada. E' andata in quel paese proprio per trovare la libertà di cui parla? Si è domandata come sarebbe stata la sua vita se fosse rimasta in India?
Sì, è vero: l'India mi ha dato lo spunto per le mie storie, ma il Canada mi ha dato le libertà di realizzarle. Ma io, sostanzialmente, sono rimasta e rimarrò sempre dentro di me una indiana. C'è un detto popolare che dice "si può portare un indiano fuori dall'India, ma non si portà mai portare un indiano fuori dalla sua identità di indiano". E io mi sento proprio così.
Conosce il cinema italiano? Le piace?
Sì, ammiro molto i registi italiani. Per il cinema di ieri, amo molto De Sica, perché penso che insieme a Kurosawa e pochi altri, abbia saputo creare un cinema denso di umanità e umanitario. Per il cinema di oggi amo invece Sorrentino e Garrone, del quale apprezzo molto Gomorra.
Garrone si è occupato di crimianalità, proprio come lei in Beeba Boys. è per questo che le piace? Garrone ha descitto la criminalità organizzata italina, è diversa da quella indiana?
Non credo che sia diversa. Dobbiamo smettere di pensare agli indiani come a persone che meditano a testa all'ingiù, fanno yoga e danzano sulle musiche tradizionali. In India, come in ogni parte del mondo, esiste il crimine, e un criminale indiano non è molto diverso da un suo omologo di ogni parte del mondo.
E' per questo che il suo cinema è molto apprezzato dalla critica? Perché racconta un'India al di là dei soliti consumati stereotipi?
E' quello che spero.
Lei riceverà le chiavi dalla città di Firenze da parte della vicesindaca Cristina Giachi, come vive questo riconoscimento?
Sono molto onorata, amo Firenze, ci sono già stata più volte e ne ammiro le bellezze artistiche, ma anche le radici politiche ha saputo dare all'Italia. E poi, bisogna vedere cosa aprono queste chiavi... (ride).
Deepa Mehta ci congeda così, con il sorriso intelligente delle persone che sanno affrontare temi seri e impegnati senza mai dimenticare l'ironia, lasciandoci impresso il suo sguardo profondo e intenso, come di chi ha ancora molto da dire o da far intuire, semplicemnte con la sua presenza.