Cultura/ARTICOLO

Pianorama, il cinema muto accompagnato da musica dal vivo

Il festival è promosso dall’Institut français Firenze e propone, dal 7 al 9 marzo, cinque film muti con improvvisazioni al piano, dirette da Martin Münch

/ Elisabetta Vagaggini
Lun 6 Marzo, 2017
Eleonora Duse

Si chiama Pianorama a Cinema la rassagna promossa dall’Institut français Firenze che propone ogni anno, da tre edizioni, una selezione del cinema in bianco e nero, muto, accompagnata da musica dal vivo.

Quest'anno la rassegna si svolge dal 7 al 9 marzo e propone cinque film muti del periodo 1910-1930 con improvvisazione al pianoforte, sotto la direzione artistica di Martin Münch. "Siamo molti contenti di poter presentare una nuova edizione del festival Pianorama al Cinema – spiega Martin Münch, ideatore e direttore artistico del festival – che in questo formato è alla 3° edizione (nona se consideriamo tutta la storia di pianorama all’Istituto francese di Firenze). Abbiamo scelto di concentrare la nostra attività sul film muto accompagnato al pianoforte per vari motivi. Innanzitutto perché l’invenzione del film sonoro nel 1929 ha preso il posto del film muto con accompagnamento del pianoforte (1896-1929). Il nostro secondo obiettivo è presentare film importanti di vari paesi che documentano il grande valore del genere cinematografico e la grande arte dell’improvvisazione musicale classica, che insieme formano un’ottima combinazione"

Il programma

7 marzo 2017, ore 20.30, Febo Mari, Cenere (1916) Massimo Barsotti, pianoforte
Sardegna, inizio Novecento. Respinta da tutti per aver avuto un figlio illegittimo con un uomo sposato, la giovane Rosalia lascia il paesino dove vive e si reca dal padre del bambino che ha chiamato Anania. Tuttavia la donna sparisce e il figlio rimane a Roma. Dopo essersi fidanzato con l’amica d’infanzia Margherita, il ragazzo torna in Sardegna in cerca di Rosalia per recuperare il tempo perduto. Rosalia, però, dopo aver scoperto che la ragazza non l’accetta, parte nuovamente trovando la morte poco dopo e Anania, che ha rotto il fidanzamento con Margherita, non fa in tempo a soccorrerla.
Con Cenere di Febo Mari siamo di fronte ad un capitolo forse dimenticato del cinema italiano. La pellicola affascina grazie ai paesaggi e alla splendida interpretazione di Eleonora Duse, attrice teatrale di fama internazionale celebre anche per la sua tormentata storia d’amore con Gabriele D’Annunzio. La Duse, all’epoca quasi sessantenne, non reciterà in nessun altro film, lasciando al solo Cenere il compito di tramandarla.

A seguire
René Clair, Entr’Acte (1924), Massimo Barsotti, pianoforte
Una serie di sequenze senza connessione logica che vogliono rappresentare, fra le tante interpretazioni, il valore dell'immagine fine a se stessa, staccata, da ogni contesto narrativo. Il tutto caricato da simboli ed esternazioni visionarie. Una ballerina barbuta, una partita a scacchi interrotta da un getto d'acqua, il personaggio di un cacciatore del Tirolo eliminato dal suo inventore, il funerale di quest'ultimo in un carro trainato da un cammello ripreso prima al rallenty poi accelerato. La bara cade, ne esce il morto-prestigiatore che fa sparire tutti i personaggi.
Il film è considerato il manifesto cinematografico del dadaismo. Il contesto è quello della scomposizione: erano gli anni degli esperimenti di Joyce e di Strawinski. I nomi del "cast" sono significativi: grandi artisti dell'avanguardia di allora, celebratissimi, come i "pittori" Picabia (che firmò anche la sceneggiatura), Duchamp e Man Ray, e il compositore Erik Satie. Il giudizio in stelle non avrebbe ragione di essere, è una pura indicazione. Massimo Barsotti, pianoforte. Direttore della Scuola di Musica di Campi Bisenzio, è un pianista e compositore eclettico con una visione della musica a 360 gradi.

