"Metto il sentimento in ogni cosa che faccio". Nel dirlo, Francesca Anzalone, si guarda attorno. E nel frattempo indica il mappamondo da spostare, la cornice da riempire, il balloon gonfiabile da appendere. Quella che sta allestendo in un'accogliente sala dell'Hotel Cellai di Firenze non è la scenografia di un film o di una fiction. Niente di tutto questo. Anche se, scorrendo il suo curriculum (troppo esteso per poter essere sintetizzato qua), scopriamo che tra le altre cose Francesca è anche una sceneggiatrice. Ma non dobbiamo farci trarre in inganno. Stavolta quel tipo di sensibilità che le appartiene viene declinato in una nuova collocazione creativa degli arredi. L'obiettivo? Un percorso formativo di due giorni sull'ufficio stampa e la digital PR. Insomma, si parla di comunicazione. Di qui a breve, in questa stanza che si è appena dotata di una sedia d'oro che assomiglia a un trono ("Quel ragazzo è fantastico, è un eccellente problem solver", dice entusiasta rivolgendosi a un membro dello staff dell'albergo), si farà sul serio. Si parlerà di futuro e d'innovazione. E lei, Francesca Anzalone, docente ed esperta di comunicazione digitale che ha all'attivo numerose pubblicazioni, parlerà anche di sentimenti. Pardon, di emozionalità. "Sì, durante la formazione affronto sempre il tema della gestione delle emozioni".
Francesca, affrontare il tema delle emozioni non è mai una cosa semplice.
"La multicanalità del web è pressante. Quindi è importante gestirle, le emozioni. Non mi riferisco solo ai digital PR, ma anche alle persone che vivono o che subiscono il web. Penso ad esempio al cyberbullismo. Insomma, bisogna essere preparati".
Parlare di emozioni non significa solo gestire noi stessi. Non è forse l'emotività che premia certi contenuti?
"Sì. In questo caso parliamo di storytelling, di narrazioni che parlano in prima persona superando l'impersonalizzazione. Non è un caso che per i social network si parli di analisi del sentiment. Si deve utilizzare un linguaggio capace di far vivere le esperienze. Ma non è sempre così".
Cioè?
"La comunicazione d'emergenza, ad esempio, è un'altra cosa. Qua, facendo cronaca, dobbiamo sottrarre l'emozionalità".
Quale comportamento consiglia?
"Bisogna focalizzarci sulla consapevolezza delle emozioni. Anche quando parlo di comunicazione digitale ai ragazzi cerco sempre di far passare questo concetto. E dico loro: fate attenzione, perché con le emozioni non si scherza".
Forse il problema sta proprio lì, nella scarsa cultura digitale. Professori e genitori hanno un ruolo educativo, ma in pochi conoscono davvero i rischi e le opportunità.
"Può sembrare eccessivo, ma i genitori che mettono un telefonino di ultima generazioni in mano ai figli senza spiegargli come funziona la comunicazione, be', non sanno che quel gesto equivale a fornirgli un'arma. Come se dessimo una Ferrari a una persona senza patente. L'educazione civica digitale è fondamentale. Per questo dobbiamo insegnare ai ragazzi i rischio cui vanno incontro. Rischi di cui spesso anche gli adulti non sanno nulla. Dobbiamo essere consapevoli del fatto che qualsiasi contenuto pubblicato on-line è un'informazione in più che facciamo circolare nel mondo".
Nel libro "Ufficio stampa e digital PR. La nuova comunicazione" (Hoepli Editore) scrive che "il tempo dei pionieri del web è finito". Pensa che editori, imprenditori, pubbliche amministrazioni e giornalisti se ne siano accorti? La sensazione è che i media, anziché anticiparlo, abbiano cercato di rincorrere il cambiamento.
"La prima cosa che affronto anche durante la formazione è proprio il tema della consapevolezza globale dello scenario. Occorre avere una percezione concreta e reale di dove siamo. È da qui che nasce il bisogno di avere in aula anche il mappamondo e una cartina geografica. Siamo in una comunicazione integrata che non distingue on-line e off-line".
Eppure il protagonismo degli utenti e la viralità di certi contenuti ha fatto sì che hanno i canali social di testata main stream abbiano iniziato a pubblicare video di cagnolini che fanno ginnastica col proprio padrone.
"Accade perché di fronte a ogni innovazione si rincorre sempre. La consapevolezza viene dopo. Ma sono convinta che cinque o sei anni riusciremo a essere obiettivi, oggettivi e selettivi. Non rincorreremo i like né è il numero di visualizzazioni. A fare la differenza saranno i contenuti di qualità. I giovani, se educati bene, potranno comprendere bene i modelli comunicativi. E sì, avremo finalmente una generazioni di grande qualità".
Questi strumenti sono ormai una protesi del corpo. Non c'è il rischio di raccontarsi troppo?
"La più grande opportunità del web è quella della dimensione professionale. Se ho un talento posso sfruttare questo mezzo per valorizzarlo. Ma nel far questo non dobbiamo mai perdere di vista la consapevolezza".
Qual è la prima domanda che ci dovremmo sempre porre prima di pubblicare un contenuto?
"Ne vale davvero la pena? Prima di mettere un contenuto on-line occorre riflettere e ragionare, pensando anche che ci sono punti di vista diversi dal nostro".
Il suo libro, oltre a una guida pratica e ragionata, offre ottimi spunti di riflessione. Un tema centrale è quello del tempo: solo pochi secondi per attirare l'attenzione di chi legge, molte ore per pensare e produrre il contenuto. Si pensa ancora che pubblicare on-line non richieda poi tutto questo impegno?
"Le aziende sono sempre più consapevoli di quanto sia importante la gestione del tempo dei suoi dipendenti, anche se si crede ancora che internet equivalga al tutto-e-subito. Manca una cultura digitale del contenuto. Ideare, scrivere e pubblicare richiede tempo. La mancata analisi dei rischi, la superficialità e la velocità sono molto pericolosi".
Eppure qualcosa si muove. Pensiamo ad esempio a #PAsocial, di cui lei è uno dei fondatori...
"Le pubbliche amministrazioni sono più avanti di quanto si pensi. Sempre più spesso, negli ultimi quattro anni, mi è stato richiesto supporto su come comunicare, cosa comunicare e come strutturare il team. Nelle pubbliche amministrazioni, oggi, c'è una grandissima consapevolezza del rischio".
Sembra che l'innovazione sia la parola perfetta per completare il binomio con "tecnologia". Ma abbiamo detto che ormai non esistono più i pionieri del web. Quindi cos'è oggi l'innovazione?
"L'innovazione è il rinnovamento del pensiero, è quello che il digitale ci ha permesso di sviluppare. Innovazione è ricerca e sviluppo. Parlo di start up, spin-off, laboratori universitari. Ci si concentra sulla corsa ai like e sulla reputation, ma l'innovazione è vedere dove nessun altro guarda".