Storie/ARTICOLO

Le avventure in mare di Luca Pellegrini vincono il Premio Pieve

È un diario dell'Ottocento ad aggiudicarsi la 34esima edizione del premio ideato da Saverio Tutino a Pieve Santo Stefano

/ Costanza Baldini
Lun 17 Settembre, 2018

È stata una piazza gremita di persone quella che domenica 16 settembre ha ascoltato le storie degli otto finalisti del Premio Pieve a Pieve Santo Stefano. I diari in gara quest'anno, come sempre affascinanti e profondi, hanno narrato nell'arco di due secoli storie di malattia, di disagio psichico, di guerra e di incredibili avventure tenendo gli spettatori col fiato sospeso fino alla fine. 

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A vincere la 34esima edizione è stata l’affascinante memoria di Luca Pellegrini, diario che dal 1831 al 1850 racconta il mondo dal ponte di un veliero sulle rotte del mediterraneo che portano ad Amsterdam fino all’Africa e al Sud America. Un testo con un altissimo livello di scrittura che ricorda i libri di Conrad, Hemingway, Melville o Stevenson. Il racconto di Pellegrini non è però solo una storia di avventura, il giovane Capitano mostra di avere una forte coscienza civile e morale con idee pionieristiche e rivoluzionarie per i tempi in cui viveva. Durante il viaggio in America, per esempio, si scagliò duramente contro la schiavitù che riteneva inaccettabile.

“1834. L’Europa civilizzata volle che la tratta dei negri, questo iniquissimo traffico di carne umana, cessasse affatto e delle severe leggi per impedire la compera dei neri in Africa ed il loro trasporto in America vennero promulgate. Perché non si fecero anche delle leggi che aboliscano o aboliranno almeno nelle generazioni future la schiavitù? Se il possidente brasiliano ha fatto acquisto di schiavi, se una porzione del suo avere è rappresentato dal numero di questi, sia con Dio; vivano e muojano questi suoi schiavi qual sua proprietà, ma sian fatte libere le innocenti creature procreate da genitori schiavi. Ma no, la schiavitù è il retaggio di questi infelici. Nato di donna schiava è schiavo anche il frutto del suo ventre! Non è possibile reprimere un moto d’indignazione al vedere la trista sorte di questi poveri disgraziati!”

Questa la motivazione della Giuria: "La vittoria della 34a edizione del Premio Pieve Saverio Tutino viene attribuita alla memoria Il mare insegna di Luca Pellegrini. Nato nel 1806 in una famiglia agiata, dopo l’improvvisa morte del padre notaio deve rivedere le sue prospettive di vita. Abbandonati gli studi, a 16 anni si imbarca come mozzo su un piccolo veliero. Dal golfo di Trieste arriva a Smirne e a Costantinopoli, naufraga, riparte per l’Africa e il Sud America. Segue in prima persona il progresso tecnico che porta dalle navi a vela a quelle a vapore, e in soli quattordici anni diventa capitano di una delle prime che solca il Mediterraneo.  Da ognuno di questi viaggi riporta racconti eccezionali. Lo sguardo curioso di un uomo libero dai preconcetti del suo tempo è la cifra che contraddistingue questa narrazione rispetto a memorie analoghe dell’Ottocento. Mirabili in particolare le considerazioni e la condanna della schiavitù dei neri nelle grandi piantagioni brasiliane, come le riflessioni sulla religione. Senza dimenticare il piglio antropologico con cui si stupisce davanti agli usi e i costumi delle popolazioni che incontra, dal Marocco alla Grecia passando per il Brasile e il Medio Oriente. Non perde occasione, nelle città in cui sbarca, di notare le bellezze artistiche, ma neppure quelle femminili, regalandoci bellissime pagine romanzesche esaltate da un linguaggio vivace arricchito da parole dal forte gusto ottocentesco. Le avventure per mare che ci ha lasciato Luca Pellegrini sono pervase da uno spirito critico straordinario, unica chiave che, anche nel mondo contemporaneo, possa dirsi valida per indagare il proprio tempo vivendolo da protagonista."

Ecco uno dei brani del diario più emozionanti, quello che descrive un epico naufragio vissuto da Luca Pellegrini nel 1833 nelle acque che circondano l’isola di Ouessant, limite estremo occidentale del canale della Manica, di fronte alle coste francesi della Bretagna: "Una scossa violentissima ci annunziò che l’ultima ora del Quirino era suonata… Immantinente dopo il primo urto un'onda, un cavallone, anzi una montagna d'acqua sollevò di nuovo il naviglio e lo gettò fra i frangenti in soli sette piedi d'acqua. La chiglia staccata in tutta la sua lunghezza dal fondo del bastimento venne a galla, gli alberi crollarono, il Quirino s'inchinò nel fianco sinistro né più si mosse. Tutta la scena qui descritta non durò che pochi minuti dal momento che ci vidimo incagliati tra i frangenti, fino al momento che il naviglio rimase a secco. […]
Un solo raggio di speranza di giungere a salvarci tutti poteva venir offerto soltanto dal coraggio di qualcuno fra noi che volesse arrischiare la sua esistenza per tentare di salvare quella dei suoi camerati. […] Il giovine marinaro Bernardo Benussi nato a Rovigno, agile e forte nuotatore, fidando nella sua destrezza e nella sua forza risolse o di salvarci tutti o di perir per il primo.
Legatasi una funicella a mezza vita si gettò in mare e nuotò con forza verso i più prossimi frangenti, in continuo pericolo di fracassarsi il cranio contro alle rocce od esser sommerso dai cavalloni che continuamente lo coprivano. […]Un'onda più forte, più terribile delle precedenti lo assalì, lo coperse e lo spinse in mezzo ai frangenti e più non lo vidimo. Pregammo pace al suo spirito ritenendolo affogato e l'ultima scintilla di speranza aveva già dato luogo alla disperazione allorquando alcuni secondi dopo la tensione della funicella che Benussi s’era legata al corpo rianimò improvvisamente con la speranza il nostro coraggio. Alla funicella che egli a sé tirava ne legammo una assai più forte ch’egli pure tirò a sé fermandone il capo ad una roccia. La corda venne da noi tesa quanto più si poteva e saldamente assicurata a bordo. In tal modo si vide aperta a tutti una certa via di salvezza."

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