8 marzo 2017, ore 20.30, Abel Gance, Mater Dolorosa (1932), Antonino Siringo, pianoforte
Manon Berliac, stanca di un’esistenza rigida a fianco del marito medico, si finge abbandonata. In un momento di follia, si reca da Claude Rolland e lo supplica di partire con lei ma lui cerca di farla ragionare. La donna, sconvolta, prende un’arma con l’intenzione di sucidarsi e Claude, nel tentativo di impedirle tale gesto, riceve un colpo mortale. Egli ha giusto il tempo di scrivere una lettera dove dichiara di essersi suicidato. Il tempo passa, Marthe mette al mondo un bambino e il dottore Berliac è inizialmente felice di essere diventato padre ma una vecchia lettera di Marthe lo fa dubitare della sua paternità. Aspetta dunque un momento di debolezza della donna per scoprire il nome dell’amante. Ma quando il figlio si ammala, il dottore decide di curarlo e Marthe di fronte al letto del figlio salvato fa le sue confessioni.
Il film, ormai introvabile, è ricco di ricerche stilistiche che stimolano nello spettatore la curiosità, assolutamente nuova e caratteristica del cinema, di una seconda visione.  
A seguire
Fernand Leger, Le ballet Mecanique (1924), Antonino Siringo, pianoforte
Charlot, sagoma disarticolata, presenta il balletto meccanico composto da una serie di immagini di personaggi, oggetti animati e inanimati, ombre e luci.
Il film rispecchia il tentativo di Léger di realizzare un nuovo tipo di rappresentazione attribuendo dignità spettacolare all'organismo meccanico. Rinuncia a qualsiasi movimento della macchina da presa, ritenendolo comunque inadeguato a sottolineare la singolarità della rappresentazione cinematografica e a caratterizzarne la modernità. Antonino Siringo, pianoforte. Si diploma a 19 anni al Conservatorio di Firenze. La sua formazione classica si consolida a Fiesole con i corsi dell’OGI, poi all’Accademia Chigiana con J. Achucarro. Collabora con l’Orchestra della Rai di Torino sotto la direzione di R. De Burgos, M. Chung, G. Noseda, W. Marshall. Nel 2008 incide la colonna sonora del film di P. Benvenuti “Puccini e la fanciulla” presentato alla 65° Mostra del Cinema di Venezia. Dal 2009 è docente di Improvvisazione alla Scuola di Musica di Fiesole, e vince il Concorso Pianistico Jazz Luca Flores.


9 marzo 2017, 20.30, Friedrich Wilhelm Murnau, L’ultima risata (1924), Joachim Baerenz, pianoforte
Il protagonista è il portiere del Grand Hotel Atlantic di Berlino, dapprima rispettato e riverito, poi degradato e confinato a sorvegliare i gabinetti, situati giù in basso, nel sottosuolo. Il portiere si sente crollare il mondo addosso anche perché l'ambiente in cui vive impietosamente lo deride. Ma il destino, e l'autore, sono benevoli e grazie ad una eredità dell'immancabile zio d'America, il protagonista ritorna nell'albergo, questa volta, come ricco cliente.
Senza l’ausilio di didascalie, lasciando alle lettere scritte pochi fotogrammi, veniamo immersi nella vicenda e guidati dalla sola macchina da presa. Andando oltre l’espressionismo che aveva caratterizzato gli anni passati, ci ritroviamo in un contesto quasi neorealista, in cui si punta l’attenzione sui problemi sociali dei personaggi e sulla realtà della loro condizione.
Joachim Baerenz, pianoforte. Pianista dal curriculum internazionale è uno dei maestri dell’improvvisazione dal vivo dal 1970. Ha accompagnato la compagnia di Pina Bausch presso la Scuola Folkwang di Essen nel 1984. Improvvisatore straordinario è anche compositore